Com’è nato il culto dei santi? Si tratta davvero di un’invenzione paganeggiante successiva, in contrasto col Cristianesimo delle origini?
Ancora oggi molti pensano al culto dei santi come ad un elemento estraneo al Cristianesimo primitivo, un tardivo innesto apportato successivamente dalla religiosità popolare, ancora troppo influenzata dalle antiche credenze pagane. In altre parole, una sovrastruttura paganeggiante che il “puro” Cristianesimo dei primi secoli avrebbe dovuto subire con rassegnazione.
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Una revisione storiografica
A lungo anche la storiografia si è appiattita su questo schema, che si è imposto anche nel senso comune come qualcosa di evidente e indiscutibile. Negli ultimi tempi, però, studi più approfonditi e sereni stanno mettendo in luce una realtà sorprendentemente diversa. Ne è un esempio Il culto dei santi di Peter Brown (Einaudi, 2002), illustre studioso britannico che da tempo studia questo argomento.
Il culto dei santi e lo sgretolamento delle antiche barriere
Nel primo capitolo, Brown mette in evidenza come la diffusione del Cristianesimo abbia causato un abbattimento epocale di barriere psicologiche e topografiche della città romana. L’antichità classica, infatti, aveva sempre mantenuto uno stabile confine fra i morti e la città dei vivi. Questo confine fu infranto dal Cristianesimo proprio col nascente culto dei santi che «ebbe luogo nei grandi cimiteri, oltre le mura», ma ben presto «le ossa dei morti […] furono collocate in aree da cui prima i morti erano esclusi» (p. 12). Fu così che quell’antico confine
finì per essere infranto dall’ingresso delle reliquie e delle loro custodie entro le mura di molte città tardoantiche e dall’ammassarsi di «tombe comuni» attorno ad esse. […] Il culto dei santi nella tarda antichità comportò il crollo di antiche barriere e talvolta un’inversione di tendenze che sembrò segnare la fine di un modo di vedere la relazione fra i morti e l’universo e, come immediata conseguenza, uno spostamento delle barriere con cui gli uomini mediterranei avevano cercato di delimitare la funzione dei morti, specialmente di quei morti (p. 13).
Quindi, una delle più radicali e al contempo più visibili (e talvolta traumatiche) rivoluzioni apportate dal Cristianesimo fu proprio la ridefinizione delle relazioni fra umano e divino, per mezzo del nuovo rapporto istauratosi col mondo dei morti. Un fenomeno evidente ovunque si sia diffusa la nuova religione, tanto che Brown scrive che «dovunque, insomma, il cristianesimo tardoantico era un insieme di santuari e di reliquie» (p. 20).
Il culto dei santi come riproposizione di quello degli eroi?
A questo punto l’autore si interroga sulla vecchia tesi che vorrebbe il culto dei santi come un adattamento cristianizzato del culto degli eroi. Con quest’ultimo si intende l’abituale tendenza antica di idealizzare i morti eccezionali (come eroi ed imperatori), offrendo talvolta forme di venerazione. Ebbene, alla luce dei nuovi studi, il collegamento tra culto dei santi e culto degli eroi si mostra sempre più fragile. Infatti, nonostante alcune analogie, le due forme cultuali presentano fondamentali differenze di contenuto.
Prima fra tutte, il fatto che «il martire era l’”amico di Dio”; era un intercessore come l’eroe non aveva mai potuto essere» (p. 14). Infatti l’eroe pagano era stato comunque contaminato dalla morte umana e in quanto tale non godeva certo dell’intimità col divino. Invece i martiri «proprio perché morivano come esseri umani, gioivano di una stretta intimità con Dio» (p. 14). Quindi essi si inserivano in una struttura completamente diversa, per questo Brown scrive che
Spiegare il culto cristiano dei martiri come una continuazione del culto pagano degli eroi aiuta tanto poco quanto voler ricostruire forma e funzione di una basilica cristiana tarodantica partendo da quelle poche colonne e capitelli presi da costruzioni classiche che si trovano talvolta incorporati nelle sue arcate (p. 14).
Un argomento di polemica tra cristiani e pagani
A dimostrazione della diversità fondamentale fra culto dei santi e culto degli eroi, c’è l’astio – talvolta vero e proprio orrore religioso – che provavano i pagani di fronte a fenomeni come quelli delle processioni con reliquie. Il culto dei santi era uno degli argomenti di polemica anticristiana, anche Giuliano l’Apostata accusava i cristiani di aver sinistramente riempito il mondo di tombe e di sepolcri. Analogamente, sono ormai decaduti i spregiudicati collegamenti fra santi e dei antichi. Come evidenziato anche dallo storico Cyril Mango:
Un tempo andava di moda affermare che il paganesimo venne assorbito dalla religione cristiana e che le divinità antiche riemersero nelle vesti dei santi, che Helios venne tramutato in sant’Elia (il profeta), che Demetra divenne san Demetrio, Bacco san Ticone e via dicendo. Collegamenti così semplicistici al giorno d’oggi non ci convincono più, ma è difficile negare che la frettolosa conversione di ampie fasce della popolazione non poteva cambiare tutt’a un tratto radicate consuetudini e convinzioni (La civiltà bizantina, Laterza, 2009, pp. 133-134).
Ettore Barra