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L’importanza di Cannes
Ci si chiede perché diffidare degli Oscar e guardare con attenzione ai festival di cinema europei, tutti i giorni si sente la critica bella e pronta della vera qualità dei film premiati negli Stati Uniti; ma al di là di parole sentite e risentite, bisognerebbe guardare alla verità e vedere come i festival europei, in questo caso il Festival di Cannes, abbia sempre premiato film che hanno dato molto al cinema: basti pensare a Il settimo sigillo, Mon Oncle o i diversi premi assegnati ad Antonioni. Nel 2015, alla lista di questi grandi film premiati dalla giuria di Cannes, si è aggiunto The Lobster.
Lanthimos alle prese con un cast internazionale
The Lobster, diretto e sceneggiato da Yorgos Lanthimos, regista greco ormai molto conosciuto sia in Europa che nel mondo, che ha fatto dei film grotteschi il suo marchio di fabbrica, in questo molto bunueliano, ma un grottesco che si muove costantemente in situazioni profondamente e allo stesso tempo tragiche e comiche. Nel creare quest’atmosfera, che spesso gli spettatori non reggono o non accettano una volta finito il film, Lanthimos ha potuto contare su una grande fotografia di Batakatis, riuscendo a creare scene che sono un autentico spettacolo. A differenza dei precedenti film, in The Lobster troviamo un cast fatto di nomi internazionali: Colin Farrel è il protagonista maschile di questa vicenda, insieme a lui Rachel Weisz, Léa Seydoux e John C. Reilly.
The Lobster, la trama
The Lobster, in italiano l’aragosta, tratta di una storia d’amore ambientata in un futuro imprecisato, dove i Single, secondo quanto stabiliscono le regole della Città, vengono arrestati e trasferiti nell’Hotel, dove sono obbligati a trovarsi un partner entro 45 giorni. Il fallimento della ricerca di un partner, comporta la trasformazione in un animale a loro scelta e la successiva liberazione nei Boschi. Ma un uomo disperato, David (Colin Farrel) fugge dall’Hotel e va nei Boschi, dove vivono i Solitari, i quali hanno rifiutato la legge ma allo stesso tempo hanno una propria legge secondo la quale non possono avere rapporti intimi tra loro. È qui che David si innamorerà di una donna (Rachel Weisz) trasgredendo alle regole.
The Lobster: la perdita dell’umanità
The Lobster è un film ricco, ricchissimo di scene dall’alto valore estetico e visivo, grazie ad una fotografia fredda e cupa e l’accompagnamento dei violini di Beethoven, una serie di innovazioni che posso essere gustate solo se viste, in questo ricorda anche un po’ Lars Von Trier, difficile non pensare per un attimo a Melancholia: basti pensare all’intensità che ci trasmette la scena della caccia o la descrizione del rapporto gestuale tra David e la donna.
In The Lobster ogni cosa è classificabile, tutti sono etichettati e ogni cosa nel mondo fa ormai parte di uno schema preciso. Ci sono 3 luoghi: l’albergo, la città e la foresta. In ognuno di questi tre luoghi vigono delle regole e non c’è vera libertà, l’essere umano è un burattino, quasi un automa, basta guardare i suoi gesti e il suo modo di rapportarsi con gli altri. Ma l’albergo non è l’unico luogo di costrizione e falsificazione della natura umana, la città infatti è diventato luogo di finzione massima, in cui uomini e donne fingono e costringono se stessi ad essere felici. Il gruppo nella foresta poi, che rispetto agli altri due dovrebbe essere il luogo più libero, pone la regola dell’impossibilità di avere rapporti intimi con uomini o donne, costringendo uomini e donne desiderosi di amare, ad un’ennesima denaturalizzazione.
Ha mai vissuto da solo prima?
No, mai.
La sua ultima relazione quanti anni è durata?
12.
Preferenze sessuali?
Le donne.
Mentre una voce fuori dal campo racconta ed anticipa gli eventi e permette di seguire la storia, parlando del superfluo e dell’evidente, è nella sceneggiatura e nelle composizioni cinematografiche che Lanthimos riflette sulla banalizzazione dell’amore, sulla necessità di far parte di una classificazione che fa dell’uomo un oggetto da catalogo: l’uomo non ha più una vera coscienza, la sua libertà è solo un’illusione, e ogni tentativo di essere se stessi comporta un epilogo tragico.
Che sia una critica alla società odierna, o alla strada che questa sta prendendo non ci è dato saperlo, l’analisi del rapporto che un film ha con la realtà è soggettiva; ma il modo in cui in The Lobster rappresenta un dramma di fondo, che si muove tra il comico e il grottesco, è molto originale e nonostante le varie citazioni, è tutto da accogliere con grande entusiasmo, partendo dalla storia, passando per la tecnica fino ad arrivare ad un finale apparentemente incompiuto eppure molto intenso e inafferrabilmente profondo.
Roberto Carli