Tra gli articoli dedicati alla mitologia nordica e germanica non può mancarne uno sulle rune e sulle loro peculiarità. È infatti acclarato che i popoli germanici, che avevano appreso una forma di scrittura (non alfabetica) già prima di avere contatti con quella latina, non la usassero solo nella quotidianità, ma soprattutto per scopi divinatori e magici.
Il termine Runa (in norreno Rún, alto tedesco antico runa, da cui deriva il verbo Raunen utilizzato tutt’ora con il significato di “sussurrare, bisbigliare”) aveva in origine un significato collegato all’atto del parlare a bassa voce, da cui il sostantivo indicante “segreto, mistero“: etimologicamente le rune sono da sempre associate ad una pratica magica di qualche tipo. Non a caso, nessuna lingua germanica ha utilizzato la parola “rune” per indicare i caratteri latini o greci: essi erano percepiti come diversi, privi della magia di cui erano invece dotati i segni germanici.
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Rune e mitologia nordica
Nell’Havamal, la “canzone dell’eccelso” contenuta nell’Edda poetica, Odino stesso racconta il suo rito d’iniziazione. Egli rimase appeso per nove notti e nove giorni ad Yggdrasill, il frassino cosmico, per ricevere la conoscenza magica fornita dalle rune.
“Lo so che sono stato appeso
al tronco scosso dal vento
nove intere notti,
da una lancia ferito
e sacrificato a Odino,
io a me stesso,
su quell’albero
che nessuno conosce
dove dalla radici s’erga.”
Poche strofe più avanti leggiamo:
“Rune tu troverai
e caratteri chiari,
caratteri molto grandi
caratteri molto saldi
che dipinse il possente poeta
e fecero gli dèi
e incise la Voce degli dèi.”
Le rune e la magia
Da questi versi emerge chiaramente l’importanza che rivestiva la scrittura runica nel mondo germanico e scandinavo; per meglio comprenderla bisogna però capire in che modo fosse concepita la magia. Accanto ad un utilizzo “passivo” delle rune, a scopo divinatorio, esisteva infatti anche un utilizzo “attivo” e magico. Ossia una pratica mediante la quale si riteneva di poter entrare in contatto con la forza misteriosa che governava la vita del cosmo per tentare di manipolarla a proprio vantaggio.
È utile a questo proposito richiamarsi ai concetti di Orlog e Wyrd, che stanno alla base della concezione germanica del mondo.
Orlog
Per Orlog s’intende qualcosa di simile a quello che noi oggi definiremmo rapporto causa-effetto. Ogni uomo è responsabile delle proprie azioni, a seconda delle quali sarà destinato ad una buona vita terrena e ad una permenenza nel Valhalla o nella sala di Freya, oppure a pagare i propri sbagli in vita e finendo nell’Hel o a Niflheimr (i più freddi tra i Nove Mondi).
Wyrd
Il Wyrd, invece, ha un significato assimilabile a quello di fato, ma vedere una contraddizione nei due concetti (il primo sembra ammettere la libertà di scelta, il secondo negarla) significherebbe applicare schemi interpretativi diversi da quelli secondo cui gli antichi germani ragionavano.
Possiamo infatti immaginare il Wyrd come una gigantesca ragnatela costituita da fili di energia. il suo tessuto è il tessuto dell’universo stesso e ogni azione umana colloca chi l’ha compiuta in un canale di energia più o meno positiva.
I significati simbolici delle rune servivano ad identificare ciascun tipo di energia e poter agire di conseguenza nella divinazione (che non è la stessa cosa di predire il futuro: consiste, piuttosto, nel tentativo di comprendere quali potrebbero essere gli effetti delle proprie azioni) e nella pratica magica.
Ipotesi sull’origine delle rune
In ambito accademico, i filologi hanno a lungo dibattuto sull’origine delle rune, ossia sul modo in cui la scrittura sia arrivata ai popoli germanici e scandinavi per la prima volta.
Rune etrusche?
Oggi l’ipotesi più accreditata è quella di un’origine nord-etrusca: gli Etruschi, infatti, avevano rapporti commerciali con il Nord Europa soprattutto tramite le popolazioni celtiche alpine e subalpine.
Scrive Filippo Gambari: “se i Germani avessero adottato la scrittura dopo il I o il II secolo a.C., avrebbero a quel punto certamente scelto la scrittura latina, che a quel tempo predominava. Invece già da tempo dovevano usare queste Rune, segni speciali per leggere le sorti e per altri scopi magici.”
L’arrivo della scrittura in area germanica dev’essere insomma avvenuto diversi secoli prima della nascita di Cristo, probabilmente tramite popolazioni celtiche che avevano a loro volta assimilato il sistema di scrittura Etrusco.
Esistono tuttavia altre ipotesi, attualmente considerate meno plausibili: quella di un’origine greca e di un’origine latina.
Rune greche?
L’ipotesi greca si basa sui contatti che le popolazioni germaniche dei Goti ebbero con il mondo greco in Europa sud-orientale (di cui abbiamo una preziosissima testimonianza: la traduzione dal greco al gotico della Bibbia da parte del vescovo Vulfila).
Essa risulta però poco probabile per una questione di incongruenze cronologiche: le incisioni runiche più antiche, risalenti al II secolo d.C., si trovano nella penisola dello Jütland, zona che oggi divide la Germania dalla Danimarca, mentre le attestazioni meridionali sono più recenti. Se la scrittura si fosse diffusa tramite il contatto col mondo greco, ciò sarebbe probabilmente avvenuto da sud verso nord, ma la datazione dei ritrovamenti suggerisce piuttosto la direzione contraria.
Rune romane?
L’ipotesi romana, infine, basata sulle corrispondenze più o meno strette tra simboli e valori fonetici, è poco accreditata sia per le imprecisioni e irregolarità della scrittura runica (che non aveva un verso predefinito, cioè poteva essere sia da destra verso sinistra che da sinistra verso destra e persino in verticale), sia perché le aree germaniche romanizzate appresero ben presto l’alfabeto latino e utilizzarono quello per scrivere i propri testi, redigendoli spesso direttamente in lingua latina.
Le diverse serie runiche
Esistono più versioni della serie runica; le tre principali sono il futhark antico “germanico” di 24 caratteri, il futhorc anglosassone di 39 caratteri e il futhark giovane scandinavo di 16 caratteri; le rune presenti in tutti i sistemi hanno rappresentazioni e significati simili. Il nome “futhark” deriva dai primi sei segni della serie runica.
Ad ogni runa era associato un valore fonetico (cioè un suono, proprio come la corrispondenza grafema-suono nel nostro alfabeto) indicato tra parentesi quadre […]. La peculiarità delle rune è che ciascun valore fonetico corrisponde all’iniziale di un concetto-chiave nella cultura germanica, richiamandosi anche ad una divinità o ad altri elementi mitologici. Così, ad esempio, il thorn della serie anglosassone corrisponde al suono iniziale della parola inglese thorn (“spina”), ma anche al dio Thor a cui la runa era associata.
Per concludere, analizziamo i primi sei segni del futhark antico:
Fehu
Fehu – [f] significa “bestiame”, per estensione “ricchezza” (negli scambi commerciali il bestiame d’allevamento era usato come forma di pagamento) e simboleggia dunque tutto ciò che ricade nella sfera del denaro (potere, ricchezza, posizione sociale). È associata al dio Thor.
Uruz
Uruz – [u] significa “uro”, razza bovina selvatica europea oggi estinta di cui abbiamo una prima descrizione nel De bello gallico di Cesare. Questi animali venivano affrontati dagli adolescenti durante riti iniziatici che simboleggiavano il passaggio all’età adulta: per questo motivo, la runa indica forza, fierezza, orgoglio e grandi imprese. È associata alla vacca mitologica Auðhumla (di cui abbiamo parlato qui).
Thurisaz
Thurisaz – [θ, ð] graficamente <þ> significa “gigante” e fa riferimento alle note creature della mitologia germanica e nordica. C’è una differenza di significato tra la runa del futhark antico (che si riferisce a Thurisaz) e quella del futhorc anglosassone a cui abbiamo già accennato, che è iniziale di Thorn (“spina”), è legata al dio Thor e simboleggia un valore difensivo, come appunto le spine delle piante.
Ansuz
Ansuz – [a] significa “As”. Gli Asi, o Æsir, sono un gruppo di divinità legate al cielo, alla sapienza e alla guerra; dimorano ad Ásgarðr e il loro sovrano è Odino. Poiché la runa è associata proprio ad Odino, essa significa “messaggio”, “rivelazione”, “comunicazione”.
Raidho
Raidho – [r] significa “carro” ed è la runa del viaggio, del movimento e, per estensione, del mutamento sia fisico che interiore. Poiché la concezione temporale dei popoli germanici, così come quella di molte altre popolazioni antiche, è ciclica e non lineare, il movimento temporale è associato al percorso del Sole e della Luna nel cielo.
Kenaz
Kenaz – [k] è la runa del fuoco. La parola *Kenaz è una ricostruzione dell’antico germanico (lingua non attestata, di cui cioè non abbiamo documentazione scritta) e significa “torcia”: indica protezione, benedizione e creazione, energia (si pensi al fuoco dei fabbri che forgiavano armi e gioielli).
Wunjo
Una delle rune più interessanti è inoltre Wunjo (in futhorc Wynn), segno che indica il suono [w] corrispondente nell’inglese moderno all’iniziale della parola what; significa “gioia”, “piacere”.
Alcune rune, tra cui Thurisaz/Thorn e Wunjo/Wynn, furuno integrate nell’alfabeto latino quando le popolazioni germaniche iniziarono ad utilizzarlo; la loro presenza è ricorrente nei testi anglosassoni. Ad esempio, ritroviamo Wynn nella prima parola del poema Beowulf, “Hwæt”.
Maria Fiorella Suozzo
Fonti sulle rune
- Le rune, Marco Massignan, Xenia
- I miti nordici, Gianna Chiesa Isnardi, Longanesi
- Il Canzoniere eddico, Garzanti
- http://bifrost.it/
- simboli runici: http://www.runica.it/alfabeto.asp