Il fenomeno delle baby gang è uno dei principali oggetti di discussione delle ultime settimane: telegiornali, politici e studiosi esprimono il loro parere in merito, cercando di trovare una spiegazione a questa nuova ondata di violenza. L’ultimo capro espiatorio è la serie tv Gomorra, ma non è la prima volta che programmi televisivi o personalità dello spettacolo vengono accusati di traviare le menti del giovane pubblico. Sono stati tanti i casi in cui fumetti e cartoni violenti sono stati indicati come causa scatenante di crimini o comportamenti pericolosi. Vediamo qualche esempio.
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Cartoni violenti: l’arrivo di Goldrake
La sera del 4 aprile 1978 l’Italia scopriva l’animazione giapponese conoscendo Goldrake, celebre robottone ideato da Go Nagai. Il gigante d’acciaio entra subito nei cuori di grandi e piccini, ma scatena le paure di una parte della popolazione non ancora pronta a confrontarsi con un prodotto tanto lontano da quelli a cui è abituata.
Il 7 gennaio dell’anno successivo viene pubblicato su La Repubblica un intervento del deputato Silverio Corvisieri, membro della Commissione di Vigilanza RAI. L’Onorevole si interroga sulla necessità di istituire un “ministero”, composto da psicologi, pedagoghi ed esperti di comunicazione, che possa sostituire o almeno consigliare la RAI nella scelta di programmi più adatti ai giovani e che ponga un limite ai cartoni violenti.
Seppur senza risultati immediati, questo può essere considerato l’inizio di un acceso dibattito che vedrà sempre più genitori scagliarsi contro cartoni animati considerati pericolosi, osceni o più in generale diseducativi.
Ken il guerriero: la follia che per le strade va
Le avventure dell’ultimo successore della Divina Scuola di Hokuto vengono trasmesse per la prima volta in Italia nel 1988 su delle reti private. La serie non ottiene l’enorme successo del suo meccanico predecessore, ma diventa comunque abbastanza nota grazie al passaparola di alcuni appassionati.
L’indiscutibile violenza della serie non passa inosservata, ma è solo nel 1994 che nascono le prime proteste: un gruppo di genitori convince l’emittente toscana Rete 37 a interromperne la messa in onda. Avviene però un fatto inaspettato: centinaia di studenti di scuole medie e superiori si mobilitano per richiedere il ritorno delle avventure del loro eroe, guerriero che difende la pace e punisce i criminali. È la prima volta che un cartone viene così strenuamente difeso.
Nel 1996, il comune di Tortona è sconvolto da una serie di atti spaventosi: gruppi di ragazzi lanciano sassi da un cavalcavia sulle auto in corsa provocando anche un morto. Le indagini condotte a casa di un indiziato rivelano la presenza di dischi di musica heavy metal e di fumetti, tra cui quelli di Kenshiro. Ancora una volta è trovato il capro espiatorio: i ragazzi avevano evidentemente voluto emulare le gesta del loro idolo.
La discussione trova posto anche sulle reti RAI, dove il cartone non era stato mai trasmesso. Nonostante la pioggia di accuse, è proprio nella trasmissione “Uno mattina” che viene decretata la sua innocenza: la sociologa Marina D’Amato, docente alla Sapienza di Roma e allora consulente del Ministero degli Affari Sociali, difende la serie ritenendo che non possa essere considerata responsabile di induzione alla violenza.
Devilman: la violenza del demone
La serie che ha alzato il maggior polverone è però probabilmente Devilman. Le avventure animate del grande uomo-diavolo, già notevolmente edulcorate nella versione originale rispetto a quelle cartacee, mostravano comunque uccisioni, smembramenti e sangue a fiumi. Lo sdegno era tale da impedire persino l’incisione su disco del singolo omonimo, cantato da Riccardo Zara e i Cavalieri del Re.
Le ultime critiche a Devilman risalgono al 2007, anno dell’omicidio di Meredith Kercher. Nella stanza di Raffaele Sollecito vengono ritrovati i fumetti di Devilman e viene scoperto che la password del computer del ragazzo è proprio Akira Fudo, nome del protagonista della serie. Basta questo e l’interesse di uno degli altri indagati, Rudy Guede, per un’altra serie a fumetti, Trigun, per far ricadere nuovamente la colpa su cartoni animati e fumetti diseducativi.
Cartoni violenti: l’epoca Fininvest e il XXI secolo
Durante l’epoca delle reti private, gli anime venivano trasmessi generalmente in formato integrale e, in caso di proteste come quelle sopra discusse, si preferiva interrompere del tutto la messa in onda. L’arrivo di Fininvest porta a un notevole cambio di rotta: gli anime iniziano a essere censurati.
La prima serie a subire pesanti tagli è Alpen Rose, una storia d’amore ambientata nel dramma della Seconda guerra mondiale. L’edizione trasmessa su Rete 4 risulta terribilmente monca: viene eliminato ogni riferimento alla guerra, provocando così un’enorme perdita di materiale da ogni puntata.
Da lì in avanti, le tecniche usate per censurare i cartoni violenti diventano ricorrenti: viene cambiato il colore del sangue, la parola “uccidere” è bandita e sostituita da sinonimi meno crudi, le scene di personaggi che soffrono durante i combattimenti vengono tagliate. Nonostante la nascita del Moige (Movimento Italiano Genitori) alla fine degli anni ’90, queste accortezze evitano la cancellazione dei cartoni dal palinsesto. Oggi, dopo la fine delle trasmissioni di MTV e Rai 4, anime incensurati vengono trasmessi soprattutto su Man-Ga, canale 149 di Sky.
Davide Proroga