Le documentazioni e le osservazioni effettuate dagli studiosi circa le estinzioni di massa hanno permesso di ricostruirne le storie, con l’obiettivo di capire cosa ha portata al tracollo globale, che ha portato la vita alla quasi totale scomparsa. Tra i Big Five, i 5 fenomeni di estinzione individuati dai paleontologi, quella senza dubbio più violenta è stata quella del Permiano: mai il pianeta è stato sconvolto da un evento di tale portata, mai l’esistenza è stata così seriamente minacciata.
Il mondo nel Permiano
Durante il Permiano il mondo aveva un aspetto assai differente rispetto al giorno d’oggi. Durante questo periodo la formazione del continente Pangea (che vuol dire “tutta terra”) arrivò alla completezza, portando ad una configurazione spaziale delle terre emerse che vedeva tutti i continenti disposti in contatto reciproco.
Nella fase iniziale gran parte della Gondwana (Sudamerica, Africa, India, Antartide ed Australia) meridionale fu ricoperta da una calotta di ghiaccio, che scomparve con la successiva deriva del continente stesso. La stragrande maggioranza del record fossile del Permiano inferiore proviene infatti dalle zone settentrionali.
Nell’emisfero settentrionale il clima fu inizialmente arido, con ripercussioni sulla vegetazione. Le moderne piante a semi poi andarono a sostituire, insieme alle conifere, le foreste tropicali tipiche del Carbonifero. Le glossopteridi invece si diffusero nell’emisfero meridionale.
Fu probabilmente a causa di questi cambianti che gli amnioti si andarono a sostituire ai tetrapodi più primitivi, acquistando il ruolo di vertebrati dominanti, grazie all’evoluzione di un sistema membranale in grado di proteggere l’embrione durante il suo sviluppo ontogenetico. Fu con gli amnioti infatti che si arrivò all’uovo cleidoico, che permise finalmente ai vertebrati di affrancarsi dagli ambienti acquatici.
L’Estinzione di massa del Permiano
L’estinzione di massa che ebbe luogo durante la transizione da Permiano a Triassico, circa 251 milioni di anni fa, è conosciuta come The Great Dying (la grande moria). Essa rappresenta infatti il più grande, esteso e catastrofico fenomeno di estinzione mai documentato. In circa 200 000 anni si perse addirittura il 96% della biodiversità totale: mai la vita è andata così vicina allo scomparire totalmente dal Pianeta.
Durante gli ultimi 5 milioni di anni del periodo, quindi nel piano Tatariano, i tetrapodi, diffusisi in ogni ambiente terreste grazie alla conquista dell’uovo cleidoico, subirono grosse perdite (circa il 75% delle famiglie). Fra i taxa scomparsi molti furono tetrapodi primitivi, soprattutto gli anamni, e soprattutto gli antracosauri ed i captorinidi, ma neanche i sinapsidi (animali dotati di una singola finestra temporale) furono risparmiati. I più colpiti furono infatti proprio i terapsidi, rettili simili a mammiferi, che persero ben 17 famiglie.
I gruppi persi non furono solo molto numerosi, ma anche appartenenti ad un ampio spettro di tipi ecologici, a testimonianza della reale globalità di questa estinzione. Nello stesso periodo scomparve anche il 50% delle famiglie di invertebrati marini.
Per spiegare questo fenomeno sono state avanzate contemporaneamente sia ipotesi gradualiste, che si basano su modelli che prevedono eventi a lungo termine e fenomeni di una certa estinzione temporale; sia ipotesi catastrofiste, che spiegano l’estinzione attraverso fenomenici catastrofici di portata globale, che avrebbero rovesciato gli ecosistemi e distrutto la vita in relativamente poche migliaia di anni.
L’ipotesi gradualista più accreditata sostiene che la causa principale dell’estinzione del Permiano fu la formazione della Pangea. L’unione dei continenti diminuì infatti l’estenzione relativa delle linee di costa, determinando la rapida scomparsa delle forme di vita che abitavano quelle nicchie, iniziando un effetto domino che coinvolse poi le altre specie. Un’altra ipotesi gradualista incolpa la diminuzione repentina e violenta della temperatura, che colse di sorpresa le specie stenotermiche adattatesi al clima caldo del Permiano Inferiore.
Tra i catastrofisti, la maggior parte sostiene la teoria che la causa scatenante sia in un impatto con un corpo extraterrestre, probabilmente un asteroide, del quale però non sono state trovate trecce o evidenze. Esistono invece diverse testimonianze di grandi eruzioni vulcaniche in Siberia, con estrusioni di grosse quantità di lava basaltica. Questo esplosivo evento avrebbe rilasciato nell’atmosfera grosse quantità di anidride carbonica ed anidride solforosa, che avrebbero poi avuto un forte impatto sul clima, abbassando le temperature, e sulla disponibilità di ossigeno.
Lorenzo Di Meglio
Bibliografia
Micheal J. Benton – Paleontologia dei Vertebrati – Franco Lucisano Editore
Sitografia
http://science.nationalgeographic.com/science/prehistoric-world/permian-extinction/