“Settanta Revisited” è il titolo del nuovo libro di Carlo Crescitelli, che ritorna a scrivere dopo aver pubblicato una serie di racconti nelle vesti dell’ “antiviaggiatore”. Questa volta, però, lo scrittore avellinese compie un viaggio nel tempo, che lo porta a ripercorrere proprio gli anni 70’. Il libro, edito da Il Terebinto Edizioni, si presenta con questo sottotitolo:
Guida sballata e verbosa per l’anziano rincattivito di questi anni millenovecentoduemili.
Da questa prima indicazione emerge già il tono scanzonato che permea l’intero scritto, ma anche la funzione liberatoria che l’autore attribuisce a quest’ultimo. Infatti, in controtendenza rispetto ad ogni esortazione sull’essere sintetici, Crescitelli fa capire sin da subito di avere non poche cose da dire. Parte così la sua disamina sul passato, sul presente, ma soprattutto su quello che del passato manca nel presente.
La “guida verbosa” procede seguendo inoltre una doppia linea narrativa. L’autore, infatti, incastra il racconto delle sue personali vicissitudini legate agli anni ’70 con il contesto sociale, musicale e politico dell’epoca. Il quadro che viene fuori è quello di un modus vivendi abbastanza lontano dalla nostra epoca, che Crescitelli inevitabilmente rimpiange.
Innanzitutto lo spirito degli anni Settanta viene anticipato dal ’68, un anno di stravolgimenti soprattutto in ambito musicale, con i Beatles e nell’anno successivo con l’approdo dell’uomo sulla Luna. Insomma quel decennio si presentava colmo di novità e promesse già prima di iniziare. Anche se alcune di queste non sono state mantenute, vale ancora la pena ricordare quegli anni come i migliori di sempre.
Nell’epoca in cui il digitale era utopia bastava poco per stare bene, perché le generazioni avvertivano i cambiamenti in atto e li vivevano con entusiasmo e curiosità. Non immaginavano forse in cosa si sarebbe trasformata l’Italia da lì a qualche decennio successivo. Se oggi infatti i politici utilizzano retoricamente il termine “crisi” per giustificare il proprio operato o giudicare quello altrui, un tempo le cose stavano diversamente. Una maggiore coscienza critica, forse, incentivava i politici di turno a non dare tanta importanza alla forma, ma a concentrarsi piuttosto sul contenuto. Anche laddove quest’ultimo veniva meno, c’era comunque una maggiore dignità nel riconoscere le proprie nefandezze.
Dark sided in Gran Bretagna e nel mondo, Prisencolinensinaiciusoled alla tivvù italiana: questo fu il nostro 1973, e non si può negare che fosse un gran bel sentire.
Con queste parole l’autore prosegue il suo viaggio, a riprova del fatto che le band e i musicisti degli anni ’70 erano considerate vere e proprie leggende, a prescindere dal fatto che fossero italiane o anglosassoni. È l’epoca in cui si partecipa ai primi concerti rock e ci si emoziona nel vedere in tv il proprio mito, che nel caso di Crescitelli è proprio Raffaella Carrà.
L’autore ha sotenuto inoltre che peculiarità unica degli anni ’70 era il fatto che ognuno fosse in grado di capire quale ruolo ricopriva all’interno della società. Le nuove generazioni, si affidavano in parte all’utopia estetica, sperimentavano cioè l’uso di droghe, nella speranza di raggiungere uno stato di beatitudine. Dall’altro lato c’erano quelli che invece si attivavano politicamente per l’affermazione della dittatura del proletariato. Nessuno era vittima del sistema e ognuno poteva scegliere da che parte stare.
Uno sguardo al nostro recente passato, quello di Crescitelli, che lo avvicina non solo ai suoi coetanei ma anche ai più giovani.
La lettura strappa sorrisi ma anche riflessioni sugli argomenti più vari. In fondo anche e soprattutto le nuove generazioni sono chiamate a guardare al passato per migliorare il loro presente.
Giuseppina Di Luna