Maria e la poesia mariana del ‘900 italiano

MariaQuello della Vergine Maria è un culto fondamentale della fede cattolica e la figura della Madonna ha ispirato poeti d’ogni epoca e luogo che ci hanno consegnato una lunghissima tradizione della poesia mariana. L’Italia è senza dubbio tra i paesi più devoti; la tradizione letteraria pullula di testi di ispirazione religiosa e non mancano certo riferimenti alla madre di Dio.

Già Dante Alighieri, a più riprese, canta la madonna, nella Divina Commedia come in altre opere, come simbolo o metro di paragone per una purezza infinita e un’umiltà inimitabile. È famoso il passo del XXXIII canto del Paradiso in cui San Bernardo di Chiaravalle supplica la Madonna affinché conceda a Dante di proseguire oltre a contemplare la Trinità:

“Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.”

Qui le varie antitesi (Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta) sottolineano come gli elementi divini travalichino la comprensione umana e allo stesso tempo rendano la Vergine una creatura armoniosa, commistione di umano e divino. Ora vediamo solo alcuni dei poeti italiani del Novecento che si sono espressi attraverso una figura piena di significati come la Madonna.

Maria nella poesia del ‘900

MariaIl viaggio poetico della Vergine Maria continua ancora nel corso del ‘900, già nel primo decennio con Giovanni Pascoli che, nella poesia “Ceppo” della celebre raccolta Myricae, si ispira a un’antica leggenda toscana: Gesù Bambino è appena nato e la Madonna, che non sa come scaldarlo, passa di casa in casa in cerca di un po’ di fuoco, finché non trova una madre più angosciata di lei perché sta per morire lasciando il suo bimbo solo. Affiora anche il ricordo della morte della madre di Pascoli che anche qui fa confluire gli elementi nel mito decadente del “nido”.

“È mezzanotte. Nevica. Alla pieve
suonano a doppio; suonano l’entrata.
Va la Madonna bianca tra la neve:
spinge una porta; l’apre: era accostata.

Entra nella capanna: la cucina
e piena d’un sentor di medicina.
Un bricco al fuoco s’ode borbottare:
piccolo il ceppo brucia al focolare.

Un gran silenzio. Sono a messa? Bene.
Gesu trema; Maria si accosta al fuoco.
Ma ecco un suono, un rantolo che viene
di su, sempre più fievole e più roco.
Il bricco versa e sfrigge: la campana,
col vento, or s’avvicina, or s’allontana.
La Madonna, con una mano al cuore,
geme: Una mamma, figlio mio, che muore!

E piano piano, col suo bimbo fiso
nel ceppo, torna all’uscio, apre, s’avvia.
Il ceppo sbracia e crepita improvviso,
il bricco versa e sfrigola via via:
quel rantolo… è finito. O Maria stanca!
bianca tu passi tra la neve bianca.
Suona d’intorno il doppio dell’entrata:
voce velata, malata, sognata.”

MariaLa Madonna, il cui nome diviene preghiera, è riproposta ancora da Pascoli nella lirica “In viaggio” contenuta nella raccolta Canti di Castelvecchio”. La Madonna incarna il topos di stella per i naviganti, anche se chi viaggia qui è in treno, oltre che di madre. Il viaggiatore inevitabilmente si allontana dalla madre. La Vergine diviene ritornello dove “Ave Maria” è il refrain che chiudendo ogni strofa fa compagnia al viaggiatore ed è appiglio per chi si allontana dal “nido”.

“Si ferma, e già fischia, ed insieme,
tra il ferreo strepito del treno,
si sente una squilla che geme,
là da un paesello sereno,
paesello lungo la via:
Ave Maria…
Un poco, tra l’ansia crescente
della nera vaporiera,
l’addio della sera si sente
seguire come una preghiera,
seguire il treno che s’avvia:
Ave Maria…
E, come se voglia e non voglia,
il treno nel partir vacilla:
quel suono ci chiama alla soglia
e alla lampada che brilla,
nella casa, ch’è una badia:
Ave Maria…
(…)
Si chiude, la casa; e s’appanna
d’un tratto il vocerìo che c’è;
si chiude, ristringe, accapanna,
per parlare tra sé e sé;
e saluta la compagnia…
Ave Maria…
(…)
Il treno già vola e ci porta
sbuffando l’alito di fuoco;
e ancora nell’aria più smorta
ci giunge quell’addio più fioco,
dal paese che fugge via:
Ave Maria…
(…)
Con l’uomo che va nella notte,
tra gli aspri urli, i lunghi racconti
del treno che corre per grotte
di monti, sopra lenti ponti,
vien nell’ombrìa la voce pia:
Ave Maria…”

Nell’opera di Mario Luzi, figura esemplare dell’ermetismo fiorentino, è centrale il tema spirituale e l’interrogarsi dell’uomo nella storia, accanto alla metamorfosi come trasformazione di materia e spirito. Dello scrittore cattolico fa al nostro caso la poesia “Annunciazione” tratta dalla raccolta lirica La Barca(1935), componimento ricco di immagini e suggestione ermetica in cui il poeta vede presente in una figura il senso nascosto dell’annuncio.

“La mano al suo tepore abbandonata,

nelle lacrime spenti i desideri,

forse è questo una donna: un tempo esangue,

nell’ombra la bontà opaca d ieri:

 

tra le voci dirotte dell’infanzia

nei giardini cui fu tetra la vampa

i venti sterminati s’effigiavano

nelle mani con una luce rancia;

 

le nuvole alternavano la sorte

dai cristalli alle vergini funeste,

nei paesi l’angoscia delle porte

sotto la bianca scia delle tempeste.

 

Poi fu il tempo che il tuo volto sorrise

Lieve sui luminosi erebi d’ansia,

altrimenti sulle deserte ghise

ora il cielo fingeva le sue ruote.

 

Poi di luna un inane fianco rosa

Tese al vento gremito del tuo nome

La sua caducità bianca di chiome,

quella povera luce che ci opprime.”

Maria
“L’Annunciazione” di Leonardo da Vinci

Dopo momenti tetri e angoscianti, con il volto sorridente il poeta vuole indicare qual è l’importanza della Madonna per l’umanità, il sorriso che allevia l’inferno dell’uomo contemporaneo, cioè l’ansia, le deserte ghise, il mondo metallico, innaturale e inospitale.

Pier Paolo Pasolini non era un credente ma era tutt’altro che privo di spiritualità: ai tanti momenti di avversione nei confronti della religione, specie per via della sua omosessualità, alterna una sorta di nostalgia per quell’universo estatico che la religione porta in sé. Nella raccolta pubblicata nel 1958 L’usignolo della chiesa cattolica, la poesia “Annunciazione” rivive l’evento all’incontrario: la Madonna anziana è interrogata dai figli nati dopo Gesù, che riempiendola di domande, vogliono sapere che cos’è essere madre di Dio, cosa ha vissuto, gioito o sofferto. Al dialogo partecipa anche l’arcangelo Gabriele

 

“I figli:
Madre, cos’hai
sotto il tuo occhio?
Cosa nascondi
nel riso stanco?
Domeniche antiche,
fresche di cielo,
antichi maggi
rossi negli occhi
delle tue amiche,
antichi incensi…
Ora, al tuo letto,
tremiamo per te,
madre, fanciulla,
per le domeniche,
gli incensi, i maggi.
Tu eri tanto
bella e innocente…
Madre… chi eri
quand’eri giovane?
E Lui, chi era?
Madre, che muoia…
Ah, sia fanciulla
sempre la vita
nella severa
tua vita fanciulla…

L’ angelo:
Non senti i figli?
O lodoletta
canta in un’alba
di eterno amore…

Maria:
Angelo, il grembo
sarà candore.
Pei figli vergini
io sarò vergine.

Tante domande e punti sospensivi, tanta incertezza e uno stupore che si fa strada, ostinato, tra ideologie, vizio, solitudine ed orgoglio. I figli rappresentano l’umanità intera in questo dialogo a cui partecipa anche l’arcangelo: una forte tensione religiosa è espressa da Pasolini che pur non essendo credente resta rispettoso davanti al mistero della verginità della Madonna. Non si tratta affatto di una conversione ma, come spesso accade quando si esprime la genialità, troviamo qui l’esaltazione dell’umano che accetta la ragionevolezza della presenza del divino o del non conoscibile.

MariaGli ultimi anni di Alda Merini sono definiti “fase mistica”. La vicenda della poetessa milanese è singolare non solo perché ci riferiamo a uno scritto pubblicato nel 2005 all’interno de Il poema della croce , ma soprattutto in quanto la poetessa durante la sua vita è stata allontanata dai figli per disturbi psichici e l’immagine della Madonna che presenta è quella di una madre che soffre, un topos che si accompagna alla nuova idea che la croce interrompe il contatto tenero tra madre e figlio perché Maria è, come dice Dante, figlia del Suo figlio, perciò Gesù l’abbraccia come padre in eterno.

“La Madre,
quella che come me
mangiò la terra del manicomio credendola pastura divina,
quella che si legò ai piedi del figlio
per essere trascinata con lui sulla croce e ne venne sciolta
perché continuasse a vivere nel suo dolore.
Potevano uccidere anche Maria,
ma Maria venne lasciata libera di vedere
la disfatta di tutto il suo grande pensiero.
Ed ecco che Dio dalla croce guarda la madre,
ed è la prima volta che così crocifisso
non la può stringere al cuore,
perché Maria spesso si rifugiava in quelle braccia possenti,
e lui la baciava sui capelli e la chiamava «giovane»
e la considerava ragazza.
Maria, figlia di Gesù
Maria non invecchiò mai,
rimase col tempo della croce
nei suoi lunghi capelli
che le coprivano il volto.
«lo credo, madre,
che qualsiasi senso del cuore
sia dentro il tuo sguardo.
(…)
Non ti ha mai levato di dosso quel mantello di luce,Maria
Maria,
con cui Dio ti ha coperta
per non far vedere
che le tue spalle tremavano d’amore.
Ma io, Maria, credo in te,
e credendo in te
credo in Lui.”

Alda Merini va oltre evocando non solo la gioia e il timore di fronte a Dio, ma vede il dolore e le lacrime che purificano l’umanità: con questo dolore e queste lacrime la Madonna è mediazione tra la poetessa e Dio e, ancora una volta, tra l’uomo e Dio.

Comunque venga rappresentata la Vergine Maria, risulta assai difficile farlo in maniera compiuta proprio per la mole di significati che assume e porta con sé: queste liriche sono molto significative della personalità degli autori; chiamando in causa la visione metafisica e religiosa dello scrittore, nonché il suo rapporto col divino,  la poesia diviene strumento di conoscenza e auto-conoscenza.

Maurizio Marchese

Bibliografia:

Giovanni Pascoli, Myricae, introduzione di Pier Vincenzo Mengaldo, Note di Franco Melotti, BUR Rizzoli.

Sitografia:

http://www.la-poesia.it/poesie-del-800/giovanni-pascoli-in-viaggio-626-1.html

https://www.academia.edu/1749139/Poesia_mariana_confronto_fra_Dante_e_Pierpaolo_Pasolini

http://digilander.libero.it/mariaoggi/letteratura.htm