Elefanti: il segreto della loro salute di ferro

Nel corso della storia l’ordine dei proboscidati ha conosciuto un discreto successo evolutivo, diffondendosi largamente in diversi continenti e colonizzando disparati ecosistemi. Tra questi, furono gli elefantidi a sviluppare il piano strutturale del taxon in maniera più efficiente, riuscendo a perdurare per maggior tempo: i mammut, ad esempio, rappresentano una vera e propria icona della preistoria nell’immaginario collettivo.

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Mammut

Dell’interessante diversità che conobbe questo gruppo però oggi resta ben poco. Al giorno d’oggi esistono solo poche specie di elefanti, catalogate in due generi, e sono considerate seriamente a rischio di estinzione. Tuttavia ciò sembra quasi paradossale, se si pensa che gli elefanti sono tra gli animali più longevi e sani che esistono in natura, perché conoscono il segreto per una salute di ferro.

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Specie di elefanti a confronto

Proboscidati: come sono fatti gli elefanti

Il taxon proboscidea annovera diverse curiose specie di animali, i quali sono caratterizzati da una immensa mole (sono gli animali terresti più grandi in assoluto), tale da aver richiesto uno specifico adattamento degli arti, evolutisi in maniera differente rispetto alla maggior parte degli altri mammiferi che abitano la superficie terrestre: dove spesso la pressione evolutiva ha richiesto zampe rapide e scattanti, per migliorare l’efficienza della corsa, in questo caso queste si sono dovute evolvere in strutture simili a colonne (arti colonnari), poste sotto il loro corpo.

I proboscidati sono inoltre dotati di strutture sensoriali assai peculiari: i padiglioni auricolari hanno conosciuto una notevole espansione nel corso della storia, ed hanno assunto una funzione atta allo scambio termico per convezione; le estremità delle zampe invece hanno assunto una capacità percettiva/sensoriale che permetto loro di captare le onde sonore rilasciate sul suolo come stimoli tattili.

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La loro pelle ha perso nel corso della loro storia la maggior parte del pelo di cui era ricoperta, adattamento inevitabile per preservare l’igiene negli ambienti fangosi in cui vivono. Ma la caratteristica più importante, tale da conferire il nome allo stesso clade, è la proboscide, un organo evolutosi a partire dal naso e dal labbro superiore, che sono andati incontro a fusione, formando la famosa struttura sensoriale che ha concesso un discreto successo evolutivo a questi simpatici animali.

Gli elefanti vivono mediamente a lungo, più di 75 anni, e raramente contraggono malattie e tumori. Questi animali infatti difficilmente muoiono di vecchiaia, oppure per problemi di salute, ma il loro destino più ricorrente (e triste) è andarsene per gli stenti della fame, ai quali non riescono più a far fronte ad un certo punto della loro vita, a causa dell’usura dei denti, danneggiati dalle sostanze abrasive contenute nei vegetali.

La salute di ferro degli elefanti

Gli elefanti sono animali molto longevi e che raramente si ammalano. Le analisi confermano che solo circa il 5% di loro muore a causa di cancro, contro una percentuale molto più alta riscontrata tra gli esseri umani.

Gli scienziati si sono sempre chiesti il motivo dietro questo dato, che appare ancor più strano se si pensa al fatto che gli elefanti hanno più cellule rispetto alle persone, e quindi il rischio dovrebbe essere maggiore.

Lo studio che trova risposta a questo quesito è stato pubblicato  sul Journal of American Medical Association e rivela che gli elefanti hanno molte più copie (40, contro le sole 2 esistenti nel genoma umano) del gene che codifica per il p53, un soppressore tumorale. In questo modo questi proboscidati possono mettere in moto un meccanismo molto efficiente, che permette loro di uccidere le cellule che sono a rischio di diventare cancerose.

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Meccanismo d’azione del p53

Altre analisi dimostrano che non solo gli elefanti hanno sviluppato sistemi così efficienti: altri meccanismi simili sono stati scoperti anche nei ratti e nelle balene.

Gli oncologi coinvolti in queste analisi hanno dichiarato la fondamentale importanza delle stesse. Queste non sono da considerare come studi fini a sé stessi, ma come preziose informazioni che potrebbero aiutare a curare molte malattie umane. Abbiamo ancora molto da imparare dal regno animale.

Lorenzo Di Meglio

Bibliografia

Pough F. Harvey; Janis Christine M.; Heiser John B. – Zoologia dei vertebrati – – Pearson

Micheal J. Benton – Paleontologia dei vertebrati – Franco Lucisano Editore

Sitografia

http://www.abc.net.au/news/2015-10-09/genes-explain-why-elephants-rarely-get-cancer/6841096