I Saturnali erano un’antica festività romana, che si svolgeva tra 17 e 23 dicembre, dedicata al dio Saturno, fondatore della mitica età dell’oro. Per questo motivo, essa prevedeva il rovesciamento, per un giorno soltanto, dell’ordine costituito, lasciando spazio alla libertà più sfrenata, al cibo e al divertimento.
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Il mondo capovolto nella letteratura greca
Nonostante la festa sia genuinamente romana, atmosfere simili ai Saturnali si respirano già nella letteratura greca, in particolar modo in quella “dionisiaca”.
Anche la commedia antica, infatti, prevedeva il rovesciamento dell’ordine stabilito, per assaggiare la possibilità di un mondo alla rovescia: nella Lisistrata e nelle Ecclesiazuse sono le donne a prendere il potere, e a impostare una politica tutta “femminile”; negli Uccelli gli uomini abbandonano la terra per creare una nuova civiltà “aerea”; e nella Pace un contadino raggiunge l’Olimpo a cavallo di un improbabile scarabeo alato. E gli esempi potrebbero continuare.
I Saturnalia di Macrobio
Questi esperimenti “letterari” divennero, in terra romana, una vera e propria festa, collegata al dio Saturno e non più a Dioniso. C’è, tuttavia, un’opera letteraria latina molto tarda che prende spunto e nome dalla festività dei Saturnali: i Saturnalia di Macrobio, autore di IV-V sec. d.C.
L’opera, in realtà, risponde a un genere tipico del periodo tardo-antico, cioè quello del simposio, un fittizio banchetto in cui intellettuali (per lo più pagani; qui sono Servio, Simmaco, Agorio Protestato e Nicomaco Flaviano) disquisiscono di argomenti eruditi per preservare il ricordo della letteratura classica, che rischia di essere perduta con l’avvento del Cristianesimo.
Nonostante dunque i Saturnalia siano dedicati quasi del tutto al commento dell’opera di Virgilio, essi prendono questo nome dalla festività, in quanto i protagonisti del banchetto si riuniscono proprio nei giorni dei Saturnali. Quest’evento apre anche la prima discussione, perché un tale Evangelus irrompe nella conversazione esprimendo il suo dissenso sul modo in cui tali uomini romani stavano trascorrendo la festività. La risposta è immediata: se durante i Saturnali sono concesse tali liceità, perché mai non dovrebbe essere permesso un banchetto erudito? Da qui, la dotta divagazione sull’origine dei Saturnali.
L’origine dei Saturnali
I Saturnali sarebbero stati “regolamentati” nel 217 a.C., e all’origine duravano un solo giorno, il 17 dicembre. Cesare, poi, allungò la festa per altri due giorni; Caligola per tre; Domiziano, infine, stabilì che la festività sarebbe durata ben sette giorni, dal 17 al 23 dicembre.
L’origine, come detto, risale al dio Saturno. Saturno, l’equivalente romano di Crono, fu detronato dal figlio Giove e, sceso dall’Olimpo sulla terra, fu accolto dal dio Giano nel Lazio. Saturno, così, decise di ricambiare con l’età dell’oro, un’età mitica ricordata da Esiodo fino a Virgilio, in cui non si conosceva guerra, fame, malattie, e i campi non necessitavano di lavoro, ma davano frutti spontaneamente.
Questa festività, dunque, era cara ai Romani, che all’origine erano pastori ed agricoltori. Per questo i Saturnali si svolgevano in inverno, perché era il periodo della carestia e della morte della natura: celebrando Saturno e compiendo riti in suo onore, i Romani speravano in un buon raccolto in primavera.
Libertà e divertimento sfrenati
Oltre a dio dell’agricoltura, Saturno era stato, come detto, anche il fondatore della felice età dell’oro: pure quella gioia perduta doveva essere recuperata, cercando di far rivivere, anche solo per qualche tempo, la felicità smodata di quei tempi mitici.
Per questo motivo, i Saturnali prevedevano il totale rovesciamento dell’ordine sociale, e permettevano alle classi subalterne di vivere un momento di libertà sfrenata. Il festeggiamento dei Saturnali, infatti, era concesso anche agli schiavi, che per quei giorni potevano comportarsi come degli uomini liberi, al pari dei loro padroni (e così potevano vendicarsi di loro!). La scuola era sospesa, e anche le attività di guerra erano rimandate, per permettere ai soldati degli accampamenti di festeggiare il Saturnalicium castrense.
I gladiatori non erano più condannati a morte, ma potevano intrattenere liberamente gli spettatori nell’arena, senza temere per la propria vita. Erano concessi crapule, banchetti, giochi d’azzardo, cibo e vino illimitato in ogni casa, dove si festeggiavano privatamente i giorni di libertà, indossando non più la “seriosa” toga, ma la più comoda synthesis, che permetteva movimenti… più ampi.
Il “programma” pubblico
I Saturnali, però, avevano anche un “programma” di festeggiamento pubblico. Il primo giorno si apriva con un sacrificio in onore di Saturno nel suo tempio, sul Campidoglio. Seguiva un grido, Io Saturnalia!, che veniva poi ripetuto durante tutti i banchetti pubblici e privati.
Si scambiavano doni, un po’ come a Natale, a seconda delle possibilità economiche dei vari padroni di casa: da oggetti in oro e in argento, fino alle più comuni bambole in argilla, i sigillaria, rinvenuti in gran quantità.
Il momento più importante e più atteso della festa, tuttavia, era il sorteggio del principe dei Saturnali, il Saturnalicius princeps, che spesso era pescato tra gli schiavi. Egli aveva totale libertà in ogni campo e doveva garantire la buona riuscita della festa e il divertimento di tutti.
All’origine della festa, però, questa libertà così preziosa era scambiata con un dono altrettanto unico: la vita. Il Saturnalicius princeps, infatti, proprio per il suo essere schiavo, poteva essere ucciso in nome del dio Saturno, per il quale erano concessi sacrifici umani. Il mito vuole che solo col passaggio di Eracle in Lazio i sacrifici degli uomini furono proibiti, e i Saturnali non furono più conclusi con spargimento di sangue.
Carnevale o Capodanno?
Da quanto detto, dunque, sembrerebbe proprio che i Saturnali fossero una sorta di Carnevale dell’antichità, in cui tutto era ribaltato, ed era concesso ogni scherzo.
Con la fine del paganesimo, attorno al IV sec. d.C., la festa dei Saturnali fu però spostata agli ultimi giorni dell’anno, più o meno in corrispondenza del nostro Capodanno. Saturno, in effetti, era il dio del rinnovamento, di una nuova età, del passaggio da una riva all’altra, e poteva ben essere conciliato coi festeggiamenti per il passaggio da un anno all’altro, in cui ci si augura sempre una “nuova vita”.
I Saturnali dal Medioevo a oggi
Nonostante dunque il dio pagano non presiedesse più alla festività cristiana, nel Medioevo i festeggiamenti dell’Asinaria Festa, dell’Episcopello e della Festa dei Folli erano molto simili: si eleggeva un Episcopus puerorum o innocentium, e si celebrava la caduta dei potenti, e la rivendicazione dei più umili.
La festa dei Saturnali, dunque, nelle sue varie accezioni greche, romane e orientali non si è mai estinta, ma è stata rifunzionalizzata nelle varie epoche ed è sopravvissuta fino ai nostri giorni con i festeggiamenti del Capodanno e del Carnevale, retaggio dell’antica età dell’oro, e di quella libertà perduta che già i Romani tentavano di recuperare anche solo per un giorno.
Alessia Amante
Sitografia