Venere come simbolo unico di bellezza femminile, esaltata in scultura e pittura in particolare.
Capita spesso che non si conoscano pittrici il cui operato è di pari importanza di contemporanei più famosi. Fortunatamente, però, non si può dire lo stesso per le donne rappresentate, anzi, spesso quelle che hanno come soggetto protagonista la donna sono tra le opere più famose da sempre. Nel corso dei secoli, la donna ha subìto un certo cambiamento dal punto di vista sociale, basti pensare allo sviluppo e all’emancipazione che ebbe all’indomani del Seicento, quando iniziava letteralmente ad uscire di casa e prendere parte a feste e ricevimento, andando ben oltre il suo precedente ruolo di ‘economa’. Ritratti di nobildonne, immagini sui generis di donne del popolo, altrettanto diffusi e famosissimi erano i dipinti che avevano come protagonista Venere, la dea dell’amore e della bellezza.
Come il David di Michelangelo è considerato l’ideale maschile, così la Venere di Botticelli, è considerata la rappresentazione perfetta della bellezza femminile, esaltata dalle nudità, qui resa tramite un disegno delicato ed elegante: in quest’opera c’è sì spazio per lasciar intendere la sensualità e la bellezza del corpo femminile, ma soprattutto prevale la bellezza spirituale, la bellezza e la nobiltà d’animo, nonché la purezza di cuore, la bellezza di una donna è data soprattutto dal suo animo: proprio per questo, grazie a quest’opera, cristianesimo e paganesimo vengono accostate: la dea che nasce dalle acque, l’anima cristiana ha il suo primo sacramento tramite l’acqua benedetta del Battesimo, e quest’opera è dunque, più che una esaltazione della bellezza femminile, una allegoria dell’amore, inteso come forza motrice.
La dea continua ad esser rappresentata nuda, ma qui, stesa, mentre dorme, è semplice ma allo stesso tempo sensuale.
A quest’opera di Giorgione è stata spesso accostata la Venere di Urbino di Tiziano, di cui però sono messi in risalto i riferimenti mitologici: la dea, che sembra fissare negli occhi lo spettatore, è distesa su un lenzuolo bianco, il cui colore allude alla purezza, tiene in mano delle rose rosse, mentre si copre il pube e ai suoi piedi c’è rappresentato un cagnolino, simbolo di fedeltà: la donna deve essere sensuale, gradevole, ma solo per il suo sposo, cui deve essere devota e fedele.
In quest’opera del Correggio, Venere ed Eros, simboli dell’erotismo, appaiono nudi e spiati dal satiro, di cui è rappresentato il punto di osservazione. È un atmosfera quasi lussureggiante, diversa da quella delle opere viste precedentemente, prevale l’idea dell’amore carnale, e la sensualità della dea è accentuata ancora di più dalla posa ad esse, e in effetti l’intera opera è ricca di scorci e costruzioni geometriche.
Di tutta la pittura spagnola, gli unici nudi femminili a noi noti sono la Maja desnuda di Goya e la Venere di Velazquez. La dea è sdraiata su di un fianco, di spalle all’osservatore, e con lei c’è Eros, e nient’altro è che un modo diverso per enfatizzare ed esaltare la bellezza femminile, che per Velazquez subisce alcune distorsioni anatomiche: infatti i fianchi sono più larghi delle spalle
Questa è una Venere estremamente diversa da quelle rappresentate, che anche se molto sensuali, sono ispirate al modello della Venere pudica.
Rossella Cavallo