È nelle sale italiane dal 3 dicembre Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick, il film che racconta la storia del naufragio della baleniera Essex nel 1820, che ispirò il celeberrimo romanzo di Herman Melville con protagonista l’enorme balena. Dopo gli innumerevoli adattamenti cinematografici, questa volta la storia è raccontata con un lungo flashback attraverso il punto di vista di un sopravvissuto al naufragio, Tom Nickerson (Brendan Gleeson), interrogato da un frenetico Melville (Ben Whishaw), che trascrive ansiosamente su un taccuino tutti i dettagli di quell’avventura.
A dirigere la regia è lo stesso team che ha prodotto il successo di Rush, il film che metteva in scena la competizione tra Niki Lauda e James Hunt che fece scrivere fiumi di pagine ai giornali degli anni ’70: interpretati da Chris Hemsworth, diretti da Ron Howard e fotografati da Anthony Dod Mantle. E anche la narrazione ripercorre gli stessi passi: è una storia di competizione, quella tra il generale George Pollard (Benjamin Walker) e il primo ufficiale Owen Chase (Hemsworth), che anzichè volare sull’asfalto solcano gli oceani, per raggiungere non più il primo premio di F1 ma l’olio di balena.
Il contesto storico poco marcato in Heart of the Sea
Il contesto storico non è da sottovalutare in questo film, sebbene sia stato sempre rimandato con allusioni più o meno esplicite che possono sfuggire ad uno spettatore poco attento: l’olio di balena era, nel XIX secolo, l’unico combustibile in grado di far bruciare la fiammella delle lampade che illuminavano le città, e dalla sua produzione dipendeva prestigio economico e sociale.
È da questo presupposto che parte il film: mentre nelle prime scene in casa di Nickerson ci si riferisce direttamente alla lampada con un’inquadratura in primo piano, quando il flashback ha inizio ci troviamo davanti alle ambizioni di un esperto baleniere – Chase – che è disposto a lasciare la moglie incinta per incontrare la fama sull’oceano, che prontamente gli viene promessa e poi negata per lasciar spazio al figlio inesperto di una potente famiglia del settore – Pollard. Da ciò nasce il conflitto, da ciò la smodata ambizione che porterà la Essex nelle grinfie di una vendicatrice balena. È una lotta di classe, prima ancora di essere una battaglia per il prestigio personale.
Gli effetti scenici magnifici e la trama inconsistente in Heart of the Sea
Il film ha profondamente diviso la critica. Infatti, mentre il Crikey lo descrive come “il peggior film di Hollywood di recente memoria a livello puramente tecnico“, Cine Premiere ne parla come “un dramma intenso“, mentre altri ipotizzano anche una futura candidatura all’Oscar.
In realtà, a livello visivo, è difficile non restare impressionati dalle vaste distese oceaniche rese alla perfezione, dai colori caldi quali un blu intenso e un verde acquamarina che accompagnano lo spettatore per tutto il film, oltre a sensazionali tramonti e alla perfetta resa scenica di una natura completamente incontaminata, ancora padrona e sovrana, vendicativa e crudele (oltre alla splendida visione di un Chris Hemsworth, che inizia a perdere fascino solo dopo 80 giorni come naufrago).
Ma al realismo visivo non corrisponde un realismo della trama: i personaggi sono persone “in potenza” che si tradurranno in atto soltanto nel romanzo di Melville, e se la storia è di ispirazione al romanzo, gli uomini che l’hanno vissuta sono solo degli schizzi che prenderanno forma nella futura stesura di Moby Dick.
E anche i rapporti che li legano sono troppo fittizi e cinematografici: l’amicizia fraterna tra Chase e Joy, il cinismo della ciurma, l’inimicizia tra il comandante e il primo ufficiale che lentamente si trasforma in stima reciproca. Tutte cose già viste che difficilmente rendono l’idea di un qualcosa di realmente accaduto – come effettivamente fu il naufragio della baleniera.
E anche quando, dopo l’attacco della balena gigante (completamente personificata, specialmente nello sguardo, con tratti vendicativi umani, perfetta incarnazione della natura che si accanisce contro chi le fa del male), quando ormai la nave scompare dalle scene e non c’è più spazio per ambizioni smodate, ci sono solo le scialuppe e l’istinto di sopravvivenza, anche quando il film cambia completamente rotta, non rilascia alcun tipo di emozione.
Ogni empatia è smorzata dal politically correct, da quell’approccio di voler rendere la pellicola “un film per famiglie” che lascia fuori le scene più cruente, come quelle di cannibalismo che -s ebbene narrate con molto pathos – non raggiungono quel realismo sufficiente all’empatia. È una regia che non osa, quella di Howard, ed è un peccato per gli ottimi presupposti a favore.
Heart of the Sea, alla fine, rievoca le corse per mare di Pirati dei Caraibi e la natura incontaminata di Vita di Pi, ma non si caratterizza su nessuno dei due versanti: non è fantasia né realismo, non è un romanzo storico né una cronaca di avvenimenti. È uno strano ibrido che lascia molto spazio agli occhi ma poco all’introspezione.
Alla fine una morale c’è
Quello che è certo, è che il film narra storie di stragi: una strage di uomini dispersi in mare, una strage della natura che a poco a poco viene violentata e depredata. E proprio nella battuta finale si intravede uno spunto di riflessione: Melville sta uscendo dalla casa di Nickerson, ormai sazio di informazioni per il suo libro, e quando è sull’uscio si gira a dirgli “lo sa? Hanno scoperto uno strano olio, che proviene dal sottosuolo”, poi scroscia le spalle con nonchalance di fronte a un Nickerson visibilmente divertito che afferma “olio dalla terra? Ma dai!”
Che fosse un monito? Un modo più o meno allegro per ricordare: se l’olio di balena ha fatto questi ingenti danni, il petrolio ne ha fatti ancora di peggiori.
Camilla Ruffo