Tra tutti i doni elargiti da madre natura la bellezza è uno tra i più rari e per questo ricercati.
Per quanto questo non sia un fattore oggettivo, molto spesso ci si trova disarmati davanti a volti graziosi, corpi sensuali e naturalmente equilibrati da un carattere misterioso ed affascinante come nel caso della splendida e timida Malèna.
Malèna: quando il caldo ardore della bellezza fa bruciare di rabbia
Malèna è un film del 2000 per la regia di Giuseppe Tornatore, nominato agli Oscar per miglior fotografia e migliore colonna sonora (a cura di Ennio Morricone) e vincitore nel 2001 del David di Donatello proprio per la fotografia di Lajos Koltai e nello stesso anno vincitore del Nastro d’argento per la miglior colonna sonora.
L’intera vicenda è ambientata negli anni della seconda guerra mondiale a Castelcutò in un paesino immaginario nel cuore della Sicilia.
Fisicamente i luoghi dell’ambientazione oscillano tra Siracusa e l’agrigentino dove luogo principalmente da ricordare è la Scala dei turchi, una parete rocciosa di singolare fascino e bellezza.
E proprio a tal proposito quando si parla di fascino e bellezza non può che tornare in mente la sinuosa linea del corpo di Malèna interpretata da Monica Bellucci.
Mai nessun’attrice fu tagliata meglio per un simile ruolo: bella, bellissima se non divina ma fortunatamente per tre quarti della proiezione silenziosa.
Ma è proprio così ad essere concepito il personaggio di Malèna, Maddalena Scordia, figlia del vecchio professore di latino del paese, moglie sola di un soldato partito per il fronte e vittima di continue calunnie.
Innanzitutto non è una donna come le altre nelle apparenze, non veste di nero e non indossa scarpe basse ma è comunque una figlia devota ed una moglie fedele.
La sua giovane età e la lontananza dal marito spingono tutte le male lingue del paese ad accrescere un appiccicoso chiacchiericcio che molto ricorda il parlottare continuo degli abitanti di Aci Trezza.
Proprio come nei Malavoglia opera dello strepitoso Verga, i paesani fungono da serpi velenose sempre pronte ad esprimere le proprie opinioni intrise di giudizio e critica infamatoria solo che in questo caso non c’è ideale dell’ostrica che tenga.
Infatti non manca ad ogni angolo del paese la Zuppidda di turno pronta a criticare e a ciarlare.
Il film non solo regala parecchi spunti interessanti, però poco sviluppati, cronologicamente parlando sembrano quasi degli input o comunque fenomeni di sfondo, ma racconta della piccola, circoscritta realtà di paese che ora come all’epoca resta chiusa nell’ignoranza , nella tradizione concepita in maniera malsana e nella bieca e bigotta convinzione che esistano topos prestabiliti da rispettare, come se si vivesse in una grande commedia, come se il proprio paese fosse il teatro e paesani le maschere.
Come se la donna giovane e sola dovesse essere per forza mantenuta da un amante, lo scapolo per forza un uomo pieno di difetti che nessuno vuole come marito o la vecchia zitella acida ed incartapecorita.
L’autore affronta anche il tema della gioventù e del suo approccio alla corporeità e alla sessualità, spesso volgare e superficiale, piena di fantasie e racconti farlocchi.
D’altro canto però, quasi in opposizione a questo tipo di concezione c’è Renato, giovane studente, novizio rispetto alla sessualità ma profondamente ed innocentemente innamorato di Malèna, del suo corpo meraviglioso e pronto a difenderla da qualsiasi ingiuria e diffamazione ed infatti passa le giornate spiandola e cercando di scriverle qualche riga sul suo amore infantile ma mai dimenticato.
E’ un racconto di pura e contemporanea realtà, non vi è esagerazione o reinterpretazione, è la trasposizione cinematografica di un pezzo di vita.
Anche nelle scene più cruente e terribili non si eccede o comunque non si scade nella totale invenzione: Malèna non è la prima donna che a causa delle vicissitudini si trova costretta a vendere il proprio corpo e non è la prima ad essere pubblicamente offesa e malmenata.
L’aspetto curioso e purtroppo veritiero risiede in uno degli ultimi passaggi della pellicola: Dopo essere stata malmenata (come sopra detto) da gran parte delle donne del paese ed essere stata costretta a fuggire a Messina, Malèna ritorna a Castelcutò in compagnia del marito mai defunto ma solo mutilato e verrà accettata dai suoi compaesani, ormai lievemente appesantita, discretamente vestita, come sfiorita la sua bellezza, sarà accettata come signora e la sua vita precedente dimenticata, per tutti, tutti tranne Renato.
Corinne Cocca