Solitamente quando si vuole raccontare un artista, scultore, pittore o qualunque altra cosa esso sia, si comincia dal definire gli estremi cronologici. La questione per Nicola Pisano, però, è controversa. Questi è detto quasi sempre de Pisis, in due documenti redatti a Siena dallo stesso notaio redatto il giorno 11 maggio 1266, ma in uno solo si parla come de Apulia. Premesso che la parola Apulia nel Medioevo non si intendeva solo Puglia ma tutta l’Italia Meridionale si doveva dedurre che Nicola fosse nato al sud d’Italia e si fosse poi spostato a Pisa nel 1245, anno in cui nasce suo figlio Giovanni pisano, appunto. Qui Nicola ebbe modo di studiare opere greco-romane, i cui riflessi sono riscontrabili nelle sculture, in particolare il Pulpito del Battistero di Pisa.
Uno tra i capisaldi della scultura italiana, capolavoro in marmo di Nicola Pisano alto 4,65 metri, firmato e datato 1260; la costruzione fu probabilmente ispirata dall’arcivescovo Federico Visconti, che nei suoi Sermones descrive una domus Dei con corrispondenze alle fattezze del pulpito.
Nicola Pisano, il Pulpito del battistero di Pisa: descrizione
L’epigrafe del Pulpito del Battistero di Pisa ci tramanda data, nome ed elogio dell’autore ed è caratterizzato da una pianta esagonale su colonnette (alcune delle quali appoggiate a leoni stilofori), coronate con eleganti capitelli dalle foglie goticamente accartocciate e sostenenti archetti a pieno centro trilobi, isolato, invece che addossato a una parete secondo la tradizione toscana, per la sua concezione architettonica vicino alla vasca battesimale. L’effetto scenico è massimo. Le colonne sono in granito rosso, i pannelli marmorei narrano le scene della: Natività, Adorazione dei magi, Presentazione al Tempio, Crocifissione e Giudizio Universale.
Sopra i capitelli e nei pennacchi degli archi sono figure di profeti e virtù. Il leggio è sostenuto da un’aquila e sotto alcune colonne perimetrali ci sono gli imponenti leoni stilofori, non accasciati, ma in piedi: imponenti ed austeri. Sotto la colonna centrale sorge un plinto con figure virili ed animalesche. I rilievi sono estremamente patetici e Nicola non fu mero esecutore di un programma iconografico ma conferì ad esso una forte emotività, richiamando la concitazione dei sarcofagi ellenistici.
La Natività, ad esempio, è dominata dalla Madonna (proporzionalmente maggiore rispetto agli altri personaggi) semisdraiata su un gomito come i recumbenti dei sarcofagi etruschi, serena ed idealizzata come una statua antica.
In basso sono collocati Giuseppe, ispirato ad Ercole, e al centro le ancelle lavano il Bambino. Altre scene, distanti cronologicamente, sono unite alla Natività per il collegamento ideale: in alto, a sinistra, davanti ad un tempio con un timpano romano, l’angelo annuncia la volontà divina a Maria che pudicamente si ritira.
Tanti sono i rapporti con l’antico, molte scene ricordano quelle sacrificali romane: barba e capelli lavorati con il trapano come per i personaggi della Colonna Traiana. Il classicismo di Nicola Pisano si mescola con la cultura cristiana, nessuna rifiuta l’altra anzi: si fondono entrambi continuando parallelamente la ricerca verso la perfezione.
Serena Raimondi