Come nacque la Rivoluzione industriale? Perchè fu proprio la civiltà occidentale a realizzarla? Quale ruolo ebbero la fede e la filosofia?
Per molto tempo la storiografia si è interrogata sulle cause che portarono la Gran Bretagna ad essere il primo paese europeo a realizzare – a cavallo tra ‘700 e ‘800 – la Rivoluzione industriale. In realtà è importante, prima di tutto, chiedersi perché questa sia avvenuta in Europa e non in altre zone del mondo che spesso erano anche più grandi e più ricche di risorse, come la Cina e l’impero arabo.
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I benefici dell’industrializzazione
Spesso si tende a conferire maggiore importanza alle rivoluzioni politiche, trascurando invece quelle economiche e sociali. La Rivoluzione industriale ha invece un’importanza capitale per diversi motivi. Prima di tutto, ha permesso di migliorare la qualità e la speranza di vita.
In secondo piano, disincentiva la guerra che – bloccando l’accumulazione capitalistica – getta nello scompiglio i mercati, risolvendosi sempre in un gioco a somma negativa: tutti i contendenti ci vanno a perdere, compresi i vincitori. Inoltre, rende obsoleta la guerra per l’appropriazione di risorse, perché la rivoluzione industriale permette di produrre beni da altri beni, senza doverli sottrarre ad altri; e in quantità prima inimmaginabili.
Un nuovo punto di vista
Vera Zamagni, in Dalla Rivoluzione industriale all’integrazione europea (Il Mulino, 2000), ha messo in evidenza come il clima e le risorse abbiano un ruolo semplicemente “facilitante” nello sviluppo economico, mentre l’elemento chiave è la visione filosofico-religiosa di una civiltà:
La rivoluzione industriale, con cui ha avuto inizio la trasformazione economica e sociale del mondo, non poteva che nascere in quell’Europa dove si era affermata una concezione dell’uomo di origine cristiana che a un tempo ne esaltava la libertà, ma ne limitava il potere sugli altri uomini. È infatti solo questa concezione che dà campo libero all’estrinsecarsi della competizione, la molla del progresso…
I tre principi fondativi della Rivoluzione industriale
La persona umana come valore sacro ed inviolabile: con la conseguenza del progressivo abbandono dell’assolutismo e dello schiavismo, fino allo sviluppo della democrazia, della libertà di iniziativa e la difesa dei diritti della persona. In questo processo, il giusnaturalismo scolastico di epoca medievale fu una tappa essenziale.
L’esaltazione dello spirito come razionalità: è quello che Rodney Stark – in La vittoria della ragione – definisce la “straordinaria fede nella ragione” dell’Occidente cristiano, basata sulla convinzione di un cosmo ordinato razionalmente da Dio. Da qui, il grande sviluppo della filosofia naturale, della scienza, dell’istruzione.
La superiorità dell’uomo sulla natura: un concetto possibile solo in una cultura, come quella giudeo-cristiana, in possesso di una visione demagificata del mondo. Senza più guardare, per fare un esempio, agli astri e ai fenomeni naturali come a divinità misteriose. L’uomo occidentale non subisce la natura che lo circonda, ma se ne serve e la modifica, come sembra suggerito dal racconto biblico del Genesi.
Dal monaco alla fabbrica
Le origini della Rivoluzione industriale sono da ricercare in un passato lontano, è necessario fare infatti un salto indietro fino al tardoantico, ai primi secoli successivi alla caduta dell’Impero romano.
In un’Europa sconvolta da sconvolgimenti politici e sociali, l’influsso del Cristianesimo fu fondamentale nella nobilitazione del lavoro manuale, ormai diventato prerogativa degli schiavi. In questo conteso, il monachesimo operò la ricostruzione agraria di gran parte dell’Europa, tanto che secondo Henry Goodel “i monaci benedettini lungo un arco di 1500 anni salvarono l’agricoltura”. Per questo il grande storico Pirenne definiva i monaci degli “educatori economici”.
A questo si aggiunsero altre importanti innovazioni, come la nascita di un sistema economico non più basato sulla schiavitù e quindi un maggiore incentivo alla costruzione di macchine, come quelle per sfruttare l’energia idraulica.
Ettore Barra