La Biblioteca Nazionale di Napoli è da sempre tra le realtà più importanti di produzione culturale del Mezzogiorno.
Punto di riferimento per gli studiosi di tutto il mondo e luogo in cui è ancora possibile rivivere la storia, il sapere, la conoscenza, l’arte e la bellezza. Testimonianza di un passato ormai lontano che vedeva la nostra città ricoprire ruoli di primo piano all’interno del panorama europeo.
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Le origini
Ufficialmente la Biblioteca Nazionale di Napoli venne inaugurata il 13 gennaio 1804 da Ferdinando IV di Borbone re di Napoli. La sua nascita, però, è dovuta alla lungimiranza di un giovane Carlo III di Borbone che diciottenne si trasferì a Napoli nel 1734. Portò con sé l’eredità di Casa Farnese ottenuta dalla madre Elisabetta, seconda moglie di Filippo V di Spagna.
L’enorme patrimonio contava di pezzi di inestimabile valore: statue, quadri, monete, gioielli, manoscritti e libri antichi. Il futuro re di Spagna decise di ricollocare tutto il materiale nella capitale partenopea, scegliendo come sede provvisoria la Reggia di Capodimonte.
L’edificio si mostrò ben presto inadeguato a contenere le tutte raccolte. La gran parte dei volumi erano ammassati in maniera scomposta nell’edificio, dimenticati nei magazzini. I manoscritti riposti su scaffali chiusi a chiave e protetti da una semplice rete metallica.
Divenne quindi necessario iniziare le ricerche per una sede più consona e la scelta ricadde sul Palazzo degli Studi.
Ferdinando IV ed il Palazzo degli Studi
Ferdinando IV, figlio di Carlo, scelse l’odierno Museo Archeologico, immaginando la nuova biblioteca come grande e luminoso salone con un’alta scaffalatura in legno di noce. L’edificio doveva adattarsi a contenere il materiale di cui si era già in possesso e le aggiunte successive.
Cinque anni più tardi, contemporaneamente ai lavori di ristrutturazione, cominciarono le operazioni di trasporto dei volumi da Capodimonte alla nuova sede, aperta al pubblico nel 1804.
Il decennio francese
Durante gli anni dell’occupazione francese, che vide a Napoli Giuseppe Napoleone prima e Gioacchino Murat poi, le collezioni della Biblioteca vennero ampliate con all’aggiunta delle biblioteche degli ordini monastici soppressi.
Vanno ricordate le ricche raccolte della Certosa di San Martino, dei monasteri benedettini di San Severino e Sossio e di San Giovanni a Carbonara. Al loro interno erano custoditi alcuni dei manoscritti più antichi e prestigiosi appartenuti ad Aulo Giano Parrasio ed a Girolamo Seripando.
L’Unità d’Italia
Il 1860 fu un anno significativo per l’Italia ed anche per la Biblioteca. In seguito all’unificazione, la Reale Biblioteca Borbonica divenne Biblioteca Nazionale, prima in Italia ad assumere questo titolo ed una delle più ricche del nuovo Stato.
Nel 1888, con testamento olografo, Antonio Ranieri lasciò in eredità alla Biblioteca le “Carte Leopardi” da lui possedute, alcune delle quali sono visibili anche online. Esse rappresentano circa il 90% di tutta la produzione leopardiana.
Nel 1910 l’Officina dei Papiri Ercolanesi, nata per volere di Carlo III e contenente i papiri rivenuti nella Villa dei Pisoni, passò giuridicamente alla Biblioteca Nazionale, essendo stata fino a quel momento di competenza del Museo Archeologico.
Il Palazzo Reale e la Biblioteca
Ancora una volta si ripropose il problema dello spazio, che sembrava sempre insufficiente a contenere una raccolta libraria destinata ad arricchirsi ed incrementarsi costantemente.
Inizialmente si pensò di ampliare ulteriormente il Palazzo degli Studi ma l’ipotesi venne scartata. Grazie all’interessamento di Benedetto Croce, legato alla Biblioteca, venne scelto il Palazzo Reale di Napoli. La decisione approvata solo nel 1922 quando re Vittorio Emanuele III decise di donare l’ex Reggia al demanio dello Stato.
Il 2 agosto 1922 si sancì il trasferimento di tutto il materiale e la nuova sede venne inaugurata il 17 maggio 1927, anche se venne aperta al pubblico solo il 6 giugno dello stesso anno.
La Seconda Guerra Mondiale
Gli anni della Seconda Guerra Mondiale furono drammatici per la Biblioteca, basti pensare che solo nel 1943 sul Palazzo Reale caddero ben 23 bombe e una colpì in pieno la Nazionale. Venne devastato il secondo piano dell’istituto librario più importante d’Italia.
Fondamentale fu il lavoro della direttrice Guerriera Guerrieri che riuscì preventivamente a mettere in salvo le collezioni più preziose, incassandole e scegliendo sapientemente di nasconderle in luoghi più sicuri sparsi sul territorio napoletano.
L’opera di ricostruzione, al termine della guerra, fu lunga e difficoltosa, ma questo non influì sull’acquisizione di nuove e prestigiose raccolte quali la Palatina, la biblioteca di Elena D’Aosta, il Fondo Doria, il Fondo Pontieri.
La Biblioteca Nazionale di Napoli oggi
Ad oggi la Biblioteca Nazionale di Napoli è la terza biblioteca d’Italia per la vastità e l’importanza del patrimonio conservato.
Migliaia sono gli utenti che ogni giorno accedono alla biblioteca sia virtualmente, attraverso il sito web, sia fisicamente, camminando attraverso le sale che hanno fatto da sfondo alla storia della nostra città.