Lo scenario musicale dei primi anni ’80 è dominato dallo spirito New Wave, una nuova attitudine alla sperimentazione dopo il terremoto Punk. In effetti la categoria di New Wave comprende molti rivoli diversi tra loro, con pochi elementi in comune: uno di questo è lo sfruttamento dei sintetizzatori, vero marchio di fabbrica di ogni gruppo anni ’80. C’è però un filone che esalta particolarmente il Synth, mettendolo al centro della scena: si tratta del Synthpop.
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Il verbo Synth del Kraut Rock
I genitori dell’elettronica anni ’80 sono tedeschi, vale a dire le band del genere denominato Krautrock, o anche “Kosmiche Musik“, musica cosmica. Si tratta di un genere sperimentale fiorito negli anni ’70, una versione tedesca, dal punto di vista ideologico, del Progressive inglese. A differenza del prog inglese, però, il Kraut Rock non è una musica che trae le sue radici dalla classica, con venature folk e medievaleggianti; anzi, queste band tedesche si fanno cantori della modernità, e le sperimentazioni elettroniche sono il medium ideale per esaltare, o criticare, la società industriale.
A spiccare tra i gruppi Krautrock sono i Kraftwerk, che sparano una prima cartuccia con Autobahn, album pubblicato nel 1974, ma sarà con Trans-Europe Express, del 1977, che rivoluzioneranno il mondo della musica: i Kraftwerk, infatti, costituiranno una via di mezzo tra l’avanguardia sperimentale di gruppi come Can e Faust e il pop elettronico che spopolerà negli anni ’80. Saranno proprio i Kraftwerk, infatti, a consentire al sintetizzatore di guadagnarsi il primato sulla scena musicale, col loro Trans-Europe Express che contiene in nuce gli stilemi di generi come techno, hip hop, house, r’n’b e lo stesso Synthpop, influenzando, al contempo, generi già esistenti come rock, pop, disco e metal.
La trilogia berlinese di Bowie
Come finire dai Kraftwerk ai Depeche Mode? C’era bisogno di un tramite che portasse nello scenario musicale anglofono la lezione tedesca: questo tramite si chiama David Bowie. Dopo il periodo glam che lo consacrò nei panni di Ziggy Stardust, Bowie inizia una stretta collaborazione con Brian Eno, ex membro dei Roxy Music. Nasce da questo binomio la cosiddetta “trilogia berlinese”, un terzetto di album nati nell’humus culturale tedesco. Paradossalmente lo stesso Bowie influenzerà, con Station to Station, i Kraftwerk, che nella loro iconica Trans-Europe Express citeranno la permanenza dell’ex Ziggy Stardust a Berlino nella fine degli anni ’70.
Bowie pubblica Low ed Heroes nel 1977 e Lodger nel 1979. I primi due album escono, quindi, negli anni della gestazione della New Wave, processo a cui Bowie contribuirà fortemente. Mentre Heroes è l’album maggiormente acclamato dalla critica, è soprattutto Low a fare da ponte tra la gelida elettronica tedesca e il rock anglofono, con Lato A più commerciale e Lato B puramente sperimentale. Lo stesso album contiene, inoltre, Warszawa, il cui stile anticipa tutta la scena Dark Wave.
Gli anni ’80: l’era digitale
Dopo le premesse e le sperimentazioni degli anni ’70, gli Eighties sono il decennio in cui l’elettronica sfonda definitivamente nel terreno del rock, non solo per quanto riguarda l’uso del sintetizzatore. Anche il formato del disco si evolve, con l’abbandono progressivo del disco vinile.
Tutto nasce da un progetto congiunto di Sony e Philips, un disco digitale di 12cm di diametro, quindi decisamente più maneggevole di un vinile, che, al contrario di quest’ultimo, poteva contenere quasi 80 minuti di musica: il doppio di un vinile. Questo nuovo disco digitale veniva letto non più da una puntina a contatto col supporto, ma da un raggio laser: è la nascita del Compact Disc.
Più musica e comodità, ma non solo: il nuovo formato presentava, tra i presunti vantaggi, anche una maggiore pulizia sonora, oltre che alla riduzione delle possibilità di deterioramento. I critici discutono della natura più “fredda” del suono del CD, rispetto al suono “caldo” del vinile, ma il passaggio da vinile a CD è anche sintomatico del fortissimo legame che vi è, negli Eighties, il decennio della New Wave, tra elettronica e musica.
Il CD inizia ad essere commercializzato nel 1982 in Giappone e nel 1983 in Europa e Stati Uniti e, come tutte le innovazioni tecnologiche, ebbe bisogno di tempo per guadagnare terreno. Brothers In Arms dei Dire Straits fu il primo album registrato interamente in digitale, e il primo a vendere oltre 1 milione di copie sotto il formato Compact Disc. Nel 1988 le vendite dei CD già eguagliarono quelle dei vinili, per poi superarle e soppiantare il formato del vinile.
Il Synthpop: qualche nome
Se Bowie e Kraftwerk sono tra i genitori, insieme a Brian Eno, Devo e Suicide, chi sono i figli?
Prima di tutto i New Order, il gruppo nato dalle ceneri dei Joy Division. Un patto siglato prima del suicidio di Ian Curtis obbligava i membri del sodalizio, in caso di morte di uno dei componenti della band, di cambiare nome e genere musicale, pur continuando la propria carriera. I Joy Division diventarono, così, New Order, un nuovo ordine il cui primo album, Movement (1981), in realtà, è diretta prosecuzione del percorso dei Joy Division. Sarà con Power, Corruption & Lies (1983) che il New Order abbraccerà definitivamente il verbo del synthpop, con un singolo rivoluzionario quale Blue Monday, un lungo pezzo di oltre sette minuti tra le colonne dell’elettronica anni ’80. A loro si affiancano, come nomi del Synthpop canonico, Soft Cell e Human League.
Il synthpop degli Eighties ha anche un volto femminile, quello di Annie Lennox, scozzese, di Aberdeen, che dà vita con Dave Stewart al sodalizio degli Eurythmics. Il look della Lennox è pura eredità punk, un’immagine androgina che in realtà, negli Eighties, stona un po’ con gli altri volti femminili del decennio, come Madonna. Gli Eurythmics regalano al pubblico una perla del Synthpop quale Sweet Dreams (Are Made Of This) nel 1983.
Ma l’apice del Synth tutto sono senz’altro i Depeche Mode.
Depeche Mode: dal pop facile al periodo Dark
Le origini dei Depeche Mode risalgono al 1977, quando nascono i Composition Of Sound, formati da Andrew Fletcher, Vince Clark e Martin Gore. Il trio sarà poi folgorato dalla cover di Heroes di David Bowie eseguita dal loro futuro frontman: Dave Gahan. Il gruppo cambia nome in Depeche Mode e diventa, a tutti gli effetti, una band Synthpop, arricchita dalla voce profonda e baritonale di Dave Gahan.
I Depeche Mode si ispirano direttamente ai Kraftwerk, iniziando la loro carriera con una forte venatura pop, come emerge in Just Can’t Get Enough, il loro primo grande successo, singolo estratto dal loro album di debutto Speak & Spell, del 1981.
L’abbandono di Vince Clark comporta una virata nello stile dei Depeche Mode: dal pop facile, che li aveva consacrati, passano a toni malinconici, abbracciando la Dark Wave, raggiungendo la maturità artistica e sfornando successi su successi, cosa che gli consente di rimanere fecondi anche negli ultimissimi anni, dove ormai i Depeche Mode hanno raggiunto il rango di leggenda.
Davide Esposito
Bibliografia
- Stile Libero, in E. Guaitamacchi, Storia del Rock, Hoepli 2014