Teognide di Megara è stato un autore elegiaco vissuto tra il sesto e il quinto secolo s. c. Con il termine elegia s’intende un genere poetico appartenente alla letteratura greca e poi a quella romana. Tuttavia ancora nel XIX secolo se ne trovano echi importanti. Si tratta tradizionalmente di componimenti raggruppati in ragione del metro utilizzato: il distico elegiaco, formato dal un esametro più un pentametro.
In particolare l’elegia teognidea si è distinta per un carattere poi perso nel tempo e ritenuto inaccettabile in molte società contemporanee. Trattava, infatti, del rapporto tra erastes ed eromenos, cioè tra l’amante più avanti negl’ anni e il giovane amato. Un circostanza simile, però, è assolutamente consentita in un’epoca in cui gli usi e i costumi dell’aristocrazia fanno da padroni e permettono, quasi fosse ovvio, che in questo genere di rapporto umano si trasmettano i principi fondamentali della tradizione. La serie di norme etiche che vanno trovandosi nei componimenti elegiaci si possono definire gnomai («precetti») per cui la gnomica è quel tipo di elegia che ostenta toni fieri e si fa portatrice della giusta prospettiva grazie alla quale comprendere e svolgere la vita sociale.
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Le formule e i motivi ricorrenti
Tale sottogenere poetico viene profilandosi nelle fonti attraverso la febbrile ricorrenza di formule così diffuse e condivise a quel tempo che a volte è difficile attribuire certi versi ad un autore piuttosto che ad un altro e riuscire a distinguere Tirteo, Solone e Mimnermo da un loro qualunque imitatore.
Le formule ed i motivi che ricorrono nell’elegia gnomica sono così insistenti da farci riuscire ad individuare ed isolare intere ‘catene’ elegiache. Questa tecnica intertestuale trova il suo più alto simbolo ed esempio nella ‘riformulazione’ di Solone dei versi di Mimnermo in tema dell’età consentita per morire. In questa opera (ed operazione) sono intrecciati anche versi di svariati poeti, dei quali principalmente si sono riportate varianti. La raccolta di tali componimenti è stata ricondotta per secoli al poeta Teognide di Megara.
Nel ricorso a parti di testo sempre identiche tra loro per quanto concerne la generale struttura, ricorda che la cultura greca del sesto e quinto secolo a.C. è ancora in fase orale- aurale e risente quindi delle caratteristiche di scomposizione e composizione di interi agglomerati di versi. I topoi più frequenti sono certamente la casualità degli eventi che condizionano la vita umana, l’ammissione della superiorità della giustizia divina rispetto a quella umana e la contrapposizione tra lusso e povertà
Teognide di Megara
Teognide di Megara è tradizionalmente ritenuto il compositore di una raccolta di elegia divisa in due
libri complessivamente comprendenti 1400 versi che, però, secondo il lessico di Suda sarebbero anche di più. Il primo libro tratta di problemi etici e politici; il secondo invece di rapporti omoerotici. Sappiamo per certo che non tutti i versi in questa riportati appartengono all’ autore in questione. Anzi è essa stessa una fonte per attingere ad interi brani di altra certa e preziosa paternità, come quelli di Solone, Mimnermo e Tirteo, tuttavia la gran parte dei componimenti che ci sono stati tramandati sono sicuramente da ricondurre a Teognide; specialmente in quelli è più evidente la traccia dell’ideologia aristocratica, di cui quest’ultimo fu illustre sostenitore. Per questo ultimo motivo e forse non del tutto erroneamente, l’opera teogniadea è stata ritenuta quasi sacra nei circoli aristocratici.
Il destinatario dell’opera
Il destinatario delle elegie è Polupais («figio di Polipao»), il cui vero nome è però Cirno, al quale spiga il senso delle proprie idee politiche, assai reazionarie, nell’ intento di plasmare quelle del giovane. In questo ciclo di gnomai ricorre, infatti, continuamente la contrapposizione tra agatoi ( i «buoni» ) e gli kakoi (i «vili»), dando a questi vocaboli un indiscusso valore sociale e morale, accentuandone il contrasto e aprendo un sotteso dibattito politico.
La datazione e la trasmissione
È molto difficile stabilire quale sia l’epoca di datazione della silloge, e che legame abbia con l’opera intorno a Teognide di Senofonte. Visto il carattere assai esplicito di questioni omoerotiche nel secondo libro, si è supposto che i 150 versi pervenutici non siano altro che una sorta di repertorio immorale redatto da un cristiano in età bizantina, giustificando così la presenza anche di versi di dubbia provenienza ma che trattano della medesima tematica. Welcker, che nel 1826 fu il primo ad inaugurare la questione teognidea, dimostrò, attraverso l’individuazione di circa quattro nuclei, l’unità di tutta l’opera e permettendoci di credere che la sua più antica compilazione risalga intorno al IX-X sec. d. C.
Lisa Davide