Alcune delle caratteristiche che potremmo, senza alcun dubbio, associare all’infanzia sono quelle dell’immaginazione e della fantasia: non è raro ascoltare bambini inventare storie spesso ricavate dalla realtà e arricchite dalla fantasia, la quale influenza la forma mentis del bambino mostrandogli le cose del mondo con caratteristiche originali. Esse rivestono una grande importanza nella mente del bambino e non solo.
Sicuramente i due concetti hanno radici simili ma significati differenti, che è necessario chiarire.
L’immaginazione e la fantasia: i simboli dell’infanzia
Per immaginazione si intende il processo attraverso il quale si producono immagini mentali lontane dalla stimolazione sensoriale; la fantasia implica la combinazione creativa delle immagini con la conseguente elaborazione estetica (la cosiddetta opera d’arte generata dalla fantasia).
Nonostante questa sottile differenza, tra i due termini intercorre un legame strettissimo per il quale uno è la conseguenza dell’altro: non si può immaginare senza fantasticare e nessuna fantasia può prescindere da un processo immaginativo. Le prime manifestazioni dell’immaginazione umana sono descritte nelle teorie dei più grandi psicologi dell’età evolutiva quali Piaget, Freud e Vygotskij.
Piaget, nelle fasi dello sviluppo cognitivo infantile, ha conferito molta importanza al gioco, in particolare a quello simbolico: esso è l’emblema dell’immaginazione, si sviluppa a partire dai due anni e rappresenta una fase di transizione verso il senso di realtà. Il gioco simbolico è caratterizzato, quindi, dall’uso sfrenato dell’immaginazione che permettere al bambino di creare immagini mentali, situazioni, persone e, perché no?, anche parole.
Dal punto di vista emotivo, Freud conferisce un’altra spiegazione al concetto di immaginazione: può essere paragonata all’istanza psichica dell’Es e, in generale, a tutte le rappresentazioni mentali ed emotive della prima infanzia, quali l’angoscia di castrazione e l’insieme delle dinamiche proprie del complesso edipico. Infatti, nel periodo compreso fra i 3 e i 5 anni, il bambino sperimenta una serie di fantasie inconsce di natura amorosa verso il genitore del sesso opposto e, al contrario, di natura conflittuale verso il genitore dello stesso sesso – associato anche a paure quali, come citato prima, la paura di castrazione nel maschio verso il padre.
Inoltre, l’istanza psichica dell’Es, quella legata all’istinto inconscio dell’essere umano può, sicuramente, essere collegata alla fantasia e all’immaginario: soltanto dalla profondità della nostra psiche possono nascere le manifestazioni immaginarie quali il gioco, il sogno, l’arte.
Vygotskij ha invece sostenuto la tesi secondo cui l’attività immaginativa è indivisibile dalla realtà e, di conseguenza, non è qualcosa di astratto. A tal proposito è opportuno aprire una parentesi sul collegamento memoria-immaginazione: ciò che immaginiamo è frutto della nostra memoria, di un dato cognitivo; vi sono quindi reali connessioni nervose alla base del processo immaginativo che ci indicano la concretezza di questi processi.
Tornando a Vygotskij, l’immaginazione opera sugli elementi estrapolati dalla realtà e dall’esperienza: esiste una strettissima relazione fra la ricchezza di esperienze e la creazione di immagini mentali. Proprio per questo motivo, a livello pedagogico, è necessario dilatare le esperienze del bambino per permettergli di sviluppare la componente creativa. Secondo lo psicologo, il percorso è osservabile anche al contrario: spesso, in assenza di esperienza, l’immaginazione di eventi lontani da noi – si pensi alla lettura di notizie provenienti dal mondo – permette di fare esperienza della realtà circostante.
L’adulto può immaginare?
Le teorie di Piaget, Freud e Vygotskij appena presentate hanno come inizio e fine la figura del bambino e la sua evoluzione nell’infanzia e nella preadolescenza. Cosa ne è, invece, dei giovani-adulti? È sicuramente giusto affermare che l’immaginazione e l’infanzia camminino di pari passo ma è altrettanto giusto porsi l’interrogativo sulla presenza dell’attività immaginativa nell’individuo adulto: egli è un essere che non immagina?
La poetica del fanciullino di Giovanni Pascoli, tratta dal suo omonimo saggio, è sicuramente fondamentale nella risposta a questa domanda. Il fanciullino pascoliano potrebbe essere inteso come metafora dell’immaginazione e della fantasia: in età infantile confonde la sua voce con l’età anagrafica, in età giovanile esso non viene ascoltato ma la sua presenza è costante dentro di noi. L’uomo adulto, di conseguenza ha le stesse capacità dell’infante di immaginare ma con caratteristiche del tutto diverse, legate più al concreto che all’aspetto fantastico. L’immaginare dell’adulto è spesso legato al ricordo di episodi passati o speranze per progetti futuri – di lavoro o vita privata-, ma comunque immaginazioni legate alla vita pratica.
Da sottolineare, a tal proposito, è la psicologia di Raffaele Morelli basata sulla tesi secondo la quale le immagini mentali hanno grande potenza, sono in grado di modificare la chimica celebrale. Più volte lo psichiatra ha sottolineato l’efficacia negli adulti di guarire da depressione e dolore attraverso l’uso delle immagini e della suggestione che esse provocano – caratteristici sono le registrazioni di Morelli che aiutano ad immaginare scenari sereni capaci di allontanare la negatività dalla psiche.
Alla luce delle tesi e delle riflessioni riportate si evince come l’immaginazione sia una componente cognitiva importantissima sia nell’infanzia sia nell’età adulta, al contrario di quanto spesso si crede: essa non è semplice fantasticheria ma prevede una serie di meccanismi mentali complessi e delicati.
Alessandra Del Prete
Fonti
Per maggiori informazioni: Scienze Umane. Corso integrato di Antropologia, Sociologia, Psicologia, E. Clemente R. Danieli, Pearson Italia, Milano, 2012
Articolo tratto dall’interessante tesi di Alessia Ciuffardelli,Il significato e le funzioni della fiaba nello sviluppo del bambino