Al Napoli Comicon 2017 abbiamo avuto il piacere di conoscere ed intervistare Giacomo Bevilacqua, fumettista romano, ideatore del famoso webcomic “A panda piace” vincitore del Premio Micheluzzi 2011 per il miglior Web Fumetto: ci ha parlato di “Il suono del mondo a memoria“, suo primo lavoro completamente a colori e di tante altre novità, alcune in anteprima assoluta!
Giacomo, come nasce “A Panda Piace”?
A panda piace nasce in una maniera particolare, nel maggio 2008 in una giornata estremamente insolita per quel mese, pioveva a dirotto. Io stavo in chat con una mia amica, ed intanto in tv trasmettevano “Il Favoloso Mondo di Ameliè” e c’era la parte in cui ad Ameliè “ piace mettere la mano nei fagioli, piace mettere la mano nelle lenticchie” e così via, ma in questa conversazione, non ricordo precisamente come, uscirono fuori i panda e in quel momento l’ho creato, anche perché in quel periodo stavo sotto consegna, dovevo consegnare un sacco di tavole e creai una pagina nuova su photoshop, dando vita a “A Panda Piace”. E’ nato all’inizio per caso, soltanto queste vignette stupidissime da mandare in giro, agli amici, per allietare le loro giornate, e poi un giorno mandai queste vignette anche a Roberto Recchioni, poiché ci conosciamo da un sacco di tempo, dopodichè mi chiese se potesse condividerle sul suo blog, e c’era l’email con scritto: “ chiedete a Giacomo di aprire un blog “ . Il giorno dopo mi arrivarono tantissime email da parte di persone che volevano pubblicassi un libro su “A Panda Piace” e di aprire un blog, il resto lo sanno tutti.
Qual è stato il percorso formativo che hai seguito e che ti ha portato a intraprendere questa carriera?
Il mio sogno di fare fumettista ce l’ho da quando ero piccolo, considera che mio padre è collezionista di fumetti e di castelli della lego, e mio nonno era pittore e soprattutto faceva dei quadri a china, quindi mi sono sempre sviluppato in quella direzione, ad esempio, mentre mio nonno dipingeva io stavo lì ad osservare; la strada per me era quella. E’ stata una cosa che è nata da subito e poi l’ho sviluppata pian piano facendo il liceo artistico, la scuola di comics che mi ha indirizzato bene, dandomi tutta una serie di nozioni che ti permettono di fare questo lavoro. Nel 2007 Lorenzo Bartoli, sceneggiatore scomparso nel 2014, nonché uno dei creatori della serie “John Doe”, mi prese a lavorare alla Editoriale Aurea, vedendo in me cose che in nessun’altro aveva visto: questo mi ha permesso di entrare nel mondo del fumetto da professionista.
Spesso le tue opere presentano una vena comica, qui (“Il suono del mondo a memoria” n.d.r.) c’è un cambio netto nello stile narrativo: come mai hai hai deciso di fare un fumetto così diverso?
Faccio una premessa: la mia comicità viene da un altro dei miei due mentori, oltre a Lorenzo Bartoli, ovvero Marco Perrone, che è un grande autore televisivo, autore del gioco dei pacchi e quello delle identità su Rai 1, ed io, dal punto di vista della scrittura, mi sono formato con lui: scrivevo testi teatrali, televisivi, comici da quando avevo 19 anni, e quindi ho mantenuto quel tipo di scrittura. In quel periodo facevo comunque fumetti, come disegnatore e non come sceneggiatore, che però di comico non avevano niente. “A Panda Piace”, quindi, è uscito un po’ esplodendo, per il fatto che la mia natura era comica, ed ho mantenuto questo personaggio per tanti anni.“Il suono del mondo a memoria” non è stato il mio primo fumetto serio, nel 2012 pubblicai “Metamorphosis”, che fu il mio primo fumetto “serio” da autore completo, ed era molto diverso da Panda e dalle mie precedenti opere. Ne “Il suono del mondo a memoria” la fa da padrone quella voglia di raccontare la mia esperienza New Yorkese, città nella quale ho vissuto per più di un anno e mezzo, e al mio ritorno ero frustrato per il fatto che non riuscivo a mettere su carta quello che avevo visto, perché New York è una città che ti lascia tantissimo, anche solo se ci vai da turista. Se ci vivi, e fai un lavoro come il mio, in cui la creatività la fa da padrone, devi assimilare le cose che vedi e ricrearle su carta e il fatto che io non riuscissi a ricreare ciò che avevo visto mi faceva andare di matto! Decisi quindi di rimettermi a studiare sui libri, sulla teoria del colore, la prospettiva la figura e così via; ho passato tutto l’anno facendo Ansia la mia migliore amica e la notte studiavo. Andando avanti sono riuscito a fare una storia particolare, portandomi avanti tutta la frustrazione di quel periodo e attorno a tutta questa frustrazione una storia particolare che, secondo me, era l’unica che potesse essere raccontata in una città del genere, perché è una città magica, particolare, che ha dei toni molto surreali e che di comico ha molto poco. Inoltre, questa, è la prima storia a colori che faccio in assoluto.
Questo spiega perché hai ambientato la storia a New York
Si, è un po’ una lettera d’amore per la città.
Ambientare una storia del genere in una città caotica come New York, una sfida difficile per il protagonista
Si, una sfida difficilissima. La trama principale è la seguente: il protagonista è un fotografo che decide di scrivere un articolo per la rivista per la quale lavora e per farlo deve passare due mesi a New York senza poter parlare con nessuno. Una sfida che sì, risulta complessa per il protagonista, rendendo difficile la possibilità di empatizzare con lui, soprattutto all’inizio, ma con il proseguire della storia si scoprono cose di lui che ti fanno capire il motivo per cui si trova lì. Lo stilema principale dei miei fumetti è questo: c’è una storia e ad un certo punto del fumetto questa storia viene completamente stravolta, quindi ci sono degli elementi in più che ti mettono in condizione di fare una seconda, se non terza lettura. Io sono un grandissimo appassionato di gialli, e, anche se i miei fumetti non sono gialli, all’interno piazzo delle cose che ti fanno ragionare, dei piccoli messaggi che, se sei un osservatore attento, riesci a carpire anche prima del finale, dopodichè arrivi alla fine e ti viene voglia di rileggerlo, pure per capire cose che ti sono sfuggite dopo una prima lettura. E’ un po’ come se tu, comprando un mio fumetto, ne acquistassi molti di più, dipende poi da quante volte lo rileggerai, e capita molto spesso. Tutti i miei fumetti hanno più piani di lettura. Anche il fumetto che sta per uscire in edicola per la Sergio Bonelli, precisamente il 19 luglio, che sarà un graphic novel intitolato Lavennder, un horror psicologico con all’ interno tutta una serie di indizi e di cose che solo un occhio attento può notare e che, ai fine della storia, possono risultare importanti: lo dicevo anche prima che nei miei fumetti si scopre tutto nelle ultime pagine e in questo fumetto sarà portato all’ estremo. Il fumetto sarà di 130 pagine e tutto quello che c’è da scoprire in realtà si scopre nelle ultime 10 pagine: vi lascerà a bocca aperta. Non mi è concesso dire altro, perché ogni cosa che dico potrebbe essere oggetto di spoiler, spoiler molto pesanti: io sono già terrorizzato per gli spoiler de “Il Suono del Mondo a Memoria”, infatti, quando vado sui social e vedo gente che posta foto del fumetto, avverto di non postare foto da pagina 50 in poi, perché rovinerebbero tutto.
Quali sono secondo te i fumetti e i libri che non possono mai mancare in una libreria?
Questa è una bella domanda che potrebbe mettermi in serie difficoltà. Io sono, per quanto riguarda i libri, un grande appassionato di gialli, lo dicevo pure prima, quindi leggo principalmente quelli, soprattutto la letteratura francese. Sono un appassionato del ciclo di Adamsberg, della Vargas, che sicuramente non dovrebbe mancare in libreria. Mi piace tantissimo anche Lansdale con il suo “Hap & Leonard”, immancabile per chi come me è appassionato di gialli. Per quanto riguarda i fumetti, invece, è ancora più difficile perché io sono onnivoro, leggo qualsiasi cosa, dai manga al fumetto francese, passando per i supereroi. E’ una domanda difficilissima! Poi io sono alla continua ricerca del fumetto estremamente particolare, ad esempio, sono un grandissimo fan di un mangaka che non conosce nessuno, si chiama Ueyama Tetsuro, di cui non è stato mai pubblicato niente in Italia. Mi piace in particolare una sua opera che era stata tradotta in inglese, “Metal Guardian Faust”, che è una specie di trasposizione di Robocop, ma in Giappone. Sicuramente ci saranno altri autori di fumetti ma adesso, su due piedi, non saprei veramente quali scegliere. Di fumetti italiani, invece, ti direi Rat-man e Dylan Dog (se ti manca non sei normale), che ho sempre letto. La Cosmo, ad esempio, è una casa editrice di cui sto seguendo con più piacere la linea editoriale, perché il lavoro che sta facendo, di portare in Italia i classici, fumetti francesi a basso costo, è una cosa grandiosa! Mi sta facendo davvero riscoprire dei classici ed è una cosa di cui andare fieri. Al di là dei classici loro pubblicano anche fumetti di autori nuovi come “Nine Stones” di Sara Spano che è eccezionale. Spazio su tante cose, dal fumetto più vecchio a quello più nuovo, da quello meno conosciuto a quello più conosciuto.
Sei più tecnologico o tradizionalista per quanto riguarda il fumetto?
Sono sempre stato tecnologico, ho sempre avuto problemi con carta e penna al punto che mi sporco facilmente, mi tiro addosso la china e cose del genere, sono sempre stato pessimo ed il risultato è terribile. Io sono molto veloce nel fare le cose, quando ho iniziato con l’editoriale Aurea andavo a colpi di 30/40 pagine al mese ed attualmente tengo lo stesso ritmo. Considera che in 2 anni e mezzo ho chiuso, “Il suono del mondo a memoria” a colori, 200 pagine scritto e sceneggiato, il Dylan che uscirà al prossimo Lucca pure l’ho scritto, colorato e disegnato e “Lavennder” stessa cosa, quindi tutto a colori e tutto in digitale. La mia è una mera questione di praticità. Se avessi dovuto scansionare, cancellare, pulire, non avrei finito più!
Come consideri il webcomic attuale: secondo te determinati autori contemporanei meritano di essere considerati fumettisti o solo pagine?
Innanzitutto complimenti per la domanda: essendo anche l’argomento di quest’anno del Comicon, mi sento tirato in causa, visto che Panda è nato lì, su Internet. Il discorso è questo: ci sono pagine che fanno fumetti e pagine che fanno altro, secondo me. La differenza è tutta là e chi non è del settore magari non lo nota e viceversa chi lo è lo nota più degli altri. E’ una differenza anche molto personale, nel senso che c’è gente che fa i fumetti, e gente che invece si dichiara fumettista, ma in realtà fa meme con idee prese da altri e fotografie ricalcate o ritoccate. Per carità, parliamo in ogni caso di persone che scelgono internet per dire le loro cose, e se c’è gente che li legge vuol dire che quelle cose arrivano, siano esse copiate da qualcun altro o inventate di sana pianta. Alcuni di noi hanno iniziato a toccare alcuni argomenti su internet nel 2008, 2009, argomenti che oggi sono il fulcro dei “fumettimeme” su internet, ed è super ok. Però ora noi siamo passati ad altro, si parla di tutt’altro, se anche alcuni di loro faranno questo passaggio, smetteranno di essere “tizi che fanno meme” e magari dimostreranno di essere fumettisti.
Diciamo che sono arrivati un po’ in ritardo nel trattare determinate tematiche
Sì, di alcuni argomenti puoi parlare quanto vuoi, ma poi finisce che lo saturi, nel senso che puoi parlare anche d’altro. Sarebbe meglio anche perché ci sono tantissime cose di cui parlare. Quindi sì, molte cose-meme che girano sul web lasciano un po’ il tempo che trovano perché, come dicevo, anche io con Panda ho utilizzato meme facili per le condivisioni, non lo nego assolutamente, lo faccio tuttora, ma se poi tu compri Ansia la mia migliore amica, ci trovi un sacco di altre cose dentro, ci trovi una storia di 400 pagine che ruota attorno alla morte di una persona cara, che tratta oltre che di ansia anche di panico o di momenti di crisi, ma anche di creatività e pazienza e cose con cui bisogna fare i conti tutti i giorni. Panda è un personaggio che ci ho messo un po’ a trasformare, ma ha superato la dimensione del “meme” da tempo . Se vuoi approfondire il personaggio che vedi come meme su internet, io te ne do la possibiltà. Se le persone che fanno i meme hanno anche coraggio e possibilità di andare in profondità e quindi oltre all’ auto professarsi fumettisti lo dimostrano anche, sarò il loro primo lettore e farò loro i miei più sentiti complimenti! E non lo dico con sarcasmo eh, dico che le cose evolvono, se restano statiche vengono giudicate per quello che sono, se evolvono magari cambia il metro di giudizio. E parlo da persona che ha tenuto Panda in uno stagno per 2-3 anni, prima di iniziare a farlo diventare “altro”. Perché poi se hai altro da dire prima o poi si scopre. Internet è un mondo fantastico se sai usarlo, e se hai la possibilità di approfondire e lo riesci a fare, e lo fai bene, boom, ti sei meritato tutto il successo! Se non riesci ad andare oltre, farai cose superficiali.
Considerazioni sul Napoli Comicon di quest’anno: cosa ti piace e cosa miglioreresti?
Questo Comicon è un edizione che sento molto, ci sono delle cose mie esposte, conosco il magister Roberto Recchioni da tantissimi anni e soprattutto mi è piaciuto il tema portante del web: volente o nolente, non potevo non essere presente con “A Pande Piace”, perché è nato lì. E’ un Comicon che mi è piaciuto, soprattutto la risposta del pubblico nei miei confronti, che segue molto “A Panda Piace”, nel senso che i napoletani in generale sono persone molto sensibili e con Panda e soprattutto “Ansia la mia migliore amica”tocco corde che non tutti riescono a vedere allo stesso modo: ho avuto dei veri e propri riscontri con persone che sono venute da me e che hanno magari un rapporto particolare con i loro nonni, perché fondamentalmente A Panda Piace parla di quello, della morte di mio nonno, quindi un sacco di persone si sono riviste nella situazione vissuta da Panda. E non dico i napoletani a caso, il discorso è che Napoli in generale è una città ricca di tradizioni, molto simile a Roma da questo punto di vista (io sono romano) e in genere chi davvero ti tramanda un certo tipo di tradizioni sono tuo nonno o tua nonna, e chi ha sviluppato un rapporto particolare con i propri nonni finisce per rispecchiarsi pienamente nel fumetto. Molti dei ragazzi che ho rincontrato in fiera, erano persone che avevano letto e apprezzato molto A Panda piace, e che sono venuti a comprare “Il suono del mondo a memoria” anche solo per la fiducia, e che sono venuti a farlo apposta in fiera perché c’ero io, è una cosa che va al di là del rapporto lettore-autore, è, anche in questo caso, una sorta di tradizione, che un po’ conferma il mio discorso. A me il Comicon piace tantissimo, dal lato più superficiale, ovvero il fatto di stare in un albergo DENTRO la fiera, al lato più profondo ovvero il calore delle persone che vengono a trovarmi. Se tu vieni a Lucca ed io sto a Lucca dalla mattina alla sera a fare tantissimi autografi, sfinito e vieni alle otto di sera con un foglio a3 dicendomi: “io non ho comprato il libro ma mi fai un disegno di Panda” io te lo faccio ma tu sei stronzo! (ride) A Napoli invece no, la gente è talmente buona che riesco a soddisfare, quanto più possibile, le richieste di tutti quelli che passano. Ovvio non come Zerocalcare, che se gli chiedono “ciao, mi disegni la formazione dei Chicago Bulls del ’92 con dietro gli spalti con tutta la gente e tra gli spalti mi fai a me che reggo un cartello con sopra scritto l’incipit del primo libro della saga della Torre Nera di Stephen King?” lui glielo fa.
Da come ne parli non ci sono miglioramenti che andrebbero apportati alla fiera
Ci sono cose da migliorare in qualsiasi fiera, è un discorso molto lungo e articolato. Più che delle cose da migliorare, ci sono delle perplessità, c’è da capire un po’ la gestione di chi entra e quindi dei biglietti e degli abbonamenti. Chi entra, entra perché vuole mettersi fuori a prendere il sole, fumare e cazzeggiare oppure per comprare fumetti e seguire gli eventi? Nel primo caso stai rubando il posto a qualcuno che magari vuole entrare per comprare fumetti e rimane fuori! Come si può ovviare un problema del genere? Non si può. L’anno scorso c’era un altro autore in fila con me e mi disse che c’erano dieci suoi parenti che non erano riusciti ad entrare in fiera per seguire la sua conferenza. Persone che avrebbero comunque dato un contributo concreto sotto questo punto di vista. Come la risolvi una questione del genere? E’ impossibile.
Grazie Giacomo, alla prossima!
Carlo Carpio con la collaborazione di Simone Capuano.
- Foto: Giusy Esposito