Troppe volte il Medioevo è stato definito un secolo buio e rozzo, in realtà esso brilla per costruzioni e per incantevoli manufatti di scultura paragonabile alla complessa arte dell’oreficeria. Vengono creati oggetti preziosi di grande splendore detti barbarici. Un caso spettacolare per raffinatezza tecnica è l’ altare di Sant’Ambrogio firmato da Vuolvino a Milano. È uno dei più antichi esempi di artista italiano che dopo l’età classica abbia lasciato la propria firma su un’opera.
Chi è Vuolvino? Vuolvino (o Vuolvìnio o Wolvino), uno dei più famosi orafi dell’XI secolo fu anche monaco e scultore ed è conosciuto soprattutto per l’avvitivà da lui svolta a Milano.
Nonostante la fama raggiunta da questo artista, oggi gli studiosi sono ancora in dubbio per quanto riguarda la sua provenienza. Vuolvino appartiene a quella corrente colta che si sviluppa nell’ambiente di Carlo Magno e della rinascenza carolingia che prosegue anche quando al vertice del potere è la dinastia degli Ottoni.
È artista misurato e raffinato che suddivide equilibratamente le fronti dell’altare in tre quadrati, scegliendo una forma geometrica semplice ed essenziale. L’altare di Sant’Ambrogio viene commissionato dal vescovo Angilberto II nel 835, ed è decorato nelle quattro facce con lamine d’oro e d’argento dorato sbalzate a intaglio e a incastro. Le fasce sono tempestate da gemme e smalti.
Altare di Sant’Ambrogio: descrizione dell’opera
Nella parte anteriore, in lamina d’oro, sono rappresentate ai lati le scene della vita di Cristo e, al centro, la Croce con il Redentore, gli evangelisti e gli apostoli. Sui due lati in lamine d’argento dorato, sono raffigurati angeli, santi e croci. Nella parte posteriore, ugualmente in lamine d’argento dorate, sono narrate Scena di vita di Sant’Ambrogio e, al centro, in quattro tondi, due Arcangeli, Sant’Ambrogio che incorona Vuolvino e Angilberto che presenta al Santo il modello della chiesa. Nel penultimo tondo l’artista si firma: VUOLVINIS MAGISTER PHABER che probabilmente non lavorò completamente da solo.
Vuolvino fu sicuramente un artista colto e la sua cultura si conferma nei singoli rilievi. Non descrive oggettivamente i fatti, obbedendo alle leggi della prospettiva intuitivamente sentita, ma rendendone il significato. I luoghi sono evocati sommariamente ma in modo efficace. La luce tocca tutte le superfici lisce dell’altare di Sant’Ambrogio e rimbalza sulle sporgenze, determinando una ricchezza di toni che crea l’illusione dello spazio. Pur nel movimento il rilievo è morbido e la composizione è fluida.
Serena Raimondi