San Vincenzo Ferreri è il Santo protettore del piccolo borgo medievale di Gesualdo (Av), in onore del quale, l’ultima domenica di agosto, si tengono i solenni festeggiamenti che prevedono anche la sacra rappresentazione ultracentenaria del volo dell’Angelo.
Questo suggestivo rito secolare si rinnova ogni anno, attirando l’interesse di moltissimi visitatori riuniti in Piazza Neviera insieme alla comunità locale per assistere alla manifestazione.
Oltre la processione che vede protagonista San Vincenzo, il vero momento cruciale è quello dell’Angelo che, interpretato da un bambino scelto dalla Commissione nominata dal Comitato Festa, vola nel cielo irpino attraverso l’ausilio di carrucole.
Legato ad una fune d’acciaio tesa tra la torre dell’imponente Castello e la Chiesa del S.S. Rosario, ad un’altezza di 25 mt. e per una lunghezza di circa 100 mt., a metà del percorso questi intrattiene un intenso dialogo con un altro figurante che rappresenta il Diavolo e le fiamme dell’Inferno, posizionato sul lato destro della piazza gremita di gente.
L’incalzante dibattito tra i due, essenzialmente simbolo dell’eterna lotta tra Bene e Male, termina con l’arrivo dell’Angelo al campanile ed il rientro al Castello durante la sera, dopo il rito ufficiale.
Un evento religioso e folcloristico, tipico di altre zone della Campania come Giugliano, che mantiene vivo l’entusiasmo della folla trepidante e vede il ritorno alle origine anche dell’emigrante rimpatriato per l’occasione.
San Vincenzo e il volo dell’Angelo: tra storia, leggenda e allegoria
Il culto di San Vincenzo a Gesualdo si farebbe risalire al 1822, secondo testimonianza di un manifesto celebrativo del centenario del 1922 e, per quanto sia difficile una lineare ricostruzione storica, il documento ufficiale che ne fa menzione è datato 1841.
Nel 1833 sarebbe stato istituito il primo Comitato-Festa e nel 1876 si registra la rottura della fune con la caduta dell’Angelo, miracolosamente salvatosi tra la vegetazione.
Questa festa è legata ad un racconto leggendario secondo cui dei siciliani avrebbero commissionato la realizzazione della statua di San Vincenzo Ferreri ad uno scultore iberico e, nel trasporto dell’opera, i committenti avrebbero sostato nel piccolo centro di Gesualdo.
Qui, il popolo si sarebbe poi appropriato del Santo e della sua storia tanto da trattenerne la statua e improntarci il rito di devozione e celebrazione presente ancora oggi.
Allegoricamente, questo rituale non è altro che un modo di ringraziamento al cd. “Angelo dell’Apocalisse” (altro nome con cui viene riconosciuto San Vincenzo dai poteri taumaturgici) per l’abbondanza dei raccolti e, dunque, un rito legato alla fertilità e ai campi.
Emblematica è anche la figura del bambino-angelo in cui è incarnata la forza e la potenza del santo guerriero intento a lottare da solo contro ogni minaccia ed avversità.
Il volo è metafora della discesa in Terra dell’Angelo che viene ad omaggiare il Santo ed il popolo di fedeli.
San Vincenzo: la tradizione del “tiro” dell’Angelo
Il “tiro” dell’Angelo ha inizio dopo la solenne messa officiata in onore di San Vincenzo Ferreri, raffigurato con le ali , il dito della mano destra rivolto verso il cielo a ricordare la presenza di Dio, e nella mano sinistra il “Timete Deum” insieme alla tromba che annuncerà il Giudizio Universale. Un Santo ritenuto potente e miracoloso, vissuto storicamente tra la fine del Medioevo e l’Umanesimo che per la comunità gesualdina è icona massima di fede e protezione.
Alla liturgia segue il volo dell’Angelo su questo cavo d’acciaio donato, secondo racconto antico, da emigranti del paese agli inizi del XX secolo, andando a sostituire la precedente fune di canapa.
Partendo dalla torre del Castello, una volta giunto a metà percorso, ha abbrivio la rappresentazione teatrale (un tempo riservata solo alla nobiltà e, successivamente aperta anche al popolo) con l’Angelo che si rivolge a San Vincenzo e alla folla:
“O glorioso San Vincenzo Ferreri, io dall’alto vengo e ti saluto, mi rallegro con te del grande onore che oggi ti rende questo popolo festante…”
e poi, agitando la sua spada, lancia la sfida al Diavolo:
“Lode a te evviva per sempre a dispetto di Satana e di tutto l’inferno!…”
Tra urla orrende e rumori malvagi, compare dagli Inferi Lucifero dando inizio ad un acceso scambio di battute che rievocano in parte “Il Paradiso Perduto” di John Milton, e incalza:
“Di Satana? Di tutto l’Inferno? Quale esile fiato fa cenno al mio nome? Al mio Regno? …Tu! …Chi sei tu, o miserabile uccello dalle ali mozzate che pigolando vai su questa mia terra?”
Una disputa tra Bene e Male, tra Cielo e Terra, tra divino e diabolico che termina con la vittoria del guerriero alato e il ritorno sotterraneo del demone.
In serata, segue la solenne processione, al termine della quale si assiste al rientro dell’Angelo che sulla fune ripercorre il tragitto a ritroso benedicendo i fedeli emozionati:
“…Benedico le vostre case, le vostre campagne e i vostri figli lontani da Gesualdo per motivo di lavoro…”.
Gli applausi accorati della folla e gli spari della festa accompagnano il ritorno al Paradiso della piccola creatura celeste, mentre, per i vicoli del paese, luminarie, banchetti e musica allietano la serata.
Un’atmosfera molto particolare e suggestiva che ha dentro qualcosa di lontanamente dantesco. Una tradizione fortemente sentita dalla gente del posto, manifestazione simbolo d’identità popolare in cui si mantengono vivi usi e costumi che vale la pena conoscere!
Pasqualina Giusto
- Bibliografia:
- “La tradizione popolare e la festa di San Vincenzo” in La Chiesa e il Convento del SS.Rosario a Gesualdo, Avellino, De Angelis Editore 2002
- Sitografia:
- http://carlogesualdo.altervista.org/files/notizie_dal_sito/gesualdo_volo_angelo.htm
- Foto:
- Francesco Zollo