Aristotele fu il filosofo per eccellenza del Medioevo, ma fino a che punto era considerata la sua autorità? Era veramente considerato infallibile?
Per comprendere il rapporto tra la filosofia medievale e il sistemo aristotelico, è utile studiare gli aspetti più problematici per la fede cristiana nel pensiero dello Stagirita. Uno di questi è senza dubbio l’eternità del mondo, sostenuta da Aristotele ma difficile da conciliare con la verità teologica della creazione.
Indice dell'articolo
I tentativi di negazione
Inizialmente, non mancarono studiosi, come Ruggero Bacone, che cercarono di negare – con vari argomenti – l’eternalismo aristotelico. Altri – come Mosè Maimonide – ne limitavano la portata, attribuendo allo Stagirita la consapevolezza dell’inefficacia di quegli argomenti. Tutti atteggiamenti indicativi non solo dell’oscurità esegetica e dei problemi di traduzione, ma anche del fervore cristianizzante e dell’identificazione di Aristotele con la ragione.
Lo Stagirita, infatti, era presto diventato il Filosofo per eccellenza; «il maestro di color che sanno» (Inferno, Canto IV), secondo la definizione di Dante. La sua guida era ormai percepita come indispensabile, attribuirgli una tesi contraria alla fede poteva compromettere il processo di recupero e assimilazione da parte della cultura occidentale. D’altro canto, l’eternalismo sembrava non solo contrario alla fede ma anche alla ragione stessa. Quindi attribuire un tale “errore” al Filosofo poteva comprometterne il prestigio.
Il fallimento del concordismo
Tuttavia, col progredire della conoscenza e la disponibilità di traduzioni migliori, questa prima fase del dibattito si concluse col riconoscimento del fatto che Aristotele aveva effettivamente insegnato l’eternità del mondo. Uno dei primi a scagliarsi contro gli sforzi concordistici fu Roberto Grossatesta, che ricorse sostanzialmente a due argomentazioni. La prima si basava sull’auctoritas dei commentatori del libro della Fisica, essi infatti avevano avuto modo di studiare il testo originale in greco e non avevano mai dubitato della presenza dell’eternalismo. La seconda argomentazione, invece, era di carattere propriamente filosofico. Infatti Aristotele non poteva non cadere nell’errore dell’eternità del mondo a causa della mancata distinzione fra tempo ed eternità semplice.
Aristotele può sbagliare
Anche Alberto Magno non poté negare la tesi aristotelica dell’eternità del mondo. Pur ribadendo la sua stima per il Filosofo, il vescovo di Colonia ne riconosceva la fallibilità in un passo molto interessante:
A quello rispondiamo che chi crede che Aristotele fosse un dio, deve anche credere che allora non ha mai sbagliato in nulla. Se invece crede che anche lui fu un uomo, allora senza dubbio anch’egli poteva sbagliare come noi (Bianchi, 1984, p. 31).
Si tratta di un giudizio molto forte, anche perché implicitamente denuncia una sorta di processo di divinizzazione del Filosofo. Tuttavia, lo stesso Alberto, una volta enunciato il principio non riesce ad applicarlo fino in fondo. Infatti anch’egli cercò di attribuire ad Aristotele la consapevolezza della fallacia dei suoi argomenti eternalisti, per non attribuirgli l’errore. Un episodio senza dubbio emblematico del complesso rapporto teorico e psicologico che legava ad Aristotele anche un intellettuale della levatura di Alberto Magno.
Tommaso d’Aquino e l’errore di Aristotele
Un atteggiamento simile si trova anche in Tommaso d’Aquino, mosso – come il maestro, Alberto Magno – da spinte contrastanti. Anch’egli infatti, non potendo negare la presenza dell’eternalismo nell’ottavo libro della Fisica, da un lato polemizzava apertamente con Bacone, mentre dall’altro tendeva a minimizzarne la portata affermando che Aristotele non aveva preteso di dare a quelle argomentazioni valore dimostrativo. Per questo, scrive Bianchi che
Tommaso poteva permettersi il lusso di considerarne abbastanza marginali le proclamazioni di fede eternalista; e se – come si è visto – spesso non rinunciava a giustificarle dialetticamente, tuttavia poteva concederle senza timore di compromettere il suo programma di avvicinare Aristotele ai cristiani. Riuscendo così a non sacrificare alle esigenze della “politica culturale” la lettura dei testi, nei commentari individuava con lucidità i molti fili che legano la tesi dell’eternità del mondo all’insieme del sistema aristotelico (Bianchi, 1984, p. 36).
Un sistema filosofico da migliorare
Ad ogni modo, questo come altri casi dimostrano che i filosofi medievali non si limitarono ad una passiva accettazione del sistema aristotelico. Quest’ultimo infatti non era privo di lacune e contraddizioni e offriva lo spunto per la discussione di numerose questioni. Per questo i filosofi medievali non esitarono a modificare alcune idee di Aristotele e, talvolta, a sostituire del tutto tesi considerate ormai inadeguate. Anche se si tentava sempre di fornire una giustificazione storica degli errori dello Stagirita, premunendosi dall’imbarazzo di attribuirgli troppo direttamente degli errori.
Bibliografia:
Bianchi Luca, 1984, L’errore di Aristotele. La polemica contro l’eternità del mondo nel XII secolo, La nuova Italia editrice, Firenze.
Ettore Barra