Erasmo da Rotterdam: L’elogio della Follia

Erasmo da Rotterdam (1466-1536) scrisse nel 1509, di ritorno dal suo soggiorno in Italia, l’Elogio della Follia. Attraverso la declamatio della Follia, Erasmo presenta, in tono satirico, una critica nei confronti della società rinascimentale.

«Parla la Follia»

Erasmo

Dopo la dedica a Thomas More, in cui Erasmo dichiara il suo intento di realizzare uno scritto scherzoso alla stregua di Luciano e di Ovidio, entra in scena la Follia. Essa vuole, infatti, declamare ai presenti il proprio elogio e dimostrare con le sue argomentazioni la grande utilità che gli uomini traggono dalla sua presenza. Il suo discorso, prosegue, sarà un discorso vero. La Follia è sempre accompagnata dalla verità, perché non può essere dissimulata.

Al pari delle altre divinità dell’Olimpo, la Morìa, cioè la follia, racconta la sua genealogia:

non il caos, né l’orco né saturno, né giapeto, né alcun altro di questi dei fuori moda e decrepiti fu mio padre, ma pluto lui solo, padre degli uomini e degli dei

Da Pluto, dio della ricchezza, dipende l’intero corso delle vicende umane. Per questa ragione, non è casuale che Erasmo lo indichi come padre della Follia. Il suo luogo di nascita sono le Isole Fortunate, un posto incantato “dove tutto cresce senza seme né aratro”. Ma la Follia non è sola, è seguita dalle sue ninfe, le quali simboleggiano i peggiori vizi degli uomini. Vi sono Mete l’Ebbrezza, Apedia l’Ignoranza, Filautìa l’Amore di sé, Colacìa l’Adulazione, Lete l’Oblio, Misoponìa l’Accidia, Anoia la Demenza, Trufé la Licenziosità. A completare la sua corte, infine, vi sono gli dei Como, dio dell’intemperanza, e Ipno, dio del sonno profondo.

La società dei folli

ora, perché a qualcuno non paia senza fondamento la mia pretesa al titolo di dea, drizzate le orecchie e ascoltate di quale utilità io sia agli dei e agli uomini, e quanto si estenda il mio potere.

Dalle parole di Follia e dalle argomentazioni da lei addotte, si delinea l’immagine della società rinascimentale. Il suo dominio, infatti, finisce per abbracciare ogni ambito della vita e delle attività umane. Grazie all’operato della Follia e dei suoi aiutanti, l’infanzia è gioiosa e le brutture della vecchiaia diventano liete. Allo stesso, l’amicizia e il matrimonio risultano fondati sull’inganno della Morìa. Proprio in virtù di questo inganno i difetti e le carenze dell’altro svaniscono, mentre i legami si rinsaldano.

La Follia, dunque, garantisce la pacifica convivenza dell’individuo con l’altro e con se stesso. Senza il lavoro della Filautìa, nessun uomo potrebbe essere felice, dal momento che la felicità “consiste soprattutto nel voler essere ciò che si è“. Essa interviene per correggere una stortura della Natura, la quale:

in molte cose matrigna piuttosto che madre, ha posto nell’animo dei mortali, soprattutto se appena più intelligenti, il seme di questo male: scontento di sé e ammirazione per gli altri.

Da ciò deriva, inevitabilmente, che chiunque persegua la conoscenza e la sapienza sia infelice per costituzione.

Accusa agli intellettuali

I veri saggi sono, in sostanza, i folli, coloro che recitano con disinvoltura la propria parte nello spettacolo della vita. Al contrario, i sapienti sono descritti da Follia come inettiincapaci di affrontare le incombenze della vita pratica. Nel suo discorso, vengono passate in rassegna le figure principali del mondo intellettuale dell’epoca: dal grammatico al filosofo. Il ritratto che se ne ricava non è certamente lusinghiero, ma rivela un obiettivo polemico preciso. Erasmo, infatti, avverte la necessità di mettere in luce l’inconsistenza di un sapere che sia un mero sfoggio di erudizione. 

In particolare, l’accusa che presenta è rivolta ai teologi. Questi ultimi sono soliti perdersi in dispute che concernono “sentenze così paradossali che i famosi oracoli stoici, detti appunto paradossi, sembrano al confronto luoghi comuni dei più rozzi e banali”. Erasmo fa riferimento, nello specifico, al prolificare dei differenzi indirizzi teologici: realisti, nominalisti, tomisti ecc. Essi non si interessano di questioni etiche e morali, non si preoccupano di diffondere l’autenticità dell’insegnamento di Cristo. La loro superbia li allontana dalla verità divina, in quanto:

non trovano neppure un minuto per leggere almeno una volta il VANGELO O LE LETTERE DI SAN PAOLO. E, MENTRE NELLE SCUOLE VANNO PROPINANDO AI DISCEPOLI SIMILI SCIOCCHEZZE, CREDONO DI ESSERE LORO A SALVARE DA CERTA ROVINA LA CHIESA UNIVERSALE SOSTENENDOLA CON LA FORZA DEI LORO SILLOGISMI.

Erasmo e la critica al mondo ecclesiastico

Il riferimento alla rovina della Chiesa, nel contesto dell’Elogio, assume una funzione rilevante. Come si è detto, il testo fu scritto dall’autore durante il viaggio di ritorno dall’Italia. Qui aveva soggiornato a Torino, Bologna e Firenze, in cui aveva cercato riparo. Infatti, nel 1506, papa Giulio II aveva mosso guerra alla stessa Bologna. Erasmo ebbe modo di assistere all’ingresso trionfante del pontefice nella città vinta.

Agli occhi dell’olandese, l’evento simboleggiava la, ormai conclamata, decadenza spirituale dell’istituzione ecclesiastica. L’attenzione al potere temporale e gli interessi politici erano considerati prioritari rispetto alla cura delle anime dei fedeli. Alla luce di questi elementi, si comprende la critica che Erasmo conduce nelle pagine conclusive dell’opera. Qui si fa riferimento alla questione delle indulgenze, alle vesti lussuose che vescovi e cardinali sono soliti indossare, all’interesse smisurato per il denaro e ad un culto ormai ridotto a regola esteriore.

Erasmo, attraverso le parole ironiche e satiriche di Follia, condanna le mire espansionistiche del papato e il ricorso alla guerra, assolutamente contrarie agli insegnamenti di Cristo. La Morìa conclude il proprio elogio, dimostrando la sua continuità con la religione cristiana. Le citazioni tratte dalle Sacre Scritture dimostrano, infatti, che il vero credente è lo stolto. Lo stolto è colui che, come il filosofo di Platone, non nutre interesse per le cose sensibili, ma si rivolge a quelle invisibili.

In chiusura, Erasmo auspica il ritorno alla pietà e alla carità, autentici valori della Cristianità, attraverso cui il fedele può raggiungere la beatitudine eterna. Essa non è altro che follia.

Alessandra Bocchetti

Bibliografia

Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Oscar Mondadori, Milano 1992.