Le ultime puntate della seconda stagione della serie TV Outlander sono state incentrate sulla famosa battaglia di Culloden (o Chùil Lodair in gaelico), combattuta il 16 aprile 1746 nelle Highlands scozzesi, presso Inverness, e decisiva per le sorti della Scozia.
Ciò che vediamo in Outlander
Nel telefilm tratto dai libri di Diana Gabaldon, Claire (Caitriona Balfe), che ha viaggiato fino al XVIII secolo dai primi del ‘900 e conosce bene la storia scozzese, tenta in ogni modo e fino all’ultimo di impedire che la battaglia abbia luogo, inutilmente. Quando tutto è ormai perduto, è costretta ad abbandonare l’amato Jamie e a riattraversare il cerchio di pietre di Craigh Na Dun per salvare la figlia che porta in grembo tornando nel futuro da cui proviene.
Nei flashforward ambientati negli anni ’60, parallelamente, vediamo la protagonista che, tornata in Scozia con la figlia ormai grande, inizia a fare ricerche sulla fine delle persone a lei care ben due secoli prima e, soprattutto, torna sulla pianura di Culloden per far visita alla pietra commemorativa su cui è inciso in nome del Clan Fraser, quello a cui apparteneva il marito, e che ricorda i caduti di quel clan.
La battaglia che spazzò via la cultura scozzese
La pianura di Culloden, infatti, è costellata da queste pietre commemorative che ricordano i tanti clan di Highlanders caduti coraggiosamente, difendendo l’indipendenza della Scozia dalla corona inglese sotto la guida del legittimo erede al trono scozzese, il principe Charles Edward Stuart, detto anche “Bonnie Prince Charlie”. Questo, nel telefilm, viene presentato come uno sciocco damerino che non conosce né il suo popolo né l’arte della guerra ma che segue ciecamente quello che crede essere il volere di Dio e che è stato poi innalzato immeritatamente a eroe nazionale.
Preceduta da alcune vittorie che avevano dato speranza ai sostenitori degli Stuart, come vediamo in Outlander, la disastrosa battaglia di Culloden fu però anche conseguenza di scelte strategiche sbagliate, del disaccordo tra i comandanti delle forze scozzesi, delle pessime condizioni in cui versava l’esercito scozzese, stremato da freddo e fame, e dell’uso di armi ormai sorpassate. Mentre gli inglesi erano armati di baionette e potenti armi da fuoco, infatti, gli scozzesi impugnavano ancora spade e scudi e contavano più che altro sul proprio coraggio e sulla propria ferocia.
Il risultato di questi fattori negativi fu un massacro, dal quale la Scozia uscì vinta e umiliata.
I soldati feriti, considerati traditori, vennero sterminati, tanto che il Duca di Cumberland, a capo delle forse inglesi, ottenne il soprannome di “Billy il macellaio”.
Solo Charles Stuart si salvò. Travestito da donna, fuggì in Francia e da lì in Italia, dove era cresciuto e dove trascorse il resto della sua vita tra alcol e depressione.
Non solo l’indipendenza venne perduta definitivamente, ma le stesse tradizioni delle Highlands vennero distrutte poiché, negli anni seguenti, il governo inglese avviò un vero e proprio tentativo di totale repressione e sottomissione della cultura scozzese.
L’intenzione era di spazzare via l’orgoglio di questo popolo, smantellando il sistema dei Clan ed eliminando i loro simboli. Vennero così banditi i kilt e altri capi di abbigliamento tipidi, i tartan che distinguevano ciascun clan, le cornamuse, così importanti per balli tipici e musica da battaglia (come nel video di seguito), e perfino l’uso della lingua gaelica.
I Clan, che per secoli erano stati formati da famiglie con antenati in comune che si riunivano intorno a un Laird, vennero sciolti e privati delle loro proprietà.
Infine, si attuarono le cosiddete Highland Clearances, un’espulsione forzata di persone dai terreni agricoli, che vennero adibiti a terreni per l’allevamento, che durò per oltre cento anni e che causò una massiccia emigrazione in America e lo spostamento dalle Highlands verso le Lowlands, i territori sulla costa.
La terza stagione di Outlander, prevista per il 2017, ci offrirà quindi un’immagine di questo popolo ferito dopo una delle più grandi sconfitte della propria storia. L’attenzione ai dettagli e l’attendibilità storica che caratterizzano sia i libri che la serie TV, infatti, permetterà a un vasto pubblico internazionale di scoprire una delle tante atrocità della storia che troppo spesso non trovano voce nei libri scolastici.
Chiara Martino