La sindrome di Marfan è una malattia genetica dalle particolari caratteristiche. Nonostante si sappia con precisione quale sia il gene mutato che la causa, per la sindrome di Marfan sono così tante le variabili che ancora non si è potuti giungere ad una chiara correlazione tra il tipo di mutazione genetica e i problemi che colpiscono il soggetto malato.
Qual è il gene?
Quando ad un paziente viene diagnosticata la sindrome di Marfan, vuol dire che un suo gene, conosciuto agli scienziato con il nome di FBN1, ha delle mutazioni che gli impediscono di produrre una proteina perfettamente funzionante. La proteina anomala è la Fibrillina-1 ed è presente in quasi tutti i tessuti del nostro corpo, dalla pelle ai muscoli, alle ossa. La fibrillina-1ha un ruolo strutturale fondamentale per questi tessuti, infatti quando vi è una mutazione nel gene e quindi la proteina risulta alterata, sia la pelle che i muscoli e le ossa presentavo dei problemi rilevanti; è proprio per questo motivo che la sindrome di Marfan viene considerata un disordine multisistemico, cioè che colpisce diversi sistemi e apparati.
Quali sono i danni?
Per quel che riguarda il sistema scheletrico, le anomalie comprendono una eccessiva altezza, deformità della gabbia toracica e scoliosi, palato stretto e dita affusolate molto più lunghe rispetto al palmo della mano e del piede, una condizione che viene definita aracnodattilia, mentre quando si fa riferimento ai problemi cutanei ci si riferisce a delle striature evidenti sulla pelle, nonché ad ernie ricorrenti.
Le anomalie muscolari comprendono soprattutto problemi cardiovascolari, come prolasso della valvola mitralica o rottura dell’Aorta, ma anche i polmoni risultano danneggiati, infatti sono frequenti nei pazienti con sindrome di Marfan pneumotorace spontaneo (cioè un accumulo di aria all’interno della cavità in cui sono contenuti i polmoni). Altri danni tipici della sindrome di Marfan sono presenti nell’occhio, in cui il cristallino è decentrato, la cornea è piatta e di conseguenza la vista è alterata.
Marfan: si eredita?
La sindrome di Marfan purtroppo si eredita: è una malattia genetica di tipo dominante, e ciò significa che il figlio di un paziente ha il 50% di possibilità di ereditare la malattia. Colpisce sia uomini che donne e i sintomi sono pressappoco gli stessi all’interno del ramo familiare. Quello che rende questa malattia così varia è il fatto che le mutazioni sono distribuite lungo tutto il gene FBN1 e questo comporta che spesso, quindi, ogni famiglia ha una mutazione diversa. Tutta questa varietà non solo impedisce una identificazione neonatale precisa, ma rende tutt’oggi difficile trovare un collegamento reale tra la mutazione genica e le caratteristiche fisiche della malattia.
Purtroppo l’unico modo per diagnosticare la sindrome di Marfan è quella di analizzare le varie eventuali anomalie presenti nei tessuti, facendo quindi un controllo a tappeto di tutti i sistemi e apparati colpiti dalla sindrome; quindi vengono controllate le ossa, gli occhi, il palato, la pelle e con ecografie viene rilevato anche lo stato di salute di cuore ed arterie. È proprio per questo che non tutti i soggetti affetti sanno di essere malati. La maggior parte dei casi di sindrome di Marfan vengono diagnosticati solo dopo i primi malori, come spesso è stato riscontrato quando si ha notizia di un atleta improvvisamente colpito da un attacco cardiaco o da un problema polmonare.
Non vi è alcuna cura per la sindrome di Marfan. Le uniche terapie sono quelle di tipo preventivo e sintomatico: visite continue permettono di correggere la scoliosi e la cassa toracica, e nei casi in cui è necessario, si può anche intervenire chirurgicamente. Anche la vista viene migliorata attraverso una correzione della miopia, mentre le anomalie cardiache vengono tenute sotto controllo attraverso l’utilizzo di farmaci specifici, oltre all’astensione da attività fisiche impegnative e stress emotivi per prevenire la rottura dell’aorta. Per le donne, viene sconsigliata la gravidanza in quanto i cambiamenti della pressione cardiaca e del battito possono influire in maniera negativa contribuendo nella dissezione dell’aorta.
Alessandra Spaziano
Fonti:
Thompson & Thompson – Genetica in Medicina