La pedina sulla scacchiera: la trama
James Bohun è il capo di un’azienda internazionale di grande rilevanza – produttrice di acciaio – ma, con la crisi economica degli anni trenta, si ritrova a dover fronteggiare l’imminente rovina. Pur affrontando un periodo burrascoso, Bohun riesce a far si che Christophe, suo figlio, riesca ad ottenere un posto da dipendente nella sua azienda. Christophe è la pedina della grande scacchiera disegnata da Irène Némirovsky ed è proprio il suo lavoro da impiegato ad imprigionarlo in un vortice di nichilismo e atarassia da cui sarà difficile uscire. Christophe subisce la vita, è sposato con una donna che non ama, ha un figlio che proprio non tollera e non ha alcun tipo di ambizione o aspirazione. La situazione viene a mutare quando, alla morte del padre, Christophe trova un elenco stilato dallo stesso, con nomi di personaggi politici e socialmente influenti, che potrebbero evitare il fallimento dell’azienda di famiglia, ma che allo stesso tempo potrebbero anche compromettere la sua integrità morale. A questo punto il protagonista si trova a dover scegliere se riscattarsi e riscuotersi dal torpore causato una vita priva di affetti, desideri e progetti, o seguire le orme paterne.
Irène Némirovsky e l’indagine sociale
Irène Némirovsky, nata a Kiev nel 1903 visse a Parigi dove, appena diciottenne, cominciò a scrivere. Nel 1942 fu arrestata e deportata ad Auschwitz ove morì lasciando incompiuto il suo ultimo romanzo. La Némirovsky, grande esponente della letteratura russa, attraverso i suoi romanzi è riuscita a scrutare tra le pieghe più profonde dell’animo umano; La pedina sulla scacchiera è un’opera capace di coinvolgere emotivamente il lettore tanto da spingerlo a spronare ad alta voce l’immobile Christophe. L’autrice scrive con estrema cura e intelligenza, ha l’estrema capacità di trattare tematiche spigolose e complicate di matrice realistica con grazia e abilità; la crisi economica degli anni trenta è tutt’altro che semplice da maneggiare, così come lo è il concetto di sopravvivenza, il concetto dell’uomo incapace di imporsi e di gestire anche solo la propria esistenza.
Il fulcro proprio di quest’opera vive nell’animo apatico e privo di emozioni di Christophe, la sua viltà di fronte ad un futuro ignoto e insperato viene a divenire una profonda indagine delle debolezze umane capace di aprire gli occhi al lettore e portarlo ad una profonda riflessione. Non è da meno la descrizione del tormento interiore vissuto dal protagonista quando si trova di fronte ad un bivio che può modificare la propria condizione di vita
[…] Alla fine, si trovò tra le mani un vecchio portafoglio di cuoio nero, lo aprì, la seta lisa gli si stracciava sotto le dita, nello scomparto interno erano rimaste ripiegate delle banconote e un assegno di diecimila franchi non ancora riscosso e a firma di di Beryl. All’assegno era spillata una lettera, un breve biglietto […] Christophe scorse rapidamente i nomi, era segnato tutto: date, somme riceute, nomi di parlamentari, giornalisti in totale una ventina. In calce al foglio, a matita, l stessa scrittura tremante del vecchio aveva tracciato: La mia eredità Kit. Di scatto, Christophe rovesciò la testa all’indietro, diede un pugno sulla testina di leone che ornava il bracciolo e proruppe in un riso nervoso.”
La critica
Nel romanzo vige una critica forte, la critica rivolta al capitalismo, la critica rivolta alla civiltà sempre più corrotta. L’ autrice è abilissima a veicolare attraverso i suoi personaggi un messaggio importante; il vivere costante sul ciglio di un vulcano in eruzione. Si evince il dolore di chi è costretto a vivere in bilico, senza certezze economiche e senza vie d’uscite in una società che è incapace di trovare un equilibrio. Seppur consapevole della propria condizione vuota e instabile, Christophe, trova la forza di porsi delle domande sul proprio essere e sulla propria vita, trovando sempre e comunque una giustificazione alla sua condizione da comparsa marginale nel grande film della vita.
Viviana Gaudino