Nel 1986, con la stesura de La società del rischio, Ulrich Beck offrì un’interessante lettura della società contemporanea. Il noto sociologo, utilizzando nuove categorie interpretative, ci aiuta ad orientarci in un mondo che sembra incapace di ritrovare un vero e proprio ordine.
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Modernità riflessiva
“Nel XIX secolo la modernizzazione ebbe luogo sullo sfondo del suo opposto: di un mondo fatto di tradizioni e di una natura che andava conosciuta e dominata. Oggi, alle soglie del XXI secolo, la modernizzazione ha consumato e perduto il suo opposto, e si ritrova confrontata con se stessa […]. La modernizzazione interna all’orizzonte di esperienza premoderno è sostituita dalla modernizzazione riflessiva”
Scartando la definizione di “post-moderno”, che testimonia l’incapacità di trovare nuovi punti di riferimento, Beck parla piuttosto di una seconda fase della modernità stessa. In questa fase il progresso non è un bene in sé e perciò va sottoposto ad esame. Inoltre, la scienza non gode più del monopolio della verità e le stratificazioni sociali sfumano verso una piatta individualità. In questo tipo di modernità, infine, ci si confronta con rischi pervasivi, trasversali e spesso incalcolabili.
La società del rischio
La seconda modernità è di fatto produttrice tanto di ricchezze quanto di rischi. Inoltre il confine tra natura e società è del tutto sfumato. Le tecnologie e gli standard di vita più recenti hanno o rischiano di avere un grave impatto sull’ambiente a medio e a lungo termine. Basti pensare alle questioni che riguardano l’energia nucleare o la gestione dei rifiuti.
Beck designa i rischi (globali, impliciti, impercettibili, potenziali, pluri-generazionali) come fautori di una nuova interpretazione della scienza. Essa ha perso quel carattere di infallibilità che gli garantiva fiducia e consenso. Spesso è, infatti, confinata al campo della probabilità, in particolar modo quando si tratta di definire e prevedere i rischi di un esperimento o di una certa sostanza.
Al di là delle questioni epistemologiche, tutte le branche del sapere si confrontano con problematiche trasversali, che però vengono esaminate solo dalla propria prospettiva. La scarsa sinergia e lo scontro di opinioni in uno stesso ambito creano contesti in cui l’esperto dà risposte vaghe o evasive. Esse vengono spesso manipolate secondo interessi economici e ciò si verifica a spese del singolo.
Tralasciando gli effetti virtuosi o preoccupanti di tale situazione – che vanno dall’ecologia all’anti-vaccinismo – Beck afferma la necessità di una revisione del modello scientifico. I suoi fondamenti devono essere l’autocritica e una logica dei limiti. Piuttosto che illudersi di poter mantenere una posizione neutrale in virtù del progresso in sé, la scienza deve essere cosciente del fatto che dal suo operato dipendono milioni di vite.
La società dell’individuo
Al rapporto tra scienza e ambiente si aggiungono problemi più strettamente sociali. La modernità riflessiva dialoga con l’individuo, senza connotazioni di genere o di altro tipo. Questo “capitalismo senza classi” ha due importanti conseguenze. Il singolo è spesso isolato o spinto a isolarsi, ponendo come priorità la propria realizzazione ed espressione, spesso a scapito dell’idea di comunità o famiglia. Inoltre, il lavoro è “de-standardizzato”, cioè svincolato dalle tradizionali idee di posto fisso e ambiente lavorativo.
Soprattutto nei paesi occidentalizzati, ognuno può ormai costruirsi una “biografia fai-da-te”. La provenienza sociale, le connotazioni razziali e sessuali non rappresentano più un limite invalicabile. È questo il frutto di importanti conquiste storiche, che però comporta l’abbandono dell’individuo a se stesso. Tutto ciò si traduce facilmente in uno scarico di responsabilità sulle spalle del singolo, che può e deve contare unicamente su se stesso, anche quando si confronta con difficoltà sistemiche che vanno al di là delle sue possibilità.
Nelle settore lavorativo, si è affermato un modello sottoccupazionale, che reinterpreta le tre colonne tradizionali del suo predecessore: diritto, orario e luogo di lavoro. Vari fattori, come la crisi economica, lo sviluppo tecnologico e il mercato del lavoro saturo, mettono in dubbio la sopravvivenza del “posto fisso”. La disoccupazione è diventata una tappa obbligata di molti lavoratori. Il lavoro è sempre più dislocato e si favorisce l’assunzione di più persone con contratti a scadenza o part-time, tagliando i costi. Beck propone di sanare la situazione con un incremento del welfare state, offrendo un reddito minimo garantito.
La seconda modernità di Beck
Beck delinea, dunque, una società ancora in parte ignara di essere passata alla sua seconda fase riflessiva e perciò si dibatte in più contraddizioni. Nel proporre varie direzioni possibili, l’autore sembra caldeggiare soprattutto un abbattimento di confini rigidi tra la politica e il resto della società. E lo fa a partire dalla constatazione di forme di sub-politica che agiscono palesemente sul nostro tessuto socio-politico. I settori dell’economia, dell’informazione e della scienza amministrano risorse e responsabilità che non possono che sconfinare nella politica e condizionarla.
Alla luce di tale condizione, la politica non deve battersi per recuperare il controllo. Piuttosto deve strutturarsi in modo da far diventare virtuoso il rapporto con i settori della sub-politica. Rinunciando a sogni liberali di autoregolamentazione, la politica deve mediare tra i vari ambiti della società e definirne competenze e sfere d’azione, piuttosto che lasciare ad ogni ambito la possibilità di espandersi senza tregua ovunque.
In altre parole, anche in virtù di un sempre vigile processo di autocritica, occorre dare legittimazione e protezione istituzionale a percorsi alternativi. In tal modo si impedisce che il modello capace di imporsi si traduca necessariamente nella migliore opzione possibile. Citando Popper, Beck afferma che critica è sinonimo di progresso.
Ma in un’epoca in cui la politica, soprattutto di stampo democratico, sembra fare grossi passi indietro e la disuguaglianza sociale aumenta di anno in anno, c’è da chiedersi se sia davvero pensabile una modernità che rilancia se stessa in una seconda, nonché assai delicata, fase.
Bibliografia
La società del rischio. Verso una seconda modernità, Ulrich Beck, Carocci editore, Roma, [1986] 2013.
Giovanni Di Rienzo