Nella corsa alle vacanze turistiche non occorre andare troppo lontano per rimanere a bocca aperta. Il Cilento è una terra magica, dotata di una flora e una fauna da togliere il fiato. Fin dall’antica Grecia, a buon diritto, i cantori hanno raccontato la bellezza della terra che ispirò il mito senza tempo omerico delle sirene dal canto spietato. Su di un colle roccioso si erge San Severino di Centola, proprio nel territorio del Lambro e del Mingardo, nel basso Cilento. E come per ogni borgo le leggende, gli aneddoti incrementano la suggestione: infatti gli abitanti del luogo raccontano che Centola sia stata fondata nel VI secolo da cento profughi di Molpa, dipendente dalla colonia greca di Elea-Velia e che attraversò momenti di fasto grazie alla presenza dell’imperatore Massimiliano dopo la rinuncia all’impero.
La morfologia del territorio è complessa dal momento che il colle ha la parete nord-est che si affaccia a strapiombo dalla riva destra del fiume Mingardo (che solca la “Gola del Diavolo”) mentre dalla riva sinistra si erge il monte Bulgheria così chiamato per la presenza, in passato, dei mercenari bulgari guidati dal duca Altzek giunto in Italia con le sue truppe a Paestum e Policastro nel VII secolo. Il viaggiatore è colpito dallo spettacolare castello che conserva ancora i caratteri architettonici del borgo medievale, risalente al XIV secolo anche se la fondazione è ancora oggetto di aspre contese, e che fu probabilmente edificato da Guglielmo dei Mulsi.
Nei “registri angioini” ci sono molte notizie sul castello di San Severino, sui passaggi feudali e sugli eventi che si sono svolti nel borgo e nella fattispecie dai documenti si evince che Carlo I ordinò il ritorno in possesso della R. Curia i castelli di Macopa, Camerota e San Severino, tenuti già dal Guglielmo Gagliardo milite e il feudo di San Severino nel 1227 era stato ceduto da tale Tommaso Sanseverino alla Regia Curia ed in seguito nel 1254, per interessamento di Innocenzo IV, era stato restituito a Ruggiero, figlio di Tommaso; nonostante ciò Manfredi, tutore di Corradino, non accettò le direttive papali e dopo un aspro braccio di ferro nel 1258 donò il castello a Giordano de Aglano.
Della torre longobarda ci sono pervenuti solo pochi resti, con tracce di una piccola volta a botte, dalla quale attraverso un passaggio sottostante, raggiungibile solo attraverso scale mobili, si accedeva a un recinto murato quadrangolare con i lati lunghi quattro metri, da cui sicuramente si dipartivano i passaggi per accedere ai piani superiori. La torre di San Severino venne costruita sull’estremità del colle verso il monte Bulgheria e la Valle del Mingardo; l’altezza effettiva non è nota, ma era sicuramente tale da controllare tutte le vie di comunicazione sia verso l’interno che verso il mare.
Il borgo è davvero di unica bellezza…nel caos frenetico estivo basta alzare il capo verso il cielo per trovarsi di fronte ad uno spettacolo che sfida silenzioso i secoli .
Serena Raimondi