Il quartiere Sanità di Napoli continua ad essere oggetto delle cosiddette “stese”, le sparatorie in aria a carattere intimidatorio da parte dei clan camorristici locali. Per questa ragione Ivo Poggiani, presidente della 3° municipalità, che comprende il quartiere Sanità, ha deciso di scendere in piazza, per dimostrare che c’è un intero popolo che si ribella alla camorra. Noi de La Cooltura abbiamo intervistato Ivo Poggiani per saperne di più.
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Puoi fornirci dettagli sull’organizzazione della giornata?
È un presidio in Piazza Sanità lanciato dal consiglio della terza municipalità in maniera pubblica per rispondere e prendere parola su quanto avvenuto negli ultimi tempi. Proviamo in questo modo a stimolare la società civile del quartiere Sanità e, in generale, di tutta la città, perché in prima battuta dobbiamo essere noi istituzioni a dare il segnale che non abbiamo paura. Quello che ci siamo immaginati come consiglio municipale è di dare uno stimolo al quartiere che sta subendo un attacco da parte dei clan di camorra che dimostrano di avere un senso di frustrazione contro un azione del quartiere che non si era mai vista sino ad ora.
La Sanità sta vivendo una stagione di “riscoperta”, se così si può definire, con numerose visite al Cimitero delle Fontanelle, a Palazzo dello Spagnuolo, le commemorazioni per Totò e il turismo “gastronomico” che ha come mete Poppella e Concettina ai Tre Santi. Pensi che queste stese possano rovinare questo clima di speranza che si sta creando?
Questo clima ormai c’è già da anni, non penso che le stese di camorra possano fermare la riqualificazione e il riscatto del quartiere. A prescindere dalle istituzioni, il quartiere ha già gli antidoti necessari ad emergere rispetto a quella che è una storia passata un po’ buia.
Pensi che queste stese abbiano anche la funzione di lanciare un messaggio di sfida proprio all’amministrazione municipale e comunale?
Non credo. Io penso che ci sia una faida interna a qualche clan, quelli che ormai conosciamo tutti. Sono messaggi reciproci che si mandano i vari clan. il problema è proprio questo: queste bande di camorra agiscono come se in mezzo non ci fosse nulla, come se fossero padroni di un territorio che non gli appartiene, come se all’interno del territorio non esistesse altro che la loro faida. La strategia che negli ultimi giorni ha portato a cinque stese di camorra è una strategia della tensione: i clan non si affrontano, si mandano segnali intimidatori. Sicuramente dà fastidio l’attenzione mediatica che il quartiere sta ricevendo e anche l’attenzione di tantissimi cittadini italiani e turisti che in questo periodo sono ancor più presenti. Penso, però, che non abbiano neanche l’intelligenza per mandare segnali alla politica o a chissà chi. È una sfida tra di loro, isolata.
Qualche giorno fa è sorta una polemica sul dispiegamento ingente di forze dell’ordine al centro sociale Mezzocannone occupato e sull’assenza delle suddette alla Sanità. Cosa hai da dire al riguardo?
C’è una foto, quella di sabato sera, con undici volanti di carabinieri fuori ad un centro sociale per la musica alta con le stese di camorra all’interno del quartiere sanità. Io sono stato il primo ad aver contestato i precedenti questore e prefetto quando pensavo che lo stato che rappresentavano non fosse presente. Oggi anche il questore sta agendo seguendo le linee che sono le stesse che gli stanno indicando i cittadini: non si sottovaluta il problema delle stese. Certo, guardando quella foto si può pensare che le forze dell’ordine possano essere impiegate meglio, che quartieri come la sanità debbano essere meglio tutelati dalla camorra, ma penso possa esser considerato un episodio isolato.
Qual è la soluzione per migliorare la sicurezza nella Sanità: maggiori forze dell’ordine o altro?
Io non credo che le forze dell’ordine siano la panacea di tutti mali. Alla Sanità c’è un problema, quello del reddito pro capite cittadino, un problema che ora si tenta di risolvere, ad esempio intorno alle esperienze enogastronomiche, culturali, turistiche. È un quartiere con tanta dispersione scolastica e povertà, dove c’è quindi bisogno di un’economia più efficace, scuola e cultura, solo così si risolvono i problemi in maniera strutturale. Tutto il resto sono soluzioni tampone, ma nel lungo periodo bisogna pensare ad un piano di riqualificazione sociale che può servire al quartiere. Qui, anche quando saranno smantellati i clan camorristi, ci sarà bisogno di dedizione e costanza per cambiare il quartiere, come fanno già le associazioni del quartiere come la Fondazione San Gennaro. Tutto ciò che viene fatto può essere inficiato: a Scampia sono state chiuse le piazze di spaccio ma finché non emergono soluzioni per la questione del reddito, tutte le azioni tampone lasciano il tempo che trovano.
Pensi che la strada che sta intraprendendo l’amministrazione municipale sia quella giusta per far uscire la Sanità dal suo isolamento o c’è bisogno di altro?
Con le risorse che ho spero di stare facendo il massimo. Certo, con la crisi degli enti locali si inficia la gestione amministrativa. Tutte le amministrazioni locali di zone più difficili avrebbero bisogno di risorse che devono venire dal governo centrale. Ci sono 140 comuni in pre-dissesto nel paese, Napoli è probabilmente il più grande di questi, e ciò ovviamente inficia il lavoro che tanti amministratori portano avanti.
Hai un ultimo messaggio da lanciare ai nostri lettori?
Qui nessuno ha ricette scritte su un pezzo di carta. Ogni giorno cerchiamo di fare il massimo nelle mille difficoltà che ogni amministrazione ha. Ciò che mi piacerebbe che si facesse di più è una collaborazione con tutti gli enti politici ed istituzionali, come quelli regionali. Ci sono tanti problemi che si potrebbero risolvere con un po’ di collaborazione in più.
Davide Esposito