Pisa, repubblica marinara insieme ad Amalfi, a Genova, a Venezia, nel medioevo venne a contatto con le più grandi potenze commerciali e il suo prestigio si estese a macchia d’olio fino alle Puglie e in Sardegna. Il centro degli interessi delle repubbliche marinare era l’Oriente pullulante di ricchezza e della varietas culturale ed etnica. L’opera più celebre di Pisa è la Cattedrale, a cui lavorarono Buscheto e Rainaldo.
Buscheto e Rainaldo: il progetto e le trasformazioni
Il progetto della Cattedrale prese vita nel 1063 e fu consacrata nel 1118 da Gelasio II e intitolata a Santa Maria Maggiore, ma successivamente fu allungata nella parte anteriore e conclusa con la facciata dall’architetto Rainaldo che aggiunse tre campate per equilibrare la costruzione e arricchirla con il battistero. Questa straordinaria architettura nacque per celebrare un trionfo bellico navale: la vittoria di Pisa a Palermo contro gli infedeli arabi. Dalla lapide murata nella facciata i posteri sono a conoscenza che l’idea della chiesa madre fu di Buscheto. L’esterno della chiesa è percorso da archi ciechi che suddividono le superfici con elementi di origine tardo-romana e ravennate. Le partizioni dell’esterno non sono un motivo decorativo sic et simpliciter ma rivelano gli elementi interni della chiesa: matronei, lesene e ovviamente le navate laterali.
L’edificio che in origine era a croce greca con all’incrocio dei bracci una grossa cupola, oggi è a croce latina immissa a cinque navate con abside e transetto a tre navate, all’interno suggerisce un effetto spaziale simile a quello delle grandi moschee islamiche. Le prospettive interne sono molto complesse dal momento che le colonne delle cinque navate longitudinali e del transetto determinano nuovi rapporti reciproci. La novità sta nel fatto che Buscheto e Rainaldo hanno temperamento e personalità non uguale ma come sempre la necessità si tramuta in virtù al fine di evitare urti stilistici tra la precedente e posteriore costruzione. Alla luminosità degli esterni, Buscheto contrappone la spazialità solenne dell’interno che ha la fermezza e la vastità delle basiliche romaniche grazie alle grandi colonne di granito elbano che permettono il rallentamento dell’occhio dello spettatore tra le arcate. Il connubio tra il pensiero di Buscheto e Rainaldo è preciso e perfetto. L’architettura pisana visse e vive ancora nella concretezza dei volumi e degli spazi in cui la forma geometria non è solo un’idea astratta ma esiste davvero e la luce calda all’esterno e quella soffusa dell’interno creano un movimento eterno.
Serena Raimondi