Palazzo Donn’Anna vede la sua origine alla fine degli anni trenta del 1600 per volontà di Donn’Anna Carafa della Stadera, principessa di Stigliano e moglie di Ramiro Felipe Núñez de Guzmán, secondo duca di Medina de las Torres. Ad ideare il progetto per la realizzazione del palazzo fu Cosimo Fanzago, architetto allora ampiamente rinomato. Egli non riuscì, tuttavia, a portare a termine la costruzione dell’intero edificio a causa della prematura morte di Donn’Anna.
“Il bigio palazzo si erge nel mare. Non è diroccato, ma non fu mai finito; non cade, non cadrà, poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie, poiché l’onda del mare non è perfida come quella dei laghi e dei fiumi, assalta ma non corrode. Le finestre alte, larghe, senza vetri, rassomigliano ad occhi senza pensiero; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia, entra scherzando e ridendo il flutto azzurro, incrosta sulla pietra le sue conchiglie, mette l’arena nei cortili, lasciandovi la verde e lucida piantagione delle sue alghe. Di notte, il palazzo diventa nero, intensamente nero [..] il palazzo rimane cupo e sotto le sue volte fragoreggia l’onda marina”. [1]
I retroscena della leggenda di palazzo Donn’Anna
Un sera, sia la nobiltà napoletana che quella spagnola accorrevano ad una delle magnifiche feste che la donna dava nel suo palazzo di Posillipo. Stavolta, per la prima volta, lo spettacolo teatrale al quale, durante queste feste, di solito, s’assisteva, ebbe come protagonisti gli esponenti della stessa nobiltà, in particolare sua nipote di Spagna, Donna Mercede de las torres (o Donna Mercedes) ed il nobile Gaetano di Casapesenna. L’interpretazione scenica fu intrisa di tanto fervore e passione che gli invitati non poterono fare a meno di commuoversi ed elevare, indirettamente, Donna Mercedes al di sopra di Donn’Anna. Quest’ultima, infatti, piena di gelosia non tardò ad inveire contro la bella nipote spagnola con testuali parole “Le donne di Spagna sono esse le prime ad abbandonarsi all’amante” ottenendo, così, la pronta risposta di Donna Mercedes: “Le donne di Napoli si gloriano del numero degli amanti”. [1]
A dire il vero erano state entrambe, e Donn’Anna sperava invano di poterlo essere ancora, le amanti di Gaetano Casapesenna.
“Voi amate ancora Gaetano Casapesenna”.
“Voi anche lo amate ed egli non vi ama, Donn’Anna”. [1]
Possiamo ben credere che tra le due non cessò mai d’esservi odio, almeno fino a quando la stessa Donna Mercede scomparve, forse presa da un’improvvisa vocazione religiosa che la spinse a vivere il resto della sua esistenza in convento. L’ipotesi non convince ed il nobile Casapesenna dovette cercarla ovunque ma, non la rivide mai più. Egli stesso si dice morì poco tempo dopo, in battaglia, “quale a cavaliere sventurato si conviene”.
Un palazzo fantasma
Chi sono, dunque, i fantasmi che pare ancora si aggirino nel palazzo Donn’Anna e si affaccino da quelle lunghe finestre al mare emettendo lamenti?
“Quei fantasmi sono quelli degli amanti? O divini, divini fantasmi! Perché non possiamo anche noi, come voi, spasimare d’amore, anche dopo la morte?”. [1]
La tradizione popolare vuole che fosse la regina Giovanna I D’Angiò (1326-1382), e non Donn’Anna, a far ammazzare i suoi amanti dopo aver consumato con essi l’atto sessuale, nel periodo in cui il palazzo fu una delle sue residenze.
Non ci è dato sapere con certezza di chi siano le anime vaganti che abitano il palazzo Donn’Anna, quanto piuttosto credere che di chiunque si tratti, esso sta in equilibrio sul filo rosso di un amore che porta alla morte.
Bianca Cardito
FONTI:
[1] Matilde Serao, Leggende Napoletane (1995)
http://www.classicistranieri.com/liberliber/Serao,%20Matilde/leggen_p.pdf