La repubblica di Amalfi fu la più antica delle quattro repubbliche marinare (le altre furono Genova, Pisa e Venezia).
La città, situata sull’omonima e affascinante costiera Amalfitana, nacque intorno al V secolo d.C. quando molti profughi romani, in seguito alle scorribande barbariche del periodo, decisero di rifugiarsi sui monti Lattari e di popolare un piccolo villaggio. Questo insediamento si trasformò presto in città e nel 596 divenne anche sede vescovile. Il nome della città, Amalfi, deriverebbe, secondo la saga, o da un piccolo villaggio lucano di nome “Melfi” o da un’antica gens romana del I secolo d.C. (Amarfia).
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Amalfi oggetto del desiderio
Data l’efficace posizione strategica per i commerci marittimi, Amalfi fu subito contesa tra le forze che si spartivano la penisola italiana tra il VI e IX secolo d.C.: i bizantini e i longobardi. Dapprima filobizantina, sottoposta dal 533 al controllo del Ducato di Napoli, la città venne poi espugnata nell’839 da Sicardo, principe longobardo di Benevento. L’occupazione dei longobardi durò molto poco poiché in seguito ad una congiura di palazzo, il cui obiettivo era l’uccisione di Sicardo, gli amalfitani si ribellarono e il primo settembre dell’839 proclamarono l’indipendenza della loro città dal ducato napoletano.
La neo-repubblica amalfitana fu governata inizialmente da comites (conti), eletti annualmente il primo settembre, e poi, a partire dal 957, da duces (duchi). Presto si attestò una tendenza dinastica, ovvero l’usanza di associare il proprio figlio al potere designandolo quale naturale successore; di fatto la repubblica si trasformò in una monarchia ducale.
L’espansione commerciale della repubblica di Amalfi
Sfruttando la posizione, la città della costiera iniziò a rapportarsi da un punto di vista commerciale con l’Egitto, l’impero di Bisanzio e il Medio Oriente. Proprio agli arabi i mercanti amalfitani sottrassero i monopoli nel Mediterraneo e fondarono una gran vastità di empori.
La strategia commerciale di Amalfi era una sorta di triangolo: i mercanti salpavano dal porto con le navi cariche di legna da vendere poi sulle coste africane in cambio di oro; quest’ultimo serviva come risorsa per poter acquistare oggetti preziosi, spezie e stoffe pregiate dai commercianti bizantini. Rientrati in Italia, i mercanti amalfitani vendevano tutto il materiale ricavandone una grande fortuna.
L’imponente flotta amalfitana veniva costruita nell’Arsenale. La città, oltre alle imbarcazioni, si specializzò anche nella produzione di carta utilizzando una tecnica di lavorazione particolare mutuata dagli arabi.
Le “Tavole Amalfitane”
Senza ombra di dubbio, però, la testimonianza più importante di una città padrona del mare e del Mediterraneo e all’apice della sua potenza è fornita dalla “Tabula Amalphitana” (Tavole Amalfitane): ritrovate nell’Ottocento in una biblioteca di Vienna, le tavole sono un codice di leggi costituito da 66 articoli (detti capitoli) il cui compito era quello di regolare il traffico marittimo e commerciale e disciplinare i rapporti tra proprietari delle navi, marinai e mercanti. I capitoli furono scritti sia in latino (i primi 21 risalenti all’XI secolo) sia in volgare (gli altri 45 aggiunti solo nel XIII secolo). Il codice restò in vigore fino al XVIII secolo, sostituito poi da altre leggi stabilite dal Consolato del mare di Barcellona.
Oggi le copie delle Tavole, commissionate dai nobili di Amalfi dell’epoca, sono conservate al Museo civico di Amalfi, mentre quelle originali non esistono più.
L’invenzione della bussola?
Agli amalfitani, in qualità di ottimi navigatori, si attribuisce spesso l’invenzione della bussola, strumento fondamentale per orientarsi in mare e tracciare rotte perfette. La tradizione racconta che un certo Flavio Gioia sarebbe stato l’inventore del preziosissimo strumento. In suo onore è stata poi edificata anche una statua situata nella piazza davanti al mare. Tutto questo si tratterebbe, però, di una errata interpretazione da parte degli studiosi rinascimentali, mentre il vero “inventore” della bussola sarebbe Giovanni Gioia. Bisogna comunque dire che la bussola è stata in realtà un’invenzione orientale che arrivò fino in occidente tramite i marinai; probabilmente Giovanni Gioia l’avrebbe resa solo più stabile.
Altra testimonianza della potenza marittima e commerciale della repubblica di Amalfi fu la coniazione di monete proprie molto simili a quelle arabe: il soldo d’oro, il tarì d’oro e quello di argento.
Verso la fine
La repubblica di Amalfi si avviò al declino nel 1131 quando la città capitolò sotto gli attacchi del re normanno Ruggiero II. Poco dopo un violento maremoto distrusse il porto e parte considerevole della flotta mettendo in ginocchio la città. Il colpo di grazia arrivò nel 1137 in seguito al violento saccheggio dei pisani.
D’ora in poi il centro commerciale marittimo diventerà Napoli.
Crescenzo Crispino