Nascita del romanzo picaresco
Nel corso dei secoli in letteratura c’è sempre stato grandissimo interesse sul corso della vita umana e, più nello specifico, sulla crescita, l’evoluzione di un individuo nella società.
Un piccolo grande esempio di questo interesse di lettori e scrittori è la famosissima storia di David Copperfield, scritta da Charles Dickens nel 1850, ma questo tipo di racconto e di analisi -introspettiva e sociale- risale a molto tempo prima, con le dovute e scontate differenze. Ci spostiamo in Spagna, nel 1554, quando compare sulla scena culturale un nuovo tipo di romanzo che sarà destinato ad essere il capostipite di un genere largamente imitato ed amato: con la pubblicazione de “La vida de Lazarillo de Tormes” nasce il romanzo picaresco.
Il genere sarà incentrato sulla storia di un “picaro”, un ragazzino di umili origini che per cause maggiori sarà costretto a guadagnarsi da solo da vivere. È una storia di sopravvivenza, di adattamento e di lotta alle avversità.
Il protagonista di questo primo libro, Lazaro, sarà costretto ad abbandonare la casa natale per mettersi al servizio di diversi padroni o “amos”(sette padroni in tutto, quanti i tratados in cui è diviso il racconto), dovrà apprendere con rapidità a stare al gioco della vita e a non morire di fame e di stenti.
Nessuno dei suoi padroni sarà in grado di garantirgli un accenno di stabilità così Lazaro sarà spesso costretto a ricorrere a l’inganno ed alla beffa per sopravvivere in un mondo che non lo vuole e che gli rende sempre più ardua, quasi inaccessibile, la sua ascesa sulla scala sociale. Il fine ultimo del nostro anti-eroe sarà raggiungere almeno la parvenza di un eroe: integrarsi nella società ed arrivare a conquistare un onore che non ha mai avuto e che, in fin dei conti, mai avrà.
Le caratteristiche della picaresca
La picaresca si distingue per altri diversi tratti caratterizzanti: in primo luogo c’è l’anonimato dell’autore, importantissimo perché permette la formulazione di critiche molto dure all’interno del romanzo.
Nel ‘500 la Spagna viveva un momento di grande crisi, economica ed ideale, e così nel Lazarillo, con lo sguardo sempre puro del protagonista che, in effetti, sta semplicemente descrivendo ciò che vede, il mondo in cui vive, ci ritroviamo a fare i conti con una realtà perversa e cieca: troviamo un chierico, rappresentante delle istituzioni ecclesiastiche, più attaccato ai suoi beni materiali che alla sua fede; uno scudiero, appartenente alla categoria degli “hidalgos”, nobili decaduti che di nobiliare hanno solo il titolo e la facciata ma che in realtà patiscono tanto la fame quanto un qualunque picaro.
Questi ultimi preferirebbero morire piuttosto che perdere il proprio “onore”, un onore che per il popolo spagnolo è stato devastante; l’attaccamento ad ideali estemporanei e retrogradi, a discapito dell’accettazione della necessità di doversi adattare ad un nuovo contesto sociale, ha reso la Spagna un paese pieno di idealisti ma povero di lavoratori che avrebbero dovuto mandare avanti il paese.
Tutti i romanzi picareschi sono poi un’ “autobiografia romanzata”: il narratore è il protagonista stesso che, indirizzando la sua lettera ad un destinatario, anch’egli parte della finzione narrativa, racconta la propria vita alternando due visioni, due prospettive narranti: da una parte vi è il picaro giovane che vive le sue esperienze e le racconta con gli occhi del fanciullo, dall’altra il picaro adulto, che giudica più assennatamente i suoi comportamenti, guardandoli da una prospettiva temporale ormai lontana.
Ciò che contraddistingue il “Lazarillo de Tormes” e che più stupisce il lettore è l’assenza di un intento moraleggiante. L’autore non è mai esplicito, descrive con ferma consapevolezza la società del suo tempo, in tutte le sue sfaccettature e contraddizioni. Il personaggio di Lazaro, poi, è tutt’altro che esemplare: è tra ruberie ed inganni che costruisce la sua vita ma noi non gliene diamo mai una colpa, anzi, arriviamo a compatirlo e a giustificarlo perché “Non avrebbe potuto agire altrimenti”.
L’amarezza della realtà nel Lazarillo
A proposito di questa sua condizione, delle critiche mosse in maniera così naturale da questo anonimo autore nel Lazarillo, l’ispanista Giacinto Lentini affermò «L’amarezza, d’altronde, questo stato d’animo veramente spagnolo, è uno dei motivi sempre presenti in quel periodo». E così Il Lazarillo “diverte, suggestiona, ma dietro il divertimento si nasconde l’amarezza. L’amarezza di un popolo e l’amarezza di un’epoca in cui si confondono lusso e povertà, miserie umane e nobili sentimenti, ipocrisia, vizi e inganni. Nel Lazarillo de Tormes vengono descritti i guasti della società spagnola, già all’inizio dello sfacelo, che continua ancora a ostentare festosità e fastosità.”
Fonti: http://www.flaneri.com/
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Daniela Diodato