Diabolus in literatura: i masnadieri ribelli di Schiller

Un castello nobiliare, un primogenito forte e risoluto pieno di ideali di giustizia e libertà, un secondogenito che aspira a spodestare il fratello maggiore a qualsiasi costo: questi sono gli ingredienti principali di una delle opere più famose dello Sturm und Drang. Stiamo parlando dei Masnadieri di Schiller (Die Räuber nell’originale tedesco), testo teatrale ricco di monologhi shakespeariani che ci presenta una figura fondamentale per la letteratura europea dell’epoca: quella dell’individuo eccezionale che si ribella all’autorità.

masnadieri
Windsor Castle from Datchet Lane on a rejoicing night, Paul Sandby (1768)

Karl Moor, il primogenito, è ripudiato dal padre a causa di un inganno ordito da suo fratello Franz, sgradevole tanto nell’aspetto fisico quanto nella morale; egli decide quindi di diventare capo dei masnadieri, ossia di un gruppo di giovani libertari mossi dalle intenzioni più disparate, che vanno dalle nobili azioni da Robin Hood di rubare ai ricchi per distribuire ai poveri alla violenza compiuta per il puro piacere di commetterla (come nell’episodio del furto ad un convento e conseguente stupro delle monache). Da questo intreccio di passioni violente e personaggi senza scrupoli emerge un protagonista complesso, che tenta di farsi giustizia da solo laddove l’autorità non è in grado di farlo per lui, ma anche capace di nobili gesti che si scontrano con una realtà irrimediabilmente incapace di armonizzarsi coi suoi ideali.

La ribellione dei masnadieri

I masnadieri descritti da Schiller sono personaggi che si muovono al di fuori dell’orizzonte della legge sapendo bene, durante ciascuna delle azioni ripugnanti che commettono, che essa potrebbe essere l’ultima: che, insomma, non hanno altro destino che forca, è solo una questione di tempo. Per molti di loro, tuttavia, diventare brigante è già l’ultima spiaggia: si tratta di uomini sradicati dalla società non per proprio volontà, ma per il degenerare della situazione economica (si parla infatti di artigiani e maestri licenziati). Nel caso di Karl, come abbiamo visto, le ragioni sono ancora diverse: egli è vittima del piano del fratello Franz, che pur di diventare il nuovo signor Moor si mostra disposto persino a condurre suo padre ad una morte prematura, macchiandosi così di parricidio.

Lo Sturm und Drang e la critica sociale

Questi due motivi, l’esclusione sociale e l’omicidio di un familiare, sono ricorrenti nella letteratura dello Sturm und Drang, che si caratterizza per la presenza (più o meno approfondita: nel caso di Schiller si resta nel vago) di temi di critica sociale; nei testi di Goethe, ad esempio, basti pensare all’esclusione di cui soffre Werther, incapace di farsi accettare a corte e incapace di trovare una sua dimensione familiare nella tranquilla campagna, oppure alla storia di Faust, la cui figura femminile (Gretchen), incinta, ucciderà il suo bambino appena nato.

Nel caso di Schiller, il parricidio è stato unanimemente letto come una forma di attacco all’autorità: Karl e Franz, pur se in modo diverso, concorrono alla morte del padre e questa gesto è in continuità con la ribellione libertaria di Karl. La ribellione all’autorità familiare e la rivolta nei confronti della società e delle leggi dell’epoca sono, insomma, due espressioni dello stesso gesto.

Così come gli elementi di critica sociale, anche la figura del ribelle – che tanto successo ha avuto in seguito nella letteratura europea – deve molto alle rappresentazioni dello Sturm und Drang: oltre a Karl Moor ricordiamo la poesia  “Prometheus” scritta da un Goethe ancora giovane e rivoluzionario. Nei suoi versi, il titano non è immortalato nell’atto emblematico di sfidare Zeus offrendo il fuoco agli umani, ma in un momento di accusa nei confronti della sua autorità:

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“Prometeo plasma l’uomo”, Piero di Cosimo. Nella poesia di Goethe, gli uomini creati da Prometeo saranno, proprio come lui, incuranti e dunque liberi dall’autorità divina.

Ché nulla puoi tu
contro la mia terra,
contro questa capanna,
che non costruisti,
contro il mio focolare,
per la cui fiamma tu
mi porti invidia.
Io non conosco al mondo
nulla di più meschino di voi, o dèi.

Karl come angelo caduto

È ben noto quanto la figura di Prometeo sia poi stata assorbita dal romanticismo europeo (inglese in particolare: dal Prometheus Unbound di Percy Shelley al “moderno Prometeo” di Mary Shelley) come archetipo del ribelle che si pone giustamente contro un’autorità ingiusta e oppressiva. Si tratta della medesima trasfigurazione compiuta nei confronti del Satana di Milton: i romantici lo idealizzano, lo considerano una figura positiva. Proprio come Milton verso il suo ribelle, anche il rapporto di Schiller e il suo Karl è diverso da quello immaginato nell’Ottocento.

Come sostiene Mario Praz, possiamo a tutti gli effetti considerare Karl come un angelo caduto. Dopo aver accettato di diventare capo dei masnadieri, la sua foga lo porta a pronunciare parole entusiastiche proprio nei confronti di Satana, che ben rappresentano la situazione accennata sopra: “non era un genio straordinario quell’essere che osò provocare l’Onnipotente in duello?” E più avanti, colto quasi da un delirio di onnipotenza: “l’anima al demonio, la gloria alle stelle!” Per completare il quadro di attributi luciferini, la sua amata Amalia lo definisce prima assassino, poi demonio, poi angelo, come se queste dimensioni potessero convivere.

Schiller, più che tessere le lodi della ribellione di Karl, sembra voler evidenziare l’aporia della sua scelta: la sua vita sbandata da brigante lo porta a compiere crimini che non si accordano con la purezza delle sue intenzioni. La ribellione, perciò, è inevitabilmente fallimentare e il fallimento non si concretizza nella creazione di un nuovo regno, l’Inferno, ma nel ben più concreto gesto di costituirsi. Karl ha però modo di compiere un ultimo, nobile gesto: si consegna a un umile contadino, in modo che questi possa beneficiare della taglia messa su di lui.

Lucifero, Prometeo, Karl Moor

I masnadieri non contengono, quindi, una rappresentazione del diavolo in senso stretto, ma Karl Moor entra di diritto nel trio dei personaggi che hanno contribuito alla creazione dell’immaginario romantico dell’angelo caduto. Lucifero, Prometeo e Karl sono infatti caratterizzati, mutatis mutandis, dalla medesima forma di ribellione in nome della libertà nei confronti di un’autorità (divina e/o socialmente riconosciuta). Come nel caso del Satana di Milton, tanto amato dai romantici (ne abbiamo parlato qui), anche per Karl Moor si pone lo stesso problema: da che parte stare? Vedere in Karl un’estremizzazione negativa dell’idea di libertà, e quindi un anti-exemplum, come sostiene Schiller stesso nella prefazione, oppure ammirarlo per la sua forza di volontà e la sua fiducia in un ideale? Come tutte le opere trattate in questa rubrica, anche stavolta la letteratura diabolicamente ci tenta e ci lascia con un interrogativo irrisolto.

Maria Fiorella Suozzo

Fonti

I masnadieri, Schiller

La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Mario Praz

Storia della letteratura tedesca fra l’illuminismo e il postmoderno, Anton Reininger

Prometeo di Goethe tradotta in italiano da Giuliano Baioni