Un tuffo indietro nel passato per rivivere una delle mode musicali più variopinte e spensierate che ben descrivono gli Anni ’80. L’hair metal è stato la colonna sonora degli anni degli eccessi, le cui melodie ancora oggi riescono a coinvolgere l’ascoltatore comune.
Agli anni ’80 appartengono le opere cinematografiche più influenti dei nostri tempi, dalla saga di Indiana Jones a quella di Terminator, da Ritorno al Futuro a La mosca. In questa decade, le più importanti star di oggi muovevano i primi passi, talvolta anche danzati come il compianto Patrick Swayze in Dirty Dancing.
La sfrontatezza dei testi di Madonna era nulla al confronto ai suoi indumenti, tanto da far sembrare Miley Cyrus una scolaretta da convento. Sportivissimi leggins si alternavano ad eleganti pellicce, capelli cotonatissimi si davano il turno con capelli corti e modellati con una marmorea precisione degna di Michelangelo Buonarroti. Tutta questa miscellanea di colori, suoni e mode influenzò persino la musica virile per antonomasia, l’heavy metal, tirandone fuori il suo lato più pop: l’hair metal.
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I gruppi Hair Metal
Estremizzando le sonorità del pop metal, rese commerciabili e allo stesso tempo sofisticate, e unendole al look stravagante delle band, l’hair metal s’impose come fenomeno di costume con delle vere e proprie formule fisse, sia per gli album che per i gruppi.
Il primo album che fa da apripista di questo nuovo genere è Slippery When Wet dei Bon Jovi che, dal 1986 ad oggi, ha venduto oltre 30 milioni di copie.
L’anno successivo è il turno di Hysteria dei Def Leppard le cui sonorità deviano ancora di più verso il pop rendendo le canzoni più morbide e commercialmente più appetitibili. Altre band si unirono alle due sopracitate, come i Cinderella, i Poison, i Winger mentre altre si adattarono alla nuova moda hair metal, come gli Aerosmith, i Motley Crue, gli Europe, piazzando dozzine di canzoni che scalarono facilmente le vette delle classifiche e restando, tutt’ora, tra le più conosciute dei gruppi.
Le caratteristiche dell’hair metal
La ricetta sonora di un album hair metal era sempre la stessa: una canzone dal sound energico e allo stesso tempo melodico con un ritornello semplice ed efficace; un’altra che cercava di riproporre lo stesso stile della prima; una power ballad languida quanto vigorosa; altre canzoni che fungevano da tappabuchi. Il look anche proponeva, pressappoco, lo stesso inventario: capelli i più lunghi e voluminosi possibili, uno spropositato numero di bracciali e collane, atteggiamenti volutamente ambigui e stravaganti.
Il frontman hair metal doveva sfoggiare un’ostentata sensualità e avere una voce non più graffiante e fastidiosa come quella del grande Robert Plant, piuttosto doveva essere potente e melodica per adattarsi meglio sia ai vigorosi ritornelli delle canzoni più metal che alle lente melodie d’amore.
I “guitar heroes”: Van Halen
Il prototipo vocale di questo genere era Don Dokken, della band omonima, mentre colui che più riusciva ad incarnare, con tutta la sua sfacciataggine e bislaccheria, era David Lee Roth dei Van Halen, il quale è stato capace persino di deridere l’hair metal, nel video della sua Yankee Rose, quando questo concetto era ancora sconosciuto, o meglio, non classificato (poiché solo a metà anni ’90 è stato dato questo nome al genere).
Al chitarrista hair metal era affidato l’arduo compito di supportare finemente il cantante, sia musicalmente che scenograficamente, senza trascurare la tecnica e i virtuosismi. D’altronde, non dimentichiamo che in queste band si annoveravano tra i migliori chitarristi di tutti i tempi, come Eddie Van Halen o Mick Mars.
Hair metal acustico: il caso dei Bon Jovi e MTV Unplugged
Perfetta sintesi di questo binomio così come di qualità artistica e professionale è ciò che avvenne alla premiazione degli MTV Music Awards del 1989.
La famigerata emittente MTV, la quale aveva un rapporto di simbiosi commerciale con le band hair metal, ospitò il duo Jon Bon Jovi e Richie Sambora per una performance. Tralasciando i consueti spettacoli pirotecnici e roboanti, tipici dell’hair metal, i due si presentarono con due semplici chitarre acustiche e improvvisarono due brani di Slippery When Wet. L’esibizione riscosse così tanto successo che l’emittente USA realizzò un programma ad hoc denominato MTV Unplugged.
Il declino
Ma, come ogni fenomeno di costume, anche l’hair metal iniziò a declinare, soppiantato a inizio anni 90’ dal genere grunge. Molte band persero il supporto delle major discografiche che si interessarono alle nuove sonorità emergenti e arrivarono persino a disfarre i contratti con le prime. Tante altre, invece, dovettero ripiegare su piccole etichette discografiche, mentre altre si sciolsero. Ci furono dei tentativi di adattamento al nuovo corso musicale, da parte di alcuni gruppi hair metal, ma senza ottenere particolare successo.
Il grunge si proponeva proprio in antitesi all’hair metal, sia per tematiche (frustrazione contro edonismo) che per sonorità (scarsa tecnica strumentale contro una notevolmente sviluppata), tanto che una rivista specializzata dichiarò in un articolo che “il successo più grande di Kurt Cobain fu quello di avere distrutto l’hair metal”.
E questo scontro non fu solo “teorico”. Agli MTV Video Music Awards del 1992 Axl Rose venne alle mani con Kurt Cobain dopo che quest’ultimo schernì il frontman dei Guns ‘N’ Roses, che, come sappiamo, non è persona molto mansueta.
Il revival dell’hair metal
Arrivato alla saturazione anche il grunge, molte band storiche iniziarono un’operazione di revival dell’hair metal, seppure con con sonorità più dure e moderne. Nuove band fecero altrettanto, come i britannici The Darkness, ottenendo buoni risultati di critica e di audience. Così facendo, un genere che sembrava ormai destinato all’oblio fu riportato in voga, seppur senza mai più ottenere lo strabiliante successo dei suoi anni d’oro.
Ci consola sapere che, a differenza degli Anni ’80, se volessimo rivivere quei momenti e farci solleticare le orecchie da quelle melodie, ci basterebbe semplicemente collegarci a internet e ricercare tutte quelle canzoni patinate quanto i loro interpreti, immergendoci così in quell’epoca di eccessi e rivivendo quei momenti di assoluta spensieratezza.
Antonio Cusano
The big book of hair metal, Voyageur PR – ISBN 0760345465