Il Senatore di Forza Italia Antonio Razzi ha fatto rilasciare questo 18 febbraio su YouTube il suo singolo di debutto: Famme canta’. Molti non lo sapranno ancora e tanti di questi non ci crederanno neppure – della serie #maèLercio?: eppure è tutto vero. L’inverosimile proposta musicale è arrivata sul web tenendosi tutto sommato in secondo piano sotto il profilo della divulgazione mediatica, forse anche deludendo le aspettative di chi avrà investito in un progetto dalla carica tanto esplosiva. Allora laCOOLtura ha pensato bene di donare nuova visibilità all’evento, rendendo così giustizia al web che non l’ha ignorato, facendogli guadagnare, ad oggi, poco più di centocinquantamila visualizzazioni… e più di duemila ‘non mi piace’, a fronte dei cinquecentosessantuno like.
Non che sia legittimo dubitare delle attitudini al canto di un Senatore ipso facto, tuttavia, quando una personalità da sempre fatta oggetto della satira affilata di Maurizio Crozza – e non solo – si confonde di punto in bianco con la sua caricatura, c’è chi giustamente aggrotta le sopracciglia. Solo in seconda battuta qualcuno potrà forse riflettere sull’opportunità di una simile scelta da parte di un tale blasonato delle istituzioni.
Chi dice che un politico debba essere solo triste e serio?
Il breve aforisma, riportato nella descrizione del video, campeggia a sbeffeggiare gli eventuali musi lunghi che non prendono a cuor leggero l’idea che un politico debba presentare una immacolata e degna divisa di rappresentanza. Così l’«anticonformista» (sic!) Senatore Antonio Razzi mette a nudo con ironia il suo compiacimento per la mastodontica campagna elettorale che da anni si perpetua a suo favore per opera dell’intera satira nazionale, neppure disdegnando i suoi – della satira (?) – cavalli di battaglia come le scorrettezze sintattiche («quello che io faccio non ho mai pentito»), la proverbiale ignoranza («del Job Ac(h)ts io non so niente») e gli immortali proverbi («caro amico, te lo dico da amico: fatti li cazzi tuoi!»).
Sulla qualità artistica siamo appena al di sopra delle aspettative che un affrettato pregiudizio avrebbe potuto dettare: l’Onorevole canta; ma soprattutto si destreggia con i gesti in maniera molto meno ingessata di quanto ci potessimo immaginare tenendo solo in conto il contegno assunto durante le ore di servizio politico. La qualità del videoclip è modesta e priva di prospettive, forse per lasciare il pieno campo visivo alla figura padrona del Senatore Antonio Razzi, che balla e si diverte sul bagnasciuga della sua Pescara.
La musica, di per sé, ha tutte le carte in regola per essere sanremese come piace agli italiani: tant’è vero che l’Onorevole aveva ambìto proprio al festival 2015, secondo quanto confessato a La Zanzara di Radio 24 a dicembre con annessa smentita delle sue mire sull’Isola dei Famosi. In quella trasmissione Antonio Razzi aveva anche concesso un trailer del brano, di cui abbiamo potuto godere a pieno solo questo mese.
La fama oscura di Antonio Razzi
Sono stato eletto Senatore
anche perché di fame si muore.
Poi Crozza mi ha imitato
e ora sono anche famoso!
Non sarebbe questa la sede per ricordare le gesta del Senatore Antonio Razzi, se non fosse che esse costituiscono un riferimento esplicito per il suo lavoro artistico. L’Onorevole, entrato in Parlamento con L’Italia dei valori, finì nel 2010 sotto il mirino dell’antipolitica – insieme all’indimenticabile Scilipoti – per essersi opposto alla mozione di sfiducia contro il Governo Berlusconi. L’anno successivo sarebbe divenuta goloso boccone per la satira – ma non per le eventuali autorità competenti – la gaffe parlamentare – forse tra le più maestose di sempre – derivata dallo stralcio di una conversazione ripresa di nascosto in Senato, in cui l’Onorevole Antonio Razzi si profondeva in elogi alla furbizia e all’amor proprio. In quell’occasione sarebbe stato pronunciato l’indimenticabile «fatti li cazzi tuoi!».
Da allora la carriera del Senatore si è avvalsa, dietro il tacito consenso delle istituzioni, di incompetenze e strafalcioni che gli avrebbero presto fatto guadagnare una infelice notorietà, complice la sublime imitazione di Maurizio Crozza che da anni ne ha fatto un proprio cavallo di battaglia.
La recente pubblicazione costituisce allora una perla da inanellare alle altre lungo il filo sottile del cursus honorum di questo politico.
Di ciò che si dovrebbe davvero dire a proposito di questa esperienza, non diciamo nulla: mai come ora ogni cosa si commenta da sola. Stupirà forse qualche ingenuo disavvezzo alle cose italiane che una simile performance, impreziosita di velati insulti ai disoccupati e panegirici alla politica ladra che si è sperato di far passare per autoironia, possa essere stata impunemente praticata da un Senatore della Repubblica.
Ma forse – ciò che non è affatto meglio – quel che viene detto in musica in Italia non vale quanto ciò che viene detto a parole, per una diffusa convinzione che vede in quest’arte un gioco e nient’altro. Viene da chiedersi quanto questo non rechi disonore alla musica italiana, e quanto chi ci ha costantemente a che fare dovrebbe sentirsene offeso: probabilmente, non poco.
Antonio Somma