La riflessione inerente al realismo nell’arte è stata al centro dell’attività speculativa prima, dopo e durante il secolo breve. Gli intellettuali e i filosofi si sono soffermati perlopiù sull’impatto che le varie forme di realismo, inteso in senso lato come la volontà di cogliere e rappresentare il fatto in sé, hanno avuto nell’arte. L’arte infatti rimanda da sempre all’attività propria dell’uomo di creare e produrre. Per alcuni, presentare elementi reali nel contesto artistico significa connotare l’arte di una funzione che non le si addice e che, anzi, nega lo scopo autentico della sua esistenza. Per altri, la presenza della componente realistica nell’arte è indicativa, perché non ne tradisce il senso ma funziona da “sismografo” della società, laddove il sisma corrisponde alle variazioni e i problemi oggettivi che l’attraversano.
In questo articolo ci soffermeremo sul primo gruppo e in particolare su Wilde, Nietzsche e Adorno. Se in linea generale il realismo si concentra sull’esperienza quotidiana dell’uomo con le sue problematiche sociali, la critica al realismo si diversifica in varie forme a seconda dell’autore che la promuove. Infatti Wilde si scontra con il naturalismo letterario, Nietzsche critica il predominio della verità nell’arte e Adorno ne sostiene l’indipendenza rispetto al contesto da cui si origina.
Indice dell'articolo
La critica al realismo nell’arte e al naturalismo in Oscar Wilde
Wilde dimostra la sua ostilità nei confronti del realismo nell’arte schierandosi contro il naturalismo, movimento letterario che si propone di descrivere la realtà nel modo più oggettivo possibile e che trae spunto diretto dalla corrente di pensiero positivista.
Il disprezzo di Wilde è espresso chiaramente nel volumetto La decadenza del mentire, ove alla figura dell’artista che sente l’esigenza impellente di descrivere la realtà in ogni sua forma, Wilde contrappone e predilige quella dell’artista che trasfigura la realtà, perché attutisce la durezza della vita rendendola sopportabile. L’artista deve essere indipendente dalla morale, giacché se l’arte si attiene alla verità dei fatti non vi è più alcun valore aggiuntivo che possa trasmettere all’uomo. Viene meno così l’atto creativo che si origina dalla menzogna, dalla mancanza.
A fronte di ciò il realismo nell’arte, anziché invitare l’individuo alla riflessione sul presente, lo esorta piuttosto ad allontanarsene di più. Il soggetto, stretto nella morsa del reale, disperde l’ingegno e diventa incapace di immaginare e generare un mondo diverso. La sentenza di Wilde è categorica: il realismo uccide l’arte! Egli infatti scrive:
Tutta l’arte cattiva deriva da un ritorno alla Vita ed alla Natura, e da un tentativo di elevarle ad ideali.[…] Nel momento in cui l’arte rinuncia al proprio strumento immaginativo, rinuncia a tutto.
Infatti qualche riga dopo rinveniamo il suo motto più famoso secondo il quale la vita imita l’arte molto più di quanto l’arte non imiti la vita, giacché la vita consiste nell’esprimersi e solo l’arte può mostrarle come fare.
Nietzsche e il predominio del vero nell’arte
Seguendo la scia di Wilde anche Nietzsche si presenta, neanche troppo implicitamente, avverso al realismo nell’arte. Nella sua ottica è Socrate il primo vero nemico dell’arte, in particolare greca, poiché ha avviato quella degenerazione artistica che pretende di fare a meno tanto dell’istinto quanto della menzogna.
Nel dire di non sapere nulla, infatti, Socrate è stato l’iniziatore della ricerca della verità, oltre ad aver ritenuto che per essere bello qualcosa dovesse essere razionale. Nietzsche contrappone l’artista dotato di gusto creativo e di immaginazione all’uomo razionale prudente e previdente, incapace di cogliere lo splendore della finzione e dell’inganno artistico, perché completamente dedito alla conoscenza. Il realismo portatore di verità subentra alla saggezza istintiva.
Egli infatti scrive:
Mentre in tutti gli uomini produttivi l’istinto è proprio la forza creativa e affermativa, e la coscienza si comporta in maniera critica e dissuadente, in Socrate l’istinto si trasforma in un critico, la coscienza in una creatrice – una vera mostruosità per defectum!
È questo il momento in cui la distruttiva forza dionisiaca lascia spazio all’armonia apollinea e l’uomo dimentica che solo laddove vi è violenza e forza vi è anche creazione.
Adorno e la riproduzione della vita nell’arte
Una voce di spicco del ‘900 che manifesta una forte avversione per il realismo nell’arte è quella di Theodor Adorno. Attento esegeta della civiltà contemporanea, Adorno si sofferma sull’attuale condizione della musica moderna e del musicista. Quest’ultimo non è più uno spontaneo creatore che si reinventa ogni volta, ma opta per scelte stilistiche ormai obsolete, perché si preoccupa di essere compreso dall’ascoltatore. In questo senso, l’arte propriamente detta viene meno. Per Adorno l’arte ha sì un valore sociale, ma non può ridursi a riproporre la situazione attuale dell’uomo. Il realismo è accettabile laddove l’arte, stravolgendo i canoni dell’esistenza stessa, diventa sua espressione critica.
Il realismo nell’arte come fine piuttosto che come mezzo
La critica alle svariate forme di realismo porta con sé molteplici domande. Qual è la funzione dell’arte, qualora ne avesse una? Per dirsi tale, l’arte deve essere compresa? Sembra che il realismo nell’arte comporti non solo la ripetizione di qualcosa di cui si è già a conoscenza, che dunque non apporta alcun significato a chi sta di fronte l’opera, ma che affievolisca per di più l’impulso creativo. Il suo scopo sarebbe solo quello di rispondere a quei criteri di oggettività a cui il pubblico è avvezzo, seguendo le logiche dell’industria moderna.
C’è da chiedersi, allora, se l’ascesa del realismo possa essere quantomeno un modo creativo per sottoporre a critica vari aspetti della nostra esistenza, se abbia senso la finalità del suo utilizzo piuttosto che le modalità in cui è adoperata. Per citare un solo esempio, molti dubbi possiamo nutrire sul fatto che la Merda d’artista di Piero Manzoni sia un’opera d’arte, ma ben pochi sulla possibilità che il realismo nell’arte possa fungere da strumento per problematizzare le condizioni della società attuale.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Oscar Wilde, La decadenza del mentire, ed. Mimesis, Milano 2012.
Friedrich Nietzsche, La filosofia nell’epoca tragica dei Greci, ed. Adelphi, Milano 2010.
Theodor Adorno, Filosofia della musica moderna, ed. Einaudi, Torino 2002.
immagine in evidenza: L’atelier du peintre, Gustave Courbet