Guerre Stellari ci ha accompagnato per tre generazioni ed oggi, con i cartoni animati Clone Wars e Rebels, sta giungendo alla quarta. Ma come si è evoluto nel corso dei decenni in rapporto alla storia sociale e politica dell’Occidente?
Prima di rispondere alla domanda clou, è necessario un percorso che deve partire da un patto, da un postulato o premessa con tutti i lettori: nella saga di Lucas la forza rappresenta il potere. Tutti i personaggi di Star Wars sensibili alla forza occupano posizioni di rilievo nella gerarchia sociale o lo faranno. Leia, Luke, Darth Vader, e Sidious nella trilogia originale; i jedi, Palpatine, Dooku, Maul e Grevious nei prequel; Kylo Ren, Maz Kanata e Rey negli ultimi episodi.
Possiamo iniziare con le considerazioni. Probabilmente, questa concezione della forza intende sottolineare come percepire le cose prima di tutti possa dare una marcia in più nella gestione del potere, nel fare politica in ultima analisi.
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Negli episodi IV, V e VI di Guerre Stellari, troviamo lo stesso plot narrativo -quello dell’eroe, ndr– che troveremo anche negli episodi successivi, ma l’attenzione si focalizza sui personaggi e sulla loro caratterizzazione piuttosto che sulla storia, sugli schieramenti e non sulla minaccia nucleare (le morti nere che si susseguono negli episodi).
Troviamo la contrapposizione di ribelli, caratterizzati solo da aggettivi positivi: sono buoni, bravi, pochi rispetto alle forze del nemico e necessariamente scaltri per sopravvivere all’impero. Quest’ultimo è forte, oppressivo, ha ridotto la galassia in miseria ed è condotto dagli spietati Fener e Sidious.
Sembrerebbe non esserci partita, ma il pericolo delle armi di distruzione di massa non è il core dei film.
Dalle prime recensioni del film e successive interpretazioni di interviste a Lucas, è stato chiaro a tutti come tanti contro pochi ed il richiamo all’imperialismo fossero paralleli con gli Usa di quei tempi ed il loro attacco al Vietnam. Il potente esercito statunitense sbaragliato da attacchi di fortuna. Questa è l’interpretazione ufficiale, ma cos’altro ricorda il film?
L’ideologia cieca di quegli anni! Parliamo di un mondo senza sfumature, in cui sei buono oppure no, simile a quello in cui i comunisti si credevano pieni di tutte le virtù ed attribuivano al capitalismo tutti i vizi e viceversa. Un Occidente spaccato in due, dove l’affermazione di una delle due ideologie supera la paura di sterminare gran parte della popolazione mondiale.
La Morte Nera di Guerre Stellari non è che un contorno rispetto all’affermazione di un’ideologia salvifica e ce lo dice una frase di Darth Vader diventata celebre meme:
“Comandante, non sia così fiero del suo terrore tecnologico perché non è nulla rispetto al potere della Forza”.
Il malaugurato ufficiale fa notare, seppur con toni sfidanti, che i ribelli -l’altra fazione ideologica, ndr– debbano temere più il pericolo nucleare che la forza, cioè la sconfitta ideologica, e rischia la morte. Immaginiamo di essere fra anni ’70 e ’80 e dire all’elettore medio “Bisogna fermare il terrore nucleare! Cosa ce ne facciamo delle ideologie se rischiamo di morire tutti?”. Beh, dopo aver ricevuto la nostra bella risposta, non ci resterebbe che contare di quanti denti disponiamo ancora.
Il rapporto col potere è vissuto in maniera diversa nei prequel di Guerre Stellari.
Qui vediamo una civiltà repubblicana ed evoluta. Potremmo dire che non potrebbe essere altrimenti perché il miglioramento degli effetti speciali lo consentiva, ma la nostra logica ci porta agli anni 90-2000 in cui è stato ricostruito tutto ciò che le ideologie avevano distrutto, anche grazie ad una prosperità economica invidiabile.
Le ambientazioni di Star Wars ne risentono. Si passa dalla gelida Hoth a Coruscant, dal deserto di Tatooine a Naboo, dal sistema di Dagobah ai pianeti verdeggianti del cartone Clone Wars. Inoltre, c’è un cambiamento fondamentale. Gli appassionati di Guerre Stellari hanno criticato gli ultimi episodi al grido “Star Wars è la storia di Anakin Skywalker”, tralasciando che costui è proprio il soggetto che ha il cambiamento più forte nei prequel perché passa dall’essere nero e misterioso a giovane riscattato dalla schiavitù. Ancora una volta ricorda il volto dell’ideologia: passa da rosso/nero ad essere umano con un volto e un’anima. Con delle idee che la sua padawan Tano, in Clone Wars, definisce “leggermente radicali”, parlando con un’altra apprendista.
Queste convinzioni lo porteranno ad essere Darth Vader sì, ma sono le stesse che sembrano condurre verso la degenerazione politica: i populismi.
Fenomeno tipico di una crisi politica che, in Guerre Stellari, è accompagnata da un conflitto con la periferia della Galassia che la Repubblica ha abbandonato nelle mani della potente Gilda Commerciale dei Mercanti perché non in grado di soddisfarne nemmeno i bisogni primari, ossia sicurezza e viveri. Al punto che questa corporazione possiede un proprio esercito.
Un conflitto del centro contro la periferia (l’orlo esterno), dei primi contro gli ultimi, di ciò che è avanzato contro ciò che non lo è. Non ricorda forse le guerre in Iraq, in Libia ed ogni guerra condotta in Africa? La guerra contro i più deboli è la crociata che combattiamo ogni giorno contro i diversi, i deboli perché ci potrebbero togliere qualcosa che stiamo perdendo e che non abbiamo la forza di farci restituire.
Il repubblicano medio, se poteste entrare nell’universo di Guerre Stellari, vi direbbe:
“Il Cancelliere merita più potere –infatti li otterrà, ndr- e l’orlo esterno aiutiamolo a casa sua!”.
Non a caso, in “Clone Wars”, un Senatore vorrebbe dettare la linea ai ribelli del suo sistema -che combattono contro i Separatisti, ndr– da Coruscant ed il Generale che guida la ribellione gli chiede “Dove sei tu mentre noi qui moriamo e non possiamo mangiare?”, salvo rassicurare Windu di non avere mire politiche e di desiderare solo la libertà del suo popolo. Insomma, la casta sembra esistere anche in Guerre Stellari.
Fra cartoni e film, dunque, capiamo perché Anakin ceda alle tentazioni di rinunciare a vedere grigio, con sfumature e finirà per dire “Chi non è con me è contro di me”: una frase che potremmo sentire da Podemos, dai trumpisti americani, dai cinque stelle e dai leghisti o dai più profondi tifosi berlusconiani e renziani.
Frase che Yoda, riprendendo la netta contrapposizione degli anni di episodio IV, dirà diversamente con il famoso “Fare o non fare: non esiste provare” in barba ad ogni “Solo i sith vivono di assoluti”.
Cari Lettori, nel prossimo numero, continueremo ad analizzare approfonditamente i personaggi dei prequel, della nuova trilogia e degli spin-off.
Ferdinando Paciolla