Michael Kohlhaas di Kleist: un vero eroe? #2

Con Michael Kohlhaas (1810) riprendiamo il discorso sulla figura dell’eroe già esaminata nel Guglielmo Tell di Friedrich Schiller, analizzando ora questa lunga novella di Heinrich von Kleist. Come abbiamo già avuto modo di osservare, tutti i drammi e i racconti dell’autore originario di Francoforte sul Meno terminano spesso con un grande punto interrogativo. È raro, infatti, trovare delle risposte chiare sul senso degli eventi narrati.

La giustizia in Michael Kohlhaas

Il suo racconto più famoso, comparso in parte per la prima volta sul numero di giugno di Phöbus del 1808, si basa, proprio come il Guglielmo Tell di Schiller, su un fatto realmente accaduto durante la Riforma e lascia irrisolto il conflitto tra diritto e giustizia. Infatti, nella novella è indubbio che il protagonista subisca un torto ma è altrettanto certo che Michael Kohlhaas con il suo agire rivoluzionario e violento per far valere il proprio diritto si pone nella stessa condizione. La domanda principale è se dunque può esistere una vera giustizia e se è corretto che il singolo, per quanto retto, faccia valere la propria legge al di sopra di tutto e tutti. Come nel Guglielmo Tell, anche in questo caso è l’operato del singolo che diventa il leitmotiv degli eventi narrati.

La storia

Michael Kohlhaas
Michael Kohlhaas e Lutero

La storia di Michael Kohlhaas è ai più sconosciuta: un mercante di cavalli viene ingiustamente e illegalmente privato delle sue bestie più pregiate dallo junker locale e, non potendo ottenere giustizia in alcun modo, si fa capo di una banda di briganti (come nel Guglielmo Tell, anche in questo testo il singolo è fondamentale perché la folla si muova) e distrugge tutte le città che incontra sul suo cammino. Dopo essersi piegato alla parola di Lutero e consegnato alle autorità, accetta lietamente la sentenza di morte sapendo che alla fine il torto subito sarà ripagato: infatti, gli verranno restituiti in perfetta forma i cavalli lasciati quasi morire di fame dal superbo principe. La lettura di questa storia colpisce soprattutto per lo stile usato dallo scrittore, simile a quello di una cronaca antica.

Il protagonista: un vero eroe?

Come già accennato sopra, anche in questo caso prenderemo in considerazione non tanto gli eventi narrati, quanto il protagonista che li vive in prima persona: Michael Kohlhaas. Sin dall’inizio, questa figura ci viene presentata dall’autore come «uno degli uomini più probi e più terribili della sua età». Due qualità che in Kleist sembrano convivere. Infatti, Kohlhaas appare come un essere equilibrato, modesto e prudente, disposto ad accettare i difetti umani per amor di pace. Egli è alla fine spinto alla ribellione per una serie di eventi esterni che gli fanno completamente perdere il controllo di se stesso.

Il torto subito

Oltre all’incidente dei cavalli, infatti, il protagonista vede morire la moglie che di sua spontanea volontà si era recata dallo junker per convincerlo a restituire gli animali al marito. Rimane un mistero se la donna sia stata colpita volontariamente da uno dei soldati del prepotente principe – abbiamo già detto come Kleist cerchi sempre di mantenere un minimo di segreto ed enigma nei suoi testi -, ma certamente questo evento spinge Kohlhaas a vendicare i torti subiti.

Il destino di Michael

Dopo aver incendiato e assediato la città di Lipsia, Kohlhaas emette un proclama dal quale si evince il suo stato di follia. Un elemento, quest’ultimo, che può sorprendere, soprattutto perché Kleist aveva assegnato al suo eroe un’aura quasi angelica (nella realtà, il personaggio si chiamava Hans Kohlhase; Kleist lo trasforma in Michael come l’arcangelo). In questa follia quasi mistica, soltanto la figura di Lutero può piegare il protagonista, convincendolo ad arrendersi. Intanto, il furto dei cavalli è diventato un affare di stato che oramai interessa l’elettore di Sassonia che non può confermare l’amnistia promessa a Kohlhaas da Lutero, l’elettore del Brandeburgo e addirittura l’imperatore del Sacro Romano Impero.

L’elemento magico

Abbiamo già visto che il protagonista alla fine della novella riesce ad ottenere ciò che voleva, ossia la restituzione dei cavalli, ma c’è molto di più. Infatti, un altro aspetto interessante del racconto è quello magico: interviene, verso la fine della storia, una zingara molto somigliante alla moglie defunta di Kohlhaas che gli consegna una capsula contenente un foglio con una profezia sull’avvenire della dinastia della Sassonia, documento che l’elettore pagherebbe qualsiasi cifra per ottenerlo. Soltanto per questo motivo, Michael si rifiuta di consegnarglielo, ingerendolo prima della condanna e provando la soddisfazione di vedere il suo nemico stramazzato al suolo. Questo finale rivela essenzialmente che il dramma della giustizia e del diritto è anche quello della vendetta e che la storia del torto subito da un singolo può allargarsi sino a comprendere il destino della Germania intera.

Bibliografia

H. von Kleist, Michael Kohlhaas, Bur, 1975.

Pia C. Lombardi