Oggi abbiamo il piacere di intervistare Lucrezia Diana, l’autrice delle strisce di Dead Romans Society, un fumetto nato su internet attraverso l’omonima pagina Facebook, con protagonisti, appunto, gli antichi Romani morti, ma ancora in vita in un colorato aldilà grazie al ricordo (e allo studio) dei moderni. Lasciamo a lei la parola per farci spiegare, nel dettaglio, la storia e le caratteristiche del suo disegno.
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Da dove nasce e in cosa consiste l’idea di Dead Romans Society?
Inizio dalla seconda parte della domanda: The Dead Romans Society (Il Circolo dei Romani Morti in italiano) è un fumetto online (webcomic) ambientato in un aldilà immaginario che accoglie tutti coloro che sono morti ma che continuano a vivere nella memoria collettiva dell’umanità; di questo mondo io racconto le vicende degli autori latini e degli altri personaggi storici a loro legati. Il fumetto è scritto in lingua inglese perché è pensato per un pubblico internazionale, ma l’idea sarebbe quella di tradurre il tutto anche in italiano. Per quanto riguarda la prima parte della domanda… il fumetto è nato nell’inverno del mio secondo anno di università (triennale) mentre stavo studiando la storia della letteratura latina per un esame di latino; ad un certo punto mi è venuta voglia di disegnare un po’ di autori, così, per dar loro un volto, e nel mentre che disegnavo immaginavo a quante storie si potevano tirare fuori da una situazione in cui gli autori fossero tutti insieme e interagissero tra di loro. Ora, l’unica possibilità in tal senso era un qualche tipo di aldilà, un po’ come ne I Dialoghi dei Morti di Luciano, e tra me e me pensavo che sarebbe stata la base perfetta per un fumetto: visto che le cose non si creano da sole, ho deciso di provare a crearlo io. I primi tentativi hanno subito ricevuto reazioni positive, il che mi ha spronato a continuare, e poi…il resto lo sapete.
Quali sono le fonti che consulti per la stesura dei fumetti di Dead Romans Society?
Dipende. In generale posso dire che la base dei miei fumetti sono i miei studi universitari, per cui le mie fonti sono i corsi che seguo e i commenti ai testi che studio. Di solito le idee mi vengono mentre studio o mentre sono a lezione, per cui l’unico lavoro aggiuntivo è l’eventuale rilettura dei testi a cui alludo o che cito. Per il fumetto lungo che sto scrivendo —che, ricordo, sarà intitolato Remedia Amoris— lo studio preparatorio è invece molto più imponente: si basa infatti su tutto il lavoro di ricerca che ho compiuto per scrivere la tesi di laurea triennale e, soprattutto, su quello che ora sto compiendo per la tesi di laurea specialistica, il cui argomento sono, appunto, i Remedia Amoris di Ovidio. Qui però mi fermo: so già che direi troppo, e non voglio rovinarvi la sorpresa.
Come mai i Romani sono monocromatici?
La risposta è probabilmente deludente ma sincera: per un puro fattore estetico. Il primissimo tentativo che avevo fatto era stato quello di dare loro dei colori naturali, ma sembravano troppo morti; certo, la morte è elemento alla base dell’intero fumetto, ma non è il più importante. Il fulcro della storia è, anzi, il fatto che questi autori non sono del tutto morti, ma hanno la possibilità di continuare ad esistere grazie alla memoria collettiva dei vivi: per questo motivo ho evitato l’effetto obitorio e ho preferito optare per una coloritura pastello meno naturale ma più piacevole a vedersi. Non solo: usare una tonalità diversa per ciascuno permette anche, credo, di rendere più unico e immediatamente riconoscibile ogni personaggio; i colori non sono stati scelti con particolare criterio, anche se c’è qualche eccezione: il blu per Virgilio, che intende richiamare l’iconografia del Virgilio della Divina Commedia, la combinazione bianco/rosso, i colori delle vesti senatorie, per Cicerone, e il violetto per Saffo, un omaggio alla tradizione che associa le viole a donne che amano donne. C’è anche una ragione per cui Ovidio è verde, ma non ve la dico perché sarebbe uno spoiler.
Le strisce di Dead Romans Society presentano un piacevole piglio ironico: scelta stilistica o c’è un motivo particolare?
No, la mia ironia non è una vera e propria scelta stilistica; è semplicemente il mio modo di vedere il mondo e, conseguentemente, di raccontarlo. Io amo l’ironia in ogni sua forma, da quella sottile e sorridente (non per niente amo Ovidio) a quella tagliente e maligna, e dunque la uso ogni volta che se ne presenta l’occasione.
Credi dunque che l’uso di un linguaggio vicino ai giovani, come quello del fumetto, e l’ausilio della tecnologia possano avvicinare le nuove generazioni allo studio del latino e del mondo classico?
Assolutamente sì. Amo creare fumetti non solo perché posso unire il mio amore per la scrittura al mio amore per il disegno, ma anche perché il fumetto è uno strumento di comunicazione estremamente versatile ed immediato che si presta bene sia a semplici vignette divertenti, sia a storie più lunghe e complesse, e che può rivolgersi a un pubblico molto vasto e variegato. Per raggiungere questo pubblico devo necessariamente affidarmi alla tecnologia, e in particolare allo strumento straordinario che è internet: esso è parte fondamentale del mondo in cui viviamo, e non sfruttarlo come mezzo di comunicazione sarebbe davvero poco lungimirante. Grazie ad internet posso pubblicare e far leggere i miei lavori a persone provenienti da tutto il mondo (tanto per fare un esempio, ho scoperto che tra i miei lettori ci sono anche classicisti cinesi), e posso sperare di riuscire a risvegliare in loro l’interesse per una civiltà che ha ancora molto da dirci e che sarebbe un’enorme perdita dimenticare.
Domanda bonus: autore latino preferito?
Tra i poeti Catullo (anche se poi finisco sempre per studiare Ovidio), tra i prosatori Cicerone.
Alessia Amante
Fonti:
- Tutte le immagini appartengono all’autrice del fumetto The Dead Romans Society