Frontiera : l’esordio di Vittorio Sereni

frontiera
Vittorio Sereni

Frontiera come confine tra una poesia che, nella sua dichiarata debolezza, si fa indagine sul reale, riflessione esistenziale e poesia intesa come tensione civile, poesia dell’ “urbano decoro“. La poesia di Vittorio Sereni è sempre a metà tra il manifestarsi di una morale rigorosa (che si realizza nei rapporti umani) e forme conoscitive che sembrano di colpo decostruirla. Ed è così che la razionalità laica e illuminista, la tensione civile (tipica di una certa cultura lombarda) che vive in pieno le vicende che contemporaneamente sconvolgono l’Europa si intreccia con riflessioni sul dubbio valore della poesia e sulle indagini della condizione interiore, anche alla luce di non trascurabili letture filosofiche.

Frontiera: dominanti tematiche

Fronitera è il titolo della prima raccolta di poesie di Vittorio Sereni (pubblicata nel 1941).  Spesso mostra un certo pudore da sminuire se stesso e il ruolo della poesia mentre, altre volte rivendica il suo ruolo conoscitivo. La poesia è veicolo conoscitivo di qualcosa che è sempre profondo e nascosto. Tuttavia non si tratta di sposare l’opzione degli ermetici cercando negli oggetti e nei fenomeni il correlativo oggettivo di una condizione esistenziale. La poesia di Sereni, in Frontiera e nelle raccolte successive, mira sempre a raggiungere un “equilbrio civile“, un “urbano decoro“, e nell’indagine cerca un eventuale valore fondante questi obiettivi,  espressi nei fenomeni umani della comunicazione umana e razionale e nel sentimento dell’amicizia.

Una simile ambivalenza si riflette nelle immagini che la poesia di Frontiera evoca: dalla realtà del paesaggio lacustre di Luino (città natale del poeta), a oggetti e presenze in movimento. La vita si mostra in forme sospese, sfumate e rarefatte. La frontiera costituisce il referente simbolico sia di una condizione esistenziale che indaga sulle relazioni con l’alterità, sia di una frontiera concreta e reale che impedisce il manifestarsi dell’impegno civile nell’Italia fascista, vista nel suo essere gretta e meschina, in confronto ai valori democratici e progressisti delle borghesie europee, distanti solo pochi chilometri da Luino.

frontiera
Franz Von Stuck, Sisifo. 1920.

Qui Sereni finisce per trattare una serie di temi che ricorreranno anche nelle raccolte poetiche successive (Diario d’Algeria, Gli strumenti umani, Stella variabile): L’inconciliabilità col proprio tempo, espressa in un senso di ritardo, in un disagio per la mancata partecipazione al divenire storico, un senso di rammarico per ritrovarsi ancora una volta “troppo tardi“. La protensione verso la pienezza, intesa come condotta di vita totalizzante e appagante, mai però pienamente raggiunta, espressa il più delle volte nel gesto atletico (Sereni era appassionato di calcio, tifoso assiduo dell’Inter) in forme di giovanilismo, nella tempestività; poesia come dannazione di Sisifo, come indagine che rivela sempre nuove pieghe dell’io e del reale non ancora sondate, come narrazione dell’avventura storica di un io preso nella sua “unicità” e “verità“; una dominate esistenziale a cui subordina spesso altri motivi tematici.

Strutture stilistiche e scelte poetiche

frontiera
Eugenio Montale

La lirica di Sereni, pervasa dal reale quotidiano, rimanda talvolta a Saba o, al limite a Gozzano. Resta importante comunque il suo rapporto con gli ambienti dell’ermetismo che al momento della pubblicazione di Frontiera resta la tendenza poetica dominante, l’esempio di Montale prima di tutti. La lirica di Sereni che è poesia della comunicazione razionale, dei rapporti umani è memore della lezione di Montale sulla “decenza quotidiana” e il linguaggio, al pari di quello di Montale è visivo, evocativo, richiamo icastico al dato reale. Sereni però, funzionalmente a quanto detto in ambito tematico, sceglie un tono più colloquiale e lontano dallo stile concentrato e pregante riscontrabile in certe liriche delle Occasioni. Ha ben scritto, per l’appunto, il critico Giacomo Debenedetti sul giovane Vittorio Sereni e sulla sua Frontiera:

   ” Le apparizioni del mondo esterno avevano nel loro presentarsi, un solo significato possibile. La molteplicità e la non garanzia dei significati (tipica dell’ermetismo) erano già venute meno. I miti del mondo esterno rispondono all’ “esile mito”dell’uomo Vittorio Sereni con la sua particolare storia tutta tramata di angosce, timori e malesseri. Ma queste angosce e tremori non sono più metafisici: sono il quotidiano malessere e inadattabilità di un uomo non bene accordato con la vita che gli tocca di vivere e reagisce con pene, ansie, rivolte, invettive, magari, ma smorzate da un senso del limite e come da un decoro morale che l’uomo deve serbare verso se stesso.

Da Frontiera: Immagine

La finestra ti reggeva nella sera
alta sulle canzoni della strada.
Così nel buio degli anni indecisi
resterai… – frequente
il tuono ti fingeva gli orrori
d’una guerra lontana.

Ancora a volte ti ritrovo a un suono
d’ore oltre la pioggia, curvo,
sul primo tizzo autunnale
O fu il lampo d’un viso
tra campi arsi e mietuti
a Garessio, d’estate, in Val d’Inferno

Siamo usciti sui colli a mezzanotte
al vago appello remota
d’una veranda occulta -Santa,
Santa mia.
C’è chi sorride placido, distante
e cammina sul gorgo degli anni
gridati dal fiume,
stanotte, nel più chiaro plenilunio

Luca Di Lello