È nel pensiero ionico che la storiografia greca e, dunque, la storiografia moderna, hanno origine: senza Senofane di Colofone ed Ecateo di Mileto, non ci sarebbe stato il padre della storia, o meglio della storiografia, Erodoto di Alicarnasso.
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Senofane ed Ecateo: quasi storiografia
Senofane (Colofone, 570 a.C. – 475 a.C.) indicò le incertezze e il relativismo delle condizioni umane: tentò di indagare il passato esaminando le sue tracce nel presente, si interessò di fossili, e sembra scrisse sulla fondazione di Colofone. Mettendo in dubbio le concezioni correnti sulle divinità, rese inevitabile una ricerca della zona di confine tra dei e uomini, che per Greci era il mito.
Questa ricerca fu avviata dal contemporaneo Ecateo (Mileto, 550 a.C. – 476 a.C.), geografo e mitologo: egli confrontò le tradizioni greche con le egiziane, e si accorse che la storia orientale era più lunga di quella greca con la conseguenza che il periodo mitico in Egitto fosse, dunque, da intendersi in un tempo più remoto che non in Grecia.
Non sappiamo quali siano state le deduzioni precise che gli derivassero dalla sua scoperta, ma sappiamo che se pur ingenuamente egli cercò di attenuare l’elemento soprannaturale delle tradizioni greche. Attore tra i più importanti nel dramma della rivolta ionica, non pare si occupò di storia recente.
La struttura della terra e le leggende del passato mitico furono i suoi interessi scientifici, e la conoscenza dei paesi stranieri alimentò il suo scetticismo sulle tradizioni greche da lui dichiarate “molte e ridicole”.
Erodoto di Alicarnasso
Erodoto (Alicarnasso 490/480 a. C. – Atene o Sibari 424 c.) derivò dal suo predecessore la passione per i viaggi, la cura per la geografia, l’attenzione alla tradizione non greca del mito.
Fu come Ecateo, filo-barbaro. Erodoto nacque ad Alicarnasso, una cittadina dell’Asia minore, colonia greca della Caria, soggetta all’impero achemenide fino a quando, dopo le guerre persiane, entrò nella Lega delio-attica; un luogo di confine della grecità, a stretto contatto con il mondo orientale, in un contesto culturale e geografico al confine col mondo barbarico. Una vicinanza che segnerà profondamente la sua “historia”.
Erodoto abbandonò presto la sua patria, per ragioni politiche: partecipò alla fondazione della colonia panellenica di Thurii in Magna Grecia (attuale Sibari) nel 444-443 a.C.; soggiornò a lungo nell’Atene di Pericle e dei circoli intellettuali e fu amico di Sofocle.
Lontano dallo sprezzare metodicamente le tradizioni greche, si dichiarò sempre rispettoso degli dei e enfatizzò la sua intenzione di volle contribuire a serbare il ricordo delle azioni grandi di Greci e Barbari.
I suoi viaggi lo portano a visitare il mondo ellenico, l’Oriente (l’Egitto, la Mesopotamia, la Cirenaica, la Scizia), l’Occidente greco. Ignoriamo data e circostanze della morte, avvenuta certamente dopo lo scoppio della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), forse intorno al 420 a.C.
Saggi geografici e le Storie
Per anni compì viaggi nel bacino orientale del mar Mediterraneo, avendo modo di scrivere svariati saggi geografici a noi pervenutici solo in forma frammentaria. La sua grande opera che invece, ci resta per intero, sono le Storie, divise dagli alessandrini in nove libri, ognuno intitolato a una Musa.
L’argomento della narrazione sono le guerre tra Greci e Persiani, come l’autore indica nel proemio:
Questa è l’esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose compiute sia dai Greci che dai barbari non restino senza fama; in particolare, per quale causa essi si fecero guerra.
Le Storie narrano vicende di popolazioni e forniscono un profilo geografico, che consente di comprendere la visione del mondo conosciuto dell’epoca.
Si può ritenere che pur essendo venuto a conoscenza della nozione della sfericità della Terra, abbia continuato per semplificazione a trattarla come un disco piatto.
Mi viene da ridere quando vedo che molti hanno già tracciato varie configurazioni della Terra, ma nessuno ne ha dato una spiegazione ragionevole. Essi tracciano l’Oceano come scorrente intorno alla Terra, che sarebbe rotonda, come lavorata al tornio e si figurano l’Asia di dimensioni uguali all’Europa. Orbene, io dimostrerò con poche parole quanto sia grande ciascuno dei continenti e quale sia di ciascuno la configurazione. (IV, 36, 2)
La guerra è il punto d’arrivo di tutta la narrazione: gli eventi bellici sono, infatti, raccontati dal VI libro in avanti; prima, Erodoto si dedica alla descrizione dei territori progressivamente caduti sotto il controllo dei Persiani, secondo una successione topografica e cronologica.
La struttura risente delle modalità di esposizione che la caratterizza, indirizzata com’era alla recitazione pubblica. Erodoto, infatti, ebbe grande fortuna con le sue performance: si dice fosse molto richiesto e generosamente pagato.
Tale destinazione si coglie nell’articolazione interna, con i logoi e con i continui inserti di excursus e digressioni, soggetti autonomi e a sé stanti da presentare al pubblico; ma anche nello stile adeguatissimo alla recitazione, semplice e paratattico.
Philobarbaros
Come afferma nel proemio, al centro dell’interesse sono gli eventi umani. Greci e barbari sono menzionati insieme, perché le vicende di entrambi erano grandi e degne di essere narrate per non essere obliate.
In un’opera che celebra la magnifica vittoria greca sui Persiani, questo apparve sorprendente e certamente provocatorio per molti Greci, che accusarono Erodoto di essere philobarbaros. Mazzarino parlò di “relativismo etnografico” condensato nella considerazione che “ogni popolo ritiene i suoi costumi i migliori”.
La cautela derivava il suo valore positivo dalla scoperta tutta nuova di Erodoto. Egli decise di includere nella “historia” la narrazione di vicende contemporanee o quasi contemporanee, che sarebbero state presto dimenticate senza l’aiuto della storiografia, accentuando la conservazione e il rispetto di fronte alla critica.
Il debito verso l’Epica
Erodoto si metteva in condizione di raccogliere le memorie degli avvenimenti che erano stati al centro della sua adolescenza. In questo Erodoto si allinea a una pratica che era propria della poesia epica, e il debito verso l’epica si ritrova in molti aspetti della sua opera: nel celebrare la grandezza di imprese (erga) che sono anzitutto militari e nel proposito di trasmettere il ricordo di tale grandezza. “Il tono omerico trasferito in storiografia”, come scriveva Momigliano, significava che il primo dovere dello storico è di raccogliere e conservare le tradizioni.
A differenza dell’epica, tuttavia, Erodoto per primo separa il mondo degli dei da quello degli uomini: la divinità fa parte dell’orizzonte religioso dello storico ma non agisce direttamente nei fatti che narra. Il mito è fuori dal racconto: così, Erodoto crea uno spazio storico entro il quale muoversi, con un limite cronologico che non risale oltre la metà del VI secolo a.C., al momento della fondazione dell’impero achemenide con Ciro il Grande.
C’è in Erodoto senza dubbio un incrociarsi di motivi e di ispirazioni differenti e talvolta contrastanti, propri di una disciplina, quella storiografica, che ora nasceva e che ora cominciava a darsi limiti e concessioni. Egli ha, però, scoperto che scrivere storia è anzitutto ricordare e registrare l’avvenimento di vicende nel loro contesto.
Erodoto e i suoi predecessori avevano messo al mondo la storia, o meglio della storiografia.
Erodoto muove dal mito al recente passato. E dà alla combinazione di geografia, etnologia, ricerca di paesi stranieri un senso nuovo, mostrando come alla descrizione di paesi stranieri si possa accompagnare la narrazione di una vicenda storica che mette a contatto “Barbari” e Greci.
Il metodo storiografico di Erodoto
Erodoto ha dovuto fondare un suo metodo di raccolta, di ordinamento e di unificazione di avvenimenti. Egli ha preferito alla tradizione scritta i racconti dei viventi e sceglie di “riferire quanto si dice”, legein ta legomena.
In Grecia, i documenti scritti erano rari, e di rado riguardavano quegli avvenimenti politici e militari cui Erodoto era interessato. Le cronache orientali erano poi linguisticamente inaccessibili allo storico monolingue, che non conosceva il persiano.
Tuttavia, il fatto che durante la narrazione si serva di documentazione scritta, greca e barbara, dimostra che se avesse voluto, avrebbe potuto valersi di interpreti per le fonti scritte, come si valse di interpreti per le sue comunicazioni orali.
La scelta della tradizione orale, non esclusiva, ma prevalente, comportava una serie di conseguenze. Erodoto dovette graduare il valore dei suoi dati. Donde le sue ben note distinzioni tra il veduto direttamente (opsis) e l’udito (akoè) dagli altri; e il meno preciso, tuttavia costante, sforzo di riportare versioni differenti e stabilirne il valore relativo.
La raccolta di tradizioni orali implicava anche la necessità di costruire una cronologia che desse ordine ai fatti isolati. Erodoto dovette combinare dinastie orientali con genealogie greche in un primo tentativo di cronologia internazionale.
Padre della Storia
Erodoto fu il padre della storia per i Greci e per i Romani. Sofocle gli fu amico, Arisotofane lo parodiò, Teopompo lo riassunse, Aristarco lo commentò. Stilisticamente l’influenza dello storico di Alicarnasso è rintracciabile dal principio alla fine della storiografia antica e oltre nella storiografia bizantina.
Eppure, a ben guardare, il padre della storia non fu mai, anche dai suoi ammiratori, trattato come degno di fede, perché tale fu il verdetto di Tucidide, che dal suo metodo prese le distanze.
Concludendo, quella di Erodoto fu, probabilmente, una prospettiva tra cautela e meraviglia, non sempre apprezzata, ma capace di superare le barriere delle identità specifiche per gettare il proprio sguardo sulla grandezza dell’umanità. Un umanità vista nel suo complesso, al di là di vincitori e vinti, raccontati senza filtri nel loro contesto.
Momigliano sintetizza bene: “il metodo di Erodoto è quello di un uomo che non vuole sopprimere quello che non può capire o correggere e che permette all’umanità di riflettersi indisturbata nel suo specchio. Anche per ciò e criticato da molti come inaffidabile”.
Maria Francesca Cadeddu