Se affidandoci al mezzo cinematografico vogliamo avere un quadro chiaro delle situazione di alcune città dopo la seconda guerra mondiale, in questo caso Vienna, non dobbiamo per forza guardare un documentario o un film neorealista, ma potremmo per questa volta affidarci ad un noir che si muove tra il melodramma e la commedia nera, stiamo parlando del film Il terzo uomo. Questo film infatti, riesce a ricostruire in un’atmosfera noiresca la capitale dell’Austria, con i suoi abitanti di origine diversa che la guerra vi ha catapultato all’interno e i traffici loschi che avvengono nel mercato nero mentre la gente si muove tra le macerie di una città bombardata durante la guerra.
Il terzo uomo: un film e tante personalità
Il terzo uomo è uno di quei film che portano a domandarsi a chi vadano attribuiti i maggiori meriti; un film in cui diverse personalità hanno contribuito in egual misura a rendere l’opera importante e straordinaria. Da una parte troviamo il regista dell’opera cioè il britannico Carol Reed, il quale aveva deciso di dirigere la sceneggiatura di Graham Green (che sceneggerà altri film di Reed). Elemento principale del film è la fotografia, dunque aggiungiamo ai primi due il nome di Robert Krasker (per la quale vinse l’Oscar). A questi tre possiamo poi aggiungere il nome del produttore Alexander Korda ma non è tutto, manca infatti il nome di una delle personalità più importanti del cinema americano: Orson Welles. Ne Il terzo uomo Welles riesce ad interpretare uno dei suoi villain più famosi, apparendo tra l’altro per soli quindici minuti; in aggiunta al ruolo di attore, si dice che Welles abbia contribuito a parte della sceneggiatura, inserendo alcune battute memorabili, e chissà che non abbia anche dato qualche consiglio a Reed e Krasker. Nel cast troviamo alcuni grandi nomi: Joseph Cotten, che apparve già in Quarto potere, e Alida Valli, grande attrice italiana che ha recitato in film di Hitchcock, Visconti, Pasolini e Antonioni.
Il terzo uomo, la trama
Holly Martins (Joseph Cotten), uno scrittore da quattro soldi di romanzi d’avventura e western, molto lontano da ciò che si potrebbe definire come intellettuale, è appena atterrato a Vienna per incontrare il vecchio amico Harry Lime (Orson Welles), scoprirà subito che l’amico è morto dopo esser stato investito da un camion, ma qualcosa non quadra anche per il poco perspicace Martins, soprattutto quando viene a sapere che furono tre le persone ad aver assistito all’incidente e non due come viene riportato ufficialmente. Iniziano così le ricerche di Martins insieme all’aiuto e all’ostacolo della polizia, e allo stesso tempo conosce e si innamora di Anna (Alida Valli), l’amante di Lime. Si arriva pian piano in un clima sempre più insidioso e quasi da incubo, ad una scoperta sorprendente e ad un finale che è tutto fuorché poco dinamico.
Un film in due parti sullo sfondo di Vienna
Guardando Il terzo uomo ci sembra ad un certo punto di vedere un film diverso da quello precedente, si può quasi dire che il film possa essere diviso in due parti: da una parte troviamo un’opera avvolta completamente in un’atmosfera metafisica, dove Martins si ritrova a dover cercare da solo gli indizi di questa faccenda e incontra personaggi ambigui, doppiogiochisti, apparentemente tranquilli ma di fatto pericolosi, muovendosi tra uomini e donne che nelle espressioni hanno ancora i segni della guerra, sospettosi e per nulla rassicuranti; ad un certo punto compare Lime, qui si interrompe l’atmosfera di suspense e di sospensione metafisica e il film cambia di colpo ritmo, non c’è più l’incertezza e la cupezza di prima, tutto ora sembra più chiaro e il noir ora sembra essere un thriller con richiami alla commedia nera e l’elemento che provoca tale cambiamento è rappresentato da Orson Welles. A lui, protagonista dell’opera anche quando non compare effettivamente in scena, tutti i personaggi si rapportano ed è lui che con la sua prima apparizione giocosa, provoca un deciso cambiamento nel film che culminerà nella famosissima scena dell’inseguimento.
In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù.
A far dar sfondo a questa misteriosa faccenda de Il terzo uomo c’è la città di Vienna. La capitale austriaca è appena uscita dalla Seconda guerra mondiale, lo si può vedere dai detriti sparsi ancora per la città, dalla presenza delle autorità russe nel territorio, a questo si aggiungono uomini e donne di diversa nazionalità dai volti e espressioni decisamente poco tranquille. Ma questa Vienna post guerra, è una città alla quale Krasker e Reed danno cinematograficamente un tocco barocco, espressionista ed opulento. Le immagini si animano improvvisamente con la comparsa di ombre e di luci, la macchina da presa fruga in ogni angolo di Vienna: strade, vicoli, portoni e lampioni. Niente può sfuggire all’occhio di Reed, che con tagli delle inquadrature e primi piani di volti differenti, dà la sua immagine di Vienna. Tra le influenze più importanti c’è sicuramente quella di Welles e del neorealismo: dal primo Reed e Krasker riprendono i contrasti acuti e le prospettive angolate, mentre la decisione di girare il film prevalentemente all’esterno, tra le macerie della città, è tipico del neorealismo.
Il terzo uomo è quindi non solo uno dei più importanti per quanto riguarda lo sviluppo del noir, ma è anche un grande affresco della situazione e dell’atmosfera in Europa dopo la follia della Seconda guerra mondiale, che forse nel 1948, era ancora sui volti della gente e tra le strade delle città.
Roberto Carli