Come abbiamo visto nello scorso articolo, intorno agli anni Dieci del ventesimo secolo, vi è la realizzazione e la diffusione di lungometraggi che fanno in modo che lo spettacolo cinematografico si affermi come spettacolo borghese e, sul piano teorico e pratico, si comincia a liberare il cinema da condizionamenti teatrali. In questo nuovo articolo, invece, ci dedicheremo ad introdurre quelle che istituzionalmente vengono definite Avanguardie storiche e, per ora, ci relazioneremo in modo specifico all’Espressionismo tedesco.
Avanguardie storiche, un’introduzione
Il termine avanguardia ci viene mutuato dal linguaggio militare ed indica un manipolo di uomini coraggiosi che si spinge oltre le linee nemiche, in territori nuovi, inesplorati.
Gli anni Venti vengono spesso considerati il periodo del montaggio sovrano, cioè il periodo in cui vi è una grande affermazione del montaggio come procedura compositiva essenziale, ma essi sono anche il momento della piena affermazione della messa in scena.
Le avanguardie storiche fioriscono in diversi paesi con caratteristiche diverse:
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il cinema sovietico produce esperienze complesse di montaggio dialettico e non narrativo;
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il cinema francese è caratterizzato da un montaggio ritmico ed intensivo;
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il cinema tedesco, invece, lavora sulla figurazione del visibile e sulla dimensione dell’inquadratura dinamica.
L’espressionismo tedesco
Siamo in una Germania devastata dalla prima guerra mondiale: ha perso un milione e ottocentomila uomini e ben quattro milioni sono rimasti feriti. Nel primo dopoguerra, insomma, non vi era una sola famiglia tedesca che non fosse stata traumatizzata dalla Grande Guerra.
L’Espressionismo tedesco è il risultato di tutto ciò, le avanguardie artistiche tedesche dell’inizio del secolo vengono interrotte dallo scoppio della guerra per poi ricomparire in forma devastata, deviata subito dopo.
Lo studente di Praga (1913) girato da Stellan Rye può essere considerato uno dei primi film protoespressionisti, ma c’è anche Homunculus (1915) di Otto Ripert e Golem (1916) di Paul Wegener.
Queste pellicole sono contrassegnate dalla presenza di temi che diventeranno ricorrenti nel cinema degli anni Venti:
- il Doppelgänger (il doppio), la presenza inquietante di un altro da sé;
- l’incapacità di amare (Max Scheler, negli anni Dieci, affermava che fosse proprio uno dei peccati originali del popolo tedesco);
- una forte attrazione verso l’oscuro e l’indeterminato.
Nel febbraio del 1920 viene proiettato per la prima volta Il gabinetto del dottor Caligari (di Robert Wiene) e si ufficializza la nascita dell’espressionismo cinematografico tedesco. In questo film la realtà è distorta, le scenografie hanno delle geometrie deformate, le inquadrature sono composte come opere pittoriche dove gli attori si muovono in maniera innaturale1 diventando parte della scenografia stessa e le stesse didascalie vengono introdotte come elemento essenziale dello scenario.
Sempre nel 1920 nelle sale esce Der Golem di Paul Wegener (rifacimento dell’omonimo film del 1914) e nel 1922 F. W. Murnau adatta allo schermo il Dracula di Bram Stoker con Nosferatu il vampiro.
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Nosferatu è uno dei pochi casi di film dell’espressionismo tedesco girato in gran parte in esterni, Murnau è stato in grado di plasmare lo stile espressionista in scenari naturali. Rinuncia poi alla geometria deformata e compone l’inquadratura sfruttando elementi già naturalmente presenti nella scena.
Il suo vampiro è un mostro creato dalla natura stessa, non prevede poi scappatoie oniriche; tutto è reale, persistente, eterno.
L’estetica del cinema dell’espressionismo tedesco non può essere analizzata in modo scisso dalle tematiche trattate. Malati di mente, vampiri, giganti d’argilla, sono i soggetti che ricorrono con più frequenza. Essi non fanno altro che riflettere le tensioni di fondo che animano la società tedesca del primo dopoguerra2.
Metropolis (1927), di Fritz Lang, rappresenta al tempo stesso l’apogeo e il tramonto del cinema tedesco degli anni Venti. Il film narra le vicende di una città del domani: vi è una casta di privilegiati opposta a una massa di schiavi imprigionati nei sotterranei. Questa tematica diventerà una sorta mito nell’immaginario cinematografico, ripreso in svariati film di fantascienza come Blade Runner, Terminator o Matrix.
Ma l’aspetto stupefacente di Metropolis è quello dell’allegoria che si fa profezia. Come potrebbero le scene del cambio di turno tra gli operai della Città Bassa, non richiamarci alla mente ciò che avverrà tra soli sette anni?
Con la crisi della produzione cinematografica e con la situazione politica che andava peggiorando, Lang come anche Murnau, Mayer e molti altri cineasti, preferiscono abbandonare la Germania. Molti di loro potranno continuare a lavorare negli Stati Uniti dove contribuiranno con il loro talento allo sviluppo del cinema classico degli anni Trenta.
Cira Pinto
1 Il movimento umano potrebbe sconvolgere l’equilibrio geometrico di queste inquadrature, è per questo che i personaggi si muovono a scatti, rimanendo sovente immobili, i colori dei loro abiti sono spesso mimetizzati con l’ambiente, i loro movimenti simili ad una danza che si presenta come una successione di momenti di equilibrio.
2 Per un approfondimento si consiglia: Da Caligari ad Hitler saggio di Siegfried Kracauer che tenta di tracciare una storia psicologica della Germania di quegli anni attraverso il cinema dell’espressionismo tedesco, frutto e deposito dell’immaginario collettivo comune.