E.T.A. Hoffmann rappresenta uno degli autori tedeschi più importanti di quello che viene chiamato Spätromantik, ossia tardo romanticismo. Dalla critica di tutto il mondo è considerato un vero e proprio “maestro” delle due dimensioni del reale e del fantastico. Il racconto Il vaso d’oro, incluso nella raccolta Pezzi di fantasia, rappresenta il miglior esempio. Non solo per poter discutere del genio creativo di Hoffmann, ma anche del centrale dualismo fantastico/quotidianità.
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Hoffmann in viaggio tra follia e magia
La peculiarità dell’autore è la presenza all’interno delle sue raccolte di elementi che fanno sfociare la realtà nell’irrealtà in una maniera tale che né il lettore né i personaggi dei suoi racconti se ne rendano conto, provocando così la nascita di un sentimento unheimlich (perturbante).
Trama de Il vaso d’oro
Avventurandoci maggiormente nell’analisi de Il vaso d’oro, scopriamo il sottotitolo “una fiaba dei tempi recenti” che indica come il racconto sia collocato ai nostri giorni e non in un illo tempore qualsiasi.
Di cosa parla questa “fiaba dei tempi recenti”? Spiegare la trama di quest’opera non è semplice, poiché l’incessante passaggio dalla dimensione del reale a quella dell’irreale complica di molto una sua possibile illustrazione.
Ai fini della comprensione è importante sapere che questa storia vede come protagonista un giovane sfortunato di nome Anselmo. Egli, grazie all’aiuto dei suoi amici, riesce ad ottenere l’incarico di copista presso l’archivista Lindhorst, un personaggio assai eccentrico e avvolto da un’aura magica.
Si scoprirà poi che Lindhorst è in realtà il re delle salamandre ad Atlantide, da dove fu cacciato perché, in un eccesso d’ira, distrusse il giardino del suo principe. Egli potrà fare ritorno in “patria” solo dopo aver dato in sposa le sue tre figlie dalla forma di serpi. Anselmo si innamora della figlia più giovane di Lindhorst ma il suo affetto sarà ostacolato da presenze minacciose, come quella di una strega, e da Veronica, figlia del vicepreside Paulmann.
Alla fine, dopo varie vicissitudini, Anselmo riuscirà a coronare il suo sogno d’amore con la figlia di Lindhorst, Serpentina, e avrà accesso ad Atlantide. Questo lieto fine potrebbe accontentare tutti i lettori, specialmente se ci si ferma ad una lettura superficiale. In realtà, questo finale lascia senza risposta molte domande, a partire dall’autenticità di Atlantide. La nuova vita di Anselmo è da considerare realtà oppure si tratta di un sogno, di pura fantasia?
Anselmo, un protagonista “loser”
Partiamo con la nostra indagine dalla figura del protagonista, un giovane uomo che, sin dall’inizio del racconto, ci appare molto sfortunato. Ma non sembra che questo suo particolare attributo sia casuale, bensì rientrerebbe in una condizione più generale, necessaria per poter sposare una delle figlie di Lindhorst.
Come ci spiega Serpentina, è opportuno che il futuro sposo possegga ciò che: “È detto oggi animo puerile e poetico e lo si trova in giovani che, per la grande semplicità dei loro costumi e perché manca loro del tutto la così detta pratica del mondo, sono oggetto di ironia da parte della plebe”. Da queste parole emerge come il poeta venga considerato colui che possiede un animo molto vicino a quello del fanciullo e che fa sogni ad occhi aperti. Tutto ciò non sembra essere tuttavia un apprezzamento.
In secondo luogo, Anselmo, come ogni romantico che si rispetti, prova Sehnsucht. Quest’ultimo aspetto è molto importante; infatti, il sentire Sehnsucht da parte di Anselmo non si configura soltanto come l’incessante desiderio, la brama e l’anelito verso qualcosa, ma anche come la condizione di un uomo che avverte di non possedere i “requisiti” giusti per far parte della comunità.
Più che all’amore per Serpentina, sembra che Anselmo aneli alla possibilità di una vita diversa. In effetti, come si può osservare nel procedere della narrazione, più Anselmo si distacca dalla realtà e si avvicina ad Atlantide, più egli si sente felice e soddisfatto. Nella lettura di questo racconto appare lecito domandarsi se allontanarsi in maniera assoluta dalla realtà sia un bene oppure un male.
Ebbene, è difficile trovare una risposta a questa domanda. Certamente, l’intento di Hoffmann è quello di far notare come, per quanto si debba dedicare la propria vita all’arte, allontanarsi totalmente dal mondo reale non sia un bene. Ciò che è importante da ricordare è che, durante la nostra esistenza, noi abbiamo la possibilità di creare un passaggio tra realtà e magia, senza sacrificare obbligatoriamente una delle due dimensioni.
Pia Lombardi
Bibliografia
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann – Il vaso d’oro – Garzanti