Quando pensiamo ai giochi degli antichi romani pensiamo ai “ludi gladiatori”, a grandi giochi collettivi e spesso sanguinari. Pensiamo alle naumachie, ovvero alle battaglie navali, a gare equestri come le corse delle bighe.
I romani però, nel loro tempo libero e nei momenti di socialità più ristretta, amavano rilassarsi in tanti altri modi. Si dilettavano nel passeggiare a lungo nei giardini e per i Fori, si dedicavano alla lettura e a quelli che noi oggi definiremmo giochi da tavolo.
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Le tabulae lusoriae
Ai tempi questi tipi di giochi venivano chiamati in latino “tabulae lusoriae”. Il gioco più diffuso era un antenato della nostra dama e dei nostri scacchi, il “gioco dei soldati” o “ludus latrunculorum”. Non ne conosciamo bene le regole, nonostante ci siano pervenute molte notizie su questo gioco attraverso gli scritti di diversi e illustri autori latini, come ad esempio Marziale e Ovidio. Sappiamo che si giocava su una scacchiera divisa da linee orizzontali e verticali, sulla quale venivano collocate sedici pedine, dette “calculi” o “milites”. Scopo del gioco pare fosse quello di impadronirsi del maggior numero di pedine dell’avversario. Venivano costruite scacchiere in legno, o molto semplicemente alcune volte si tracciavano delle linee persino in strada, come ci testimoniano anche i gradini della Basilica Iulia del Foro Romano. Non solo, si sono trovate incisioni di scacchiere anche su grosse lastre di marmo.
Le pedine utilizzate avevano le forme più disparate ed erano generalmente in legno, in osso o in vetro colorato. Testimonianze a riguardo ci arrivano anche da Petronio, che nel suo Satyricon ci descrive le pedine d’oro e d’argento che venivano usate dal ricchissimo Trimalcione.
I dadi nell’antica Roma
All’epoca i dadi da gioco erano ricavati dalle ossa di diversi animali. I dadi erano particolarmente amati dai romani, questo è riportato da moltissime fonti. “Alea iacta est” ovvero “il dado è tratto” disse Caio Giulio Cesare passando il Rubicone. In epoca tardo-imperiale lo scrittore Agazia Scolastico scrisse un epigramma dedicato a questo gioco:
«Seduto a questa tavola ornata di belle pietre muoverai l’amabile gioco del lancio sonoro dei dadi. Ma se vincerai non ti fare superbo, oppure, se superato da altri, non ti addolorare rimproverando il tuo lancio da pochi punti. Ché nelle piccole cose si fa manifesto il carattere dell’uomo e il dado annuncia quanto profondamente sia radicata la saggezza».
Svetonio riporta anche la passione dell’imperatore Claudio per i dadi: pare che questo nei suoi spostamenti girasse sempre con un tavoliere attaccato al suo carro, in modo da poter giocare ad alea ogni volta ne avesse desiderio.
Il gioco dell’alea è un predecessore del gioco della tabula e tutti e due rappresentano dei progenitori del backgammon.
Il Ludus duodecim scriptorum
Sia alea che tabula, entrambi a loro volta appaiono legati ad un gioco noto come Ludus duodecim scriptorum. Questo gioco tuttavia si differenziava dagli altri perché si giocava su una tavola da 36 caselle (3×12) anziché da 24, come tipico degli altri giochi. La sfida era tra due giocatori che disponevano sulla scacchiera dodici pedine. Per muovere le pedine occorreva tirare i dadi. Muovendo sulla casella occupata da un altro giocatore, questa veniva occupata e la pedina perdente era costretta a iniziare nuovamente da capo il suo percorso.
Le tavole del “gioco dei dodici punti” recavano spesso immagini o frasi, anche scherzose e provocatorie come: “victus lebate, luder nescis. Daluso rilocum“, vale a dire: “sconfitto alzati, non sai giocare. Lascia il posto a un vero giocatore!“. Su queste tavole si sono rinvenute spesso anche frasi che celebravano la spensieratezza della vita: “venari, lavari, ludere, ridere: hoc est vivere“, “andare a caccia, fare il bagno, giocare, ridere: questo è vivere“.
Gli studi di Monica Silvestri
Monica Silvestri è un’archeologa di Genzano di Roma che ha unito le sue conoscenze della Conservazione dei Beni Culturali con una grande passione per i giochi da tavolo. Il risultato è il progetto “Ludus in Tabula”, ovvero la ricostruzione artigianale dei giochi da tavolo più antichi proprio partendo dallo studio di reperti archeologici e di documenti provenienti dagli archivi di tutto il mondo.
Anna Amura