La poesia ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci rimbalza nell’anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell’arte, così come sfociano i fiumi nella celeste vastità del mare.
Nella storia della nostra letteratura sono molti i nomi di scrittori avvolti nell’oblio, nomi che vengono affossati da quelli più noti. Antoinia Pozzi è uno di questi, una giovane poetessa segnata da un destino infelice.
La vita breve e tormentata di Antonia Pozzi
Antonia nasce a Milano il 13 febbraio del 1912. Fin dalla tenera età si trova immersa in un ambiente colto e raffinato, favorito anche dallo status borghese dei suoi genitori: il padre, Roberto, è un avvocato mentre la madre, la contessa Lina, conosce l’inglese e il francese e questo permette alla giovane Pozzi di appassionarsi alla letteratura straniera, oltre che a dilettarsi nella composizione di versi.
Nel 1927 Antonia inizia a frequentare il Liceo-Ginnasio Manzoni e proprio in quegli anni si invaghisce di Antonio Maria Cervi, il suo professore di latino e greco. Sono la passione e la determinatezza con cui l’uomo si approccia alla materia ad affascinare la giovane poetessa, una corrispondenza intellettuale che poi si trasformerà in un amore vero e proprio.
Uscita dal liceo con il massimo dei voti, Antonia si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia dell’università statale di Milano nel 1930. Nel 1933 è costretta ad interrompere la relazione con il Cervi, a causa dell’opposizione del padre, dando inizio ad un periodo di profonda inquietudine che Antonia cerca di coprire attraverso una finta serenità. Nel 1935 si laurea con una tesi su Gustave Flaubert e nel 1937 si trova in Germania, appassionandosi alle lezioni di letteratura tedesca tenute da Vincenzo Errante. Coltiva anche la passione per la fotografia e per la montagna, un luogo il cui silenzio naturale crea contrasto con la matrice borghese di Antonia.
Nonostante il fuoco dell’arte scorra nelle sue vene, Antonia non riesce a cancellare la depressione causata dalla fine della storia con il Cervi e la giovane poetessa si suicida avvelenandosi. Era il 1938 e aveva ventisei anni.
Antonia Pozzi. Un ermetismo al femminile
Una prima edizione delle sue poesie fu pubblicata presso l’editore Mondadori l’anno seguente la sua morte (1939). Tuttavia il padre Roberto prese possesso dei quaderni su cui la figlia scrisse le proprie poesie, apportandovi alcune modifiche. Questo rende difficile il compito di redare un’edizione definitiva, ma non impedisce di lasciarci ammirare le influenze a cui la Pozzi attinge.
Alle soglie d’autunno
in un tramonto
mutoscopri l’onda del tempo
e la tua resa
segretacome di ramo in ramo
leggero
un cadere d’uccelli
cui le ali non reggono più.18 agosto 1935
Si intravede una sfumatura ermetica in questo breve componimento intitolato La vita. Leggendolo non si può non pensare a Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo, alla caducità della vita e al tempo che scorre inesorabile.
Ma c’è anche qualcosa di Ungaretti: basta notare il verso libero, privo di punteggiatura se non alla fine, ma anche il fatto di posporre alla poesia la data della sua composizione. Anche il poeta dell’Allegria compiva lo stesso procedimento, ma per tentare di lasciare un segno di vita all’interno di un scenario di morte come la prima guerra mondiale. Invece Antonia Pozzi sembra quasi distante da quello che le accade intorno, per concentrarsi su un dramma intimo. La delusione verso un amore che le è stato proibito e la difficoltà a mostrarsi soddisfatta quando invece il mondo le crolla addosso.
Quando dal mio buio traboccherai
di schianto
in una cascata
di sangue –
navigherò con una rossa vela
per orridi silenzi
ai cratèri
della luce promessa.13 maggio 1937
Eugenio Montale ha notato che nelle poesie di Antonia Pozzi le parole sono “asciutte e dure come i sassi“. In effetti si trattano di poesie che fanno della parola pura e semplice l’elemento base della propria essenza. Il tutto è accompagnato da un’atmosfera decadente, divisa tra frustrazione per sentimenti inespressi e voglia di esiliarsi dal mondo cittadino per riscoprire l’empatia con la natura. Quest’ultimo punto è segnato soprattutto dalle già citate passioni per la fotografia e la montagna che trovano la massima espressione nel paese di Pasturo, uno dei luoghi prediletti dalla poetessa.
Gioia di cantare come te, torrente;
gioia di ridere
sentendo nella bocca i denti
bianchi come il tuo greto;
gioia d’essere nata
soltanto in un mattino di sole
tra le viole
di un pascolo;
d’aver scordato la notte
ed il morso dei ghiacci.Pasturo, 12 agosto 1933
Natura, arte e letteratura. Sono le passioni che muovono l’anima di Antonia Pozzi, ma non hanno alcun carattere salvifico. Sono invece usate come cuscinetto, come maschere per celare la sofferenza che si porta dentro e che già hanno segnato il suo destino.
Ciro Gianluigi Barbato
Sitografia
Foto e testi presi dal sito sulla poetessa Antonia Pozzi curato dall’università statale di Milano