Il 17 Gennaio 1562 veniva promulgato in Francia quello che sarebbe passato alla storia come uno dei primi tentativi, se non il primo, di riconoscimento delle diversità religiose a livello istituzionale e comunitari: l’editto di Saint Germain.
Perché l’editto di Saint Germain è importante
L’importanza dell’editto travalica il mero recinto di “conquista culturale” per L’Europa. Si staglia infatti come decisivo spartiacque storico nelle sanguinolente e reiterate guerre di religione che attanagliavano come focolai l’Europa intera ormai da anni; queste ultime avrebbero visto la loro decisiva fine solo con la conclusione della Guerra dei 30 anni nel 1648, considerata la più truculenta di tutte.
Ci troviamo in un Francia fortemente cattolica, che ha visto il sovrano Francesco I arginare ferocemente l’avanzata del protestantesimo luterano. Quest’ultimo d’altra parte mieteva, invece, uno stuolo di proseliti nell’impero dell’eterno rivale Carlo V. Divenuto, per concessione papale, capo della chiesa cattolica francese, Francesco I esercitò una politica atta a dare uniformità religiosa alla Francia. Ciò nelle grandi coorti d’Europa era ritenuto caposaldo per un più solido ed duraturo esercizio di sovranità:
“Un solo re, una sola legge, una sola fede”.
Con la morte però del successore Enrico II si aprì in Francia una gravissima tensione religiosa e politica. Ciò era dovuto principalmente alla debolezza della casata reale di Valois e contemporaneamente alla penetrazione nei grandi centri francesi del culto calvinista.
Il calvinismo degli ugonotti
L’adesione al calvinismo toccò il 10-20% della popolazione; lo fece principalmente nella società urbana, dove la già sentita avversione delle classi medie per la politica accentratrice regia fu sicuramente vista come un ulteriore favor alla diffusione di un culto che legittimava in casi estremi anche il regicidio.
Definendo i calvinisti con il termine “ugonotti”, i cattolici volevano sottolineare la loro tendenze alla rivolta. Difatti il termine deriva dal nome tedesco eidgenossen, cioè “confederato” o “congiurato”. Con tale nome era conosciuta la fazione che aveva rovesciato a Ginevra il governo del duca di Savoia.
Contro un tale pericolo sovversivo, si formò in Francia ben presto una fazione cattolica contraria a qualunque riconoscimento o avvicinamento tra le parti. Questa trovava nella figura di Enrico di Guisa, zio del legittimo sovrano Francesco II, il proprio volto reazionario.
Viceversa i protestanti iniziarono, più per paura di azioni nei loro confronti, a serrare le fila, riconoscendo come propri campioni l’ammiraglio Coligny e il re di Navarra Enrico di Borbone.
La scacchiera ormai era pronta e le pedine iniziavano a muoversi. In questi cruciali momenti che avrebbero portato di lì a poco la Francia a vivere una vera e propria guerra civile, c’era ben poco di religioso negli animi dei protagonisti e molto di politico.
Con la morte di Enrico II lo scettro passava all’infante Francesco II, troppo piccolo per poter governare autonomamente e quindi coadiuvato dalla presenza della madre, Caterina de’Medici. Su tale realtà, quindi, entrò in gioco la bramosia, per altro non nascosta, dei vari protagonisti a sedere sul trono di Francia.
La guerra
La guerra, infatti, è la più antica forma di legittimazione di un potere personale. Essa genera quella immagine di potenza necessaria a governare e nel contempo permette la creazione di un sistema di alleanze politico clientelari atte alla perseveranza di quel stesso potere. Ergo, una guerra in cui i cattolici riconoscevano come loro guida Enrico di Guisa era una guerra che defenestrava Francesco II, una guerra in cui i protestanti riconoscevano come loro guida Enrico di Borbone era una guerra che delegittimava un sistema politico pregresso ed esprimeva la volontà di rappresentarne uno nuovo.
Ad acuire la situazione ci fu nel 1560 la morte di Francesco II e la salita al trono del fratello appena undicenne Carlo IX. Sempre più minacciata, la casata reale dei Valois vide i tentativi estremi di Caterina di impedire lo schiacciamento della monarchia tra i due combattenti; intorno alla regina iniziarono così a radunarsi uomini di corte, i “politici”, fautori di una linea di pacificazione e di supremazia della corona.
Così, per autonoma iniziativa di Caterina che nel 1562 trovò vita l’editto di Saint Germain con il quale la Corona riconobbe per la prima volta nella storia di Francia libertà di coscienza ad un culto non cattolico e una prima limitata libertà di culto. La valenza dell’editto venne minata dalle azioni del partito di Guisa, che non accettò le disposizioni contenute al suo interno, portando sempre più la Francia nel baratro.
La situazione cambiò con la morte del Guisa e la salita al trono del Borbone, primo capostipite della nuova famiglia reale; promulgò, come forma di pacificazione del regno, l’editto di Nantes, nel 1598, riprendendo e ampliando le linee chiave dell’editto di Saint Germain.
Dario Salvatore