Giuseppe Parini (1729-1799) fu uno dei massimi esponenti del neoclassicismo e dell’Illuminismo italiano; ebbe una vita priva di viaggi e grandi avvenimenti.
La sua cultura si basava sua una fedeltà alla tradizione classica greca e latina ma a differenza dell’esteriore classicismo arcaico, quello di Parini è aperto all’analisi della realtà intrecciando la cura per la forma e l’equilibrio espressivo con animosa tensione morale.
Parini è per una poesia civile; egli è un poeta che si impegna a diffondere una moderata razionalità nella vita sociale, a rimuovere pregiudizi e prepotenze che deformano i reali rapporti tra gli uomini. Per la poesia Parini riprende il concetto oraziano dell’utile dulci, con cui il poeta è mediatore di valori superiori di civiltà all’interno di un élite animata da un supremo equilibrio morale.
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“Il Giorno” – poema satirico di Giuseppe Parini
“Il Giorno” è l’opera più celebre di Giuseppe Parini, si tratta di un poema didascalico-satirico scritto in endecasillabi sciolti e pubblicato per la prima volta nel 1763. Un’opera costruita sull’ambiguità che con tono ironico critica la classe nobiliare del ‘700. Uno stile con frequenti richiami classici, con un sarcastico tono solenne che sostiene l’ironia ma con un gusto poetico colto e raffinato.
L’opera è una descrizione accuratissima della giornata-tipo del giovane nobile, che il Precettore osserva con l’intento di suscitare, alla luce dei suoi valori illuministici, un moto di riscatto nel suo lettore. Il poema si divide in quattro parti nei momenti della giornata tipica del “giovin signore” appartenente alla nobiltà milanese: il Mattino, il Meriggio, il Vespro e la Notte.
“Giovin Signore, o a te scenda per lungo
Di magnanimi lombi ordine il sangue
Purissimo celeste, o in te del sangue
Emendino il difetto i compri onori
E le adunate in terra o in mar ricchezze
Dal genitor frugale in pochi lustri,
Me Precettor d’amabil rito ascolta.
Come ingannar questi noiosi e lenti
Giorni di vita, cui sí lungo tedio
E fastidio insoffribile accompagna,
Or io t’insegnerò. Quali al Mattino,
Quai dopo il Mezzodí, quali la Sera
Esser debban tue cure apprenderai,
Se in mezzo a gli ozi tuo ozio ti resta
Pur di tender gli orecchi a’ versi miei.”
Il Mattino
Al mattino il Giovin signore si sveglia tardi in quanto immerso nei suoi impegni mondani fino a tarda notte e per colazione dovrà scegliere cioccolata o caffè per poi essere annoiato da varie visite importune e poi sarà lieto di ricevere visite più gradite.
Vestito di abiti nuovi dopo la visita del sarto, sale sulla carrozza per recarsi dalla sua dama di cui è cavalier servente secondo la pratica del Cicisbeismo di cui Parini fa una feroce satira: un gentiluomo che nel Settecento e nell’Ottocento accompagnava una nobildonna sposata in occasioni mondane, feste, ricevimenti, teatri e l’assisteva nelle incombenze personali, quali toeletta, corrispondenza, compere, visite, giochi.
“Ma non però senza compagna andrai
che sia giovane dama, ed altrui sposa;
poiché sì vuole inviolabil rito
del bel mondo onde tu se’ cittadino.”
Il Meriggio
In questo momento della giornata il giovin signore è a pranzo a casa della dama della quale incontra il freddo ed annoiato marito. Durante il susseguirsi dei discorsi a pranzo un commensale vegetariano parlando in difesa degli animali, ricorda alla dama il giorno in cui la sua cagnolina “la vergine cuccia” venne lanciata nella polvere da un cameriere che ne aveva subìto il morso. Segue lo sfoggio della più varia cultura dei commensali, il caffè e i giochi.
“…Or le sovvien del giorno,
Ahi fero giorno! allor che la sua bella
Vergine cuccia de le Grazie alunna,
Giovanilmente vezzeggiando, il piede
Villan del servo con gli eburnei denti
Segnò di lieve nota: e questi audace
Col sacrilego piè lanciolla: ed ella
Tre volte rotolò; tre volte scosse
Lo scompigliato pelo, e da le vaghe
Nari soffiò la polvere rodente”
Il Vespro
“Il vespro” si apre con una descrizione del tramonto. Il giovin signore e la dama fanno visita agli amici e vanno in giro in carrozza. Si recano in visita da un amico malato e poi da una nobildonna che ha appena avuto una crisi di nervi. A questo punto c’è l’enfasi nell’annuncio del giovin signore della nascita di un primogenito maschio di una famiglia nobiliare.
“Oh solenne a la patria oh all’orbe intero
Giorno fausto e beato al fin sorgesti
Di non piú visto in ciel roseo splendore
A sparger l’orizzonte. Ecco la sposa
Di Ramni eccelsi l’inclit’alvo al fine
Sgravò di maschia desiata prole
La prima volta. Da le lucid’aure
Fu il nobile vagito accolto a pena,
Che cento messi a precipizio usciro
Con le gambe pesanti e lo spron duro
Stimolando i cavalli, e il gran convesso
Dell’etere sonoro alto ferendo
Di scutiche e di corni: e qual si sparse
Per le cittadi popolose, e diede
Ai famosi congiunti il lieto annunzio…”
La Notte
La giornata inutile del nobile lombardo si avvia alla conclusione: i due amanti ora prendono parte ad un ricevimento notturno e il Parini narratore descrive i personaggi in sala, in particolare “gli imbecilli” con sciocche manie. Si passa ai tavoli da gioco: la disposizione dei posti fa nascere nuovi intrighi e risvegliare vecchi amori. Così si conclude la giornata del nobile italiano del ‘700 che tornerà a casa a notte fonda per svegliarsi al mattino sempre più tardi.
“Quanta folla d’eroi! Tu, che modello
d’ogni nobil virtù, d’ogn’atto eccelso,
esser dei fra’ tuoi pari, i pari tuoi
a conoscere apprendi; e in te raccogli
quanto di bello e glorioso e grande
sparse in cento di loro arte o natura”
Vuoto di valori e la sfiducia nelle riforme di Giuseppe Parini
L’opera è un poema didascalico-satirico, una satira di costume contro la nobiltà che esprime gli ideali della borghesia lombarda seguace dei princìpi dell’Illuminismo. I Nobili sono presentati e descritti ognuno con il suo comportamento vanitoso e con formalismi privi di sostanza.
Il precettore indica al discepolo questa “folla di eroi”: la scena d’insieme delinea vere e proprie macchiette, simbolo del vuoto interiore di una nobiltà che non è consapevole del proprio declino morale. Parini si è dedicato alla composizione del poemetto con l’intento di stimolare la nobiltà ad assumersi un ruolo propositivo e fattivo nella società.
Ma in questa fase di stesura dell’opera avverte la triste percezione che l’aristocrazia sia travolta da un disfacimento irreversibile, di cui sono metafora le tenebre della Notte. L’autore è anche consapevole che, dopo le scelte autoritarie di Giuseppe II, successore di Maria Teresa d’Austria (1780), si sia interrotta la collaborazione tra intellettuali e governo illuminato, e che dopo gli esiti sanguinosi della Rivoluzione francese (1789) sia entrata in crisi la possibilità di un moderato riformismo sociale.
Maurizio Marchese
Fonti:
- G.Parini, Il Giorno, edizione critica a cura di Dante Isella, Einaudi, Parma, 1996
- G.Parini, Il Giorno, in Poesie e prose, a cura di L. Caretti, Ricciardi, Milano-Napoli, 1951
- G.Petronio, Parini e l’Illuminismo lombardo, Feltrinelli, Milano, 1961