In natura ognuno deve saper badare a se stesso. Nella “struggle for life” gli organismi competono per sopravvivere e riuscire a riprodursi, portando avanti il proprio patrimonio genico, attraverso le generazioni successive. Tuttavia, ostacolare gli altri individui all’interno di un ecosistema non sempre risulta essere vantaggioso: talvolta la chiave per il successo nel proprio ambiente è proprio quella di interagire con le altre specie, come avviene nel fenomeno della simbiosi.
Simbiosi: collaborare per vincere
Il termini simbiosi deriva dal greco (σύν “insieme”, βιόω “vivere”) e sta ad indicare una stretta interazione, nella quale diversi organismi collaborano tra loro, traendone vantaggio più o meno reciproco.
Praticamente tutti i taxa comprendono specie simbiotiche. La simbiosi può avvenire seguendo due schemi fondamentali. Nelle associazioni facoltative gli individui coinvolti possono stabilire un rapporto più o meno intimo, traendo vantaggio nel mettere insieme le risorse, ma non necessariamente sono costretti a farlo, potendo comunque sopravvivere come forme libere.
Altri organismi sono costretti a vivere in simbiosi, in associazioni cosiddette obbligatorie: l’individuo deve entrare in rapporto simbiotico con un altro, se vuole sperare di sopravvivere. Queste specie erano sicuramente a vita libera, ma in seguito, nel corso della loro storia evolutiva, hanno perso la capacità di vivere da soli. Inizialmente hanno formato associazioni facoltative, ma poi hanno finito per dipendere sempre di più dalla simbiosi stessa, fino a non poterne più fare a meno.
Gli organismi in associazioni si influenzano seguendo due possibili modalità: nel mutualismo entrambi i partner ricavano beneficio (non sempre in egual misura) dalla simbiosi; nel commensalismo è solo uno degli individui a trarre vantaggio, mentre l’altro non risulta né favorito né danneggiato.
Simbiosi: una strategia ricorrente
Le simbiosi sono estremamente diffuse in natura, soprattutto nel regno animale, cosicché numerosi sono gli esempi che si possono osservare in qualunque ecosistema.
Un esempio di mutualismo facoltativo è il rapporto che può stabilirsi tra rinoceronti ed uccelli guardiani: questi mangiano i parassiti presenti sulla spessa cute dei quadrupedi, ricavando nutrimento, e forniscono un avvertimento per quest’ultimi, quando in presenza di predatori, volano via.
Le simbiosi possono richiedere anche un contatto fisico più profondo, come quella che si stabilisce tra attinia, uno cnidario antozoo, e paguro. Il polipo utilizza la strategia di fissarsi su conchiglie di gasteropodi vuote, le stesse che poi i piccoli crostacei in questione sfruttano come fonte di riparo e protezione. Il primo, praticamente sessile, ricava cibo e possibilità di spostarsi su distanze molto maggiori di come potrebbe fare da solo; il secondo potenzia le proprie capacità difensive e mimetiche.
Alcune associazioni richiedono il massimo livello di intimità: certi simbionti vivono addirittura all’interno del proprio ospite, come i protozoi che abitano il tubo digerente delle termiti, consentendo loro di ricavare nutrimento dal legno, una preziosa possibilità, visto che questa risorsa alimentare è inaccessibile per la stragrande maggioranza degli animali.
Molte simbiosi mutualistiche simili sono probabilmente derivate da rapporti di parassitismo, dove la coevoluzione delle specie e dell’associazione stessa ha portato a limitare sempre di più il danno arrecato dal parassita, per il quale è vantaggioso che l’ospite viva il più a lungo possibile.
Anche l’uomo ha “stipulato accordi” con altre specie per coesistere in maniera più vantaggiosa. Simbionti dell’essere umano sono infatti un gran numero di batteri, che risiedono nel tratto digerente traggono nutrimento dalle sostanze non assimilate. Il nostro vantaggio consiste nella digestione supplementare, e molte delle vitamine che assorbiamo sono proprio materiali liberati dai batteri intestinali.
Lorenzo Di Meglio
Bibliografia
Paul B. Weisz – Zoologia – Zanichelli
Sitografia